sabato 28 marzo 2015

La Grande Guerra della massoneria italiana

Lo scoppio della guerra nel luglio 1914 pone i massoni italiani dinanzi a un grave dilemma. Da un lato, il tradizionale pacifismo universale: nel 1867 a Ginevra, il Grande Oriente d'Italia (GOI), aveva aderito alla Lega internazionale della pace e della libertà, sostenendo con convinzione la causa del pacifismo e del disarmo universale in nome di quel Weltbuergertum inteso come cittadinanza universale, fratellanza perpetua, armonica convivenza tra i popoli di tutto il mondo.(1) Dall'altro, il principio di "guerra giusta", giusta perché in difesa dei popoli oppressi ma anche degli interessi della patria.(2) Una patria da perfezionare, aggiungendo le terre irredente all'unificazione compiuta parzialmente durante il Risorgimento, vero mito fondante del Grande Oriente. E’ su questo dilemma che si confronta il Gran Maestro Ettore Ferrari, incalzato dalle attività irredentiste delle logge italiane presenti a Trento e soprattutto a Trieste. Questi ambienti, collegati ai fratelli italiani attraverso la decisiva figura dell'ex Gran Maestro Emesto Nathan, giocheranno un ruolo esiziale nelle imminenti scelte del GOI.
Mentre i bagliori del conflitto illuminano la rovente estate del 1914, nelle logge italiane si sviluppa un acceso dibattito. Specchio della società nazionale, anche la Massoneria si divide tra intervento e neutralità, con varie declinazioni per entrambe le possibili scelte. Gli interventisti aggiungono al tema della "guerra giusta" e del perfezionamento risorgimentale, la certezza che quel conflitto sarà per certi versi rivoluzionario, poiché innescherà un processo di democratizzazione continentale se non planetaria. Per i sostenitori dell'ingresso in guerra al fianco dell'Intesa, il nemico è quello di sempre: l'oscurantismo dell'Ancien Régime che ha sostituito i parrucconi incipriati degli antichi monarchi con l'elmo chiodato del Kaiser. Al suo fianco, i massoni interventisti vedono l'antico avversario: la Chiesa, anzi le Chiese. Una sorta di "quadrangolare confessionale", come dirà Nathan, composta dalla Germania luterana, dall'Austria-Ungheria cattolica, dalla Bulgaria ortodossa e dall'Impero ottomano islamico.(3) La stessa opzione pacifista del nuovo pontefice, Benedetto XV, malcela la tenace volontà legittimista e restauratrice di chi non ha ancora digerito il 20 settembre e la presa di Roma. Contrapposte a queste sono le istanze dei massoni neutralisti. Costoro sono mossi dall'antico pacifismo ginevrino, o talvolta da una sorta di "coerenza triplicista" memore degli anni di Lemmi e di Crispi; all'ostilità antiasburgica degli interventisti rispondono con il disprezzo verso l'autocrazia zarista - schierata innaturalmente con le democrazie occidentali - e parimenti nei confronti di quella Francia che aveva piegato la Repubblica romana nel 1849 e tradito l'Italia a Villafranca dieci anni dopo. Inoltre, un ruolo importante lo gioca Giolitti, campione della neutralità, che conta parecchi seguaci tra i fratelli, anche in Parlamento.

L'Italia s'interroga sulla scelta da compiere e la Massoneria fa altrettanto.

In una situazione del genere, Ferrari rompe gli indugi, e nel settembre 1914 proclama esplicitamente la scelta interventista a favore dell'Intesa. Il GOI, attraverso alcuni deputati fratelli e il direttore della combattiva "Idea Democratica", Gino Bandini, tenta di organizzare un gruppo di volontari raccolti nelle logge, una sorta di commandos da inviare oltre la frontiera con l'Austria per scatenare con attentati e incidenti il casus belli.(4) Il progetto sfuma, ma Ferrari non si perde d'animo e dà il suo sostegno all'iniziativa del massone Peppino Garibaldi, il nipote dell'Eroe dei due mondi, che organizza l'invio di una "Legione garibaldina" sul fronte francese. Tra i duemila volontari in camicia rossa che combatteranno sulle Argonne, numerosi saranno i massoni . (5)

L'appuntamento con le -radiose giornate- del maggio 1915 vede il Grande Oriente e parimenti la Gran Loggia d'Italia - schierato nelle piazze, con i suoi “Comitati di propaganda", al fianco anche di curiosi alleati: i nazionalisti, i sindacalisti -rivoluzionari, i socialisti nazionali di Mussolini, i futuristi. Ma gli interlocutori dei massoni resteranno i repubblicani istituzionali, i radicali, i democratico -costituzionali epigoni di Zanardelli e i socialriformisti di Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi: l'interventismo democratico diventerà la cifra di riferimento della Massoneria in guerra. Tuttavia, all'interno dell'Ordine le posizioni neutraliste (ormai trasformatesi in pacifiste) non sono inerti, e non soccombono dinanzi alla maggioranza interventista. Tra i trecento deputati che solidarizzano con Giolitti e le sue posizioni contrarie all'intervento, parecchi sono i massoni di entrambe le Obbedienze.

Il Grande Oriente darà il suo contributo alla causa, con circa duemila fratelli che perderanno la vita al fronte (quasi il dieci per cento degli aderenti), e con molti iniziati dai nomi prestigiosi: gli ufficiali dell'esercito Carlo Cordero di Montezemolo, Rodolfo Corselli, Oreste De Gaspari, Luigi Gangitano, Luca Francesco Montuori, Gherardo Pantano, Giuseppe Pavone, per non parlare della nota affiliazione massonica di Luigi Capello. Ad essi si devono sommare gli assi del volo Piccio e Guidoni e numerosi ufficiali della Marina come l'ammiraglio Enrico Millo e il comandante Luigi Rizzo.(6) Si aggiunga la sospettata iniziazione di Umberto Cagni e di quella a Piazza del Gesù - assai prestigiosa, se confermata, dell'ammiraglio Thaon de Revel, capo di Stato maggiore della Marina. A Piazza del Gesù è affiliato parimenti l'asso Francesco Baracca.

Il GOI s'impegna anche nel fronte interno, trasformando i Comitati di propaganda in Comitati massonici di assistenza civile, con compiti quali l'istituzione di segretariati per il popolo, uffici di collocamento per feriti ora inabili e per i famigliari dei combattenti e dei caduti, commissioni di soccorso, strutture di assistenza sanitaria (il primo piano di Palazzo Giustiniani, sede del Grande Oriente, si trasforma in ospedale), di patronato femminile e infantile. I fratelli sono obbligati a versare un obolo come sottoscrizione per la guerra (si raggiungerà la ragguardevole cifra di circa 700 mila euro attuali) e ad iscriversi alla Croce rossa.(7) Numerose saranno le conferenze pubbliche organizzate dall'Ordine, con personaggi di spicco come ad esempio l'irredentista Cesare Battisti. Ferrari si spinge a richiedere ai fratelli di organizzare “squadre di difesa interna" che possano condurre un'attenta vigilanza su spie, falsificatori di notizie, sabotatori e sovversivi: il riferimento è al "mondo profano", ma forse vi è anche la preoccupazione delle mai sopite attività della minoranza pacifista. Inoltre, anche il fronte interventista sembra articolarsi: vi sono massoni collegati all'interventismo democratico (il comitato dei partiti interventisti democratici è, di fatto, un'iniziativa che parte da massoni come Bandini e Salvatore Barzilai)(8) ma altri sembrano sempre più sedotti dal concetto rivoluzionario del conflitto, evocando persino soluzioni di drastici cambiamenti istituzionali nel Paese. Riappaiono nei dispacci di polizia le "vendite carbonare", quella sorta di "massoneria popolare" che intravede nell'instaurazione a guerra finita di una repubblica l'obbiettivo primario, superiore agli stessi target territoriali. Alcuni massoni si lasciano attrarre da queste iniziative, complicando ulteriormente il panorama. (9)

Anche per questi motivi, dal 1917 il Gran Maestro insisterà sulla natura palingenetica del conflitto: la nuova Italia, e il nuovo mondo che sorgerà dalle trincee, saranno caratterizzati da una democrazia sociale compiuta, da una coesistenza pacifica tra i popoli, dal disarmo e alla pace perpetua, L'arrivo sulla scena dell'America del presidente Wilson, con i suoi quattordici punti che si perfezionano con una ipotizzata "Società delle Nazioni" che dovrà dirimere diplomaticamente ogni conflitto, e di una nuova Russia democratica scaturita dalla rivoluzione del febbraio (guidata tra gli altri dal massone Kerenskji) rappresentano la conferma della "guerra giusta". Una guerra osteggiata dai soliti noti: i cattolici vicini al papa, i socialisti massimalisti. Ovvero, gli eterni avversari della Massoneria e, ancora di più, dello Stato nato dal Risorgimento. Su questa base, Ferrari tenta di riunificare il Grande Oriente con la Massoneria scissionista di Piazza del Gesù, ma la componente oltranzista di quest'ultima, guidata da Raoul Vittorio Palermi, rifiuta l'accordo e si ricostituisce in Obbedienza separata e assi critica verso il GOI)

Ma è sempre nel 1917 che la Massoneria di palazzo Giustiniani subisce la sua Caporetto. Al congresso delle massonerie dei Paesi dell'Intesa o neutrali, convocato dai fratelli francesi a Parigi alla fine di giugno per sostenere la progettata Società delle Nazioni -vista come obiettivo primario, e massonicamente perfetto, dell'intero conflitto -, la delegazione italiana si vede proporre un ordine del giorno che auspica per il dopoguerra il riconoscimento di tutti i diritti nazionali (reintegrazione di Belgio e Romania, acquisizione francese di Alsazia e Lorena, nascita di Polonia, Cecoslovacchia e Jugoslavia) ma al contempo la possibilità di plebisciti oltre che per il Trentino, anche per la Venezia Giulia, compresa Istria e Dalmazia: terre a maggioranza sloveno-croata, che finirebbero così nel nuovo Stato jugoslavo. La delegazione italiana, guidata da Ferrari e Nathan, contesta questa decisione. Ma un giornale francese riporta la notizia che la formula dei plebisciti per le "terre irredente" è stata accettata anche dagli italiani: al suo ritorno la delegazione del GOI viene bersagliata dalla stampa nazionalista, visceralmente antimassonica, che accusa Ferrari e Nathan di avere svenduto gli interessi della Patria per favorire i fratelli francesi e serbi.

Il clima si surriscalda, e raggiunge il calor bianco con la crisi di Caporetto, letta da alcuni come una sorta di complotto massonico, logica conseguenza degli accordi di Parigi: il fatto che Luigi Capello, generale comandante la Seconda armata sia un alto grado scozzese della Massoneria, non fa che aggravare la posizione del GOI. Le logge sono in fermento: mentre le fronde pacifiste si fanno sentire, altri massoni si avvicinano all'area nazionalista. Inoltre, il rinnovato coinvolgimento dei cattolici di Filippo Meda nel governo, sembra sancire un apparente fallimento della scommessa giocata da Ferrarri a nell’estate del 1914. La Massoneria vive la fase più critica del decennio. Il gran maestro Ferrari rassegna le dimissioni e al suo posto le logge indicano a A^ 5~ sovrano  gran commendatore del Rito scozzese, il suo successore. Ma il 31 ottobre 1917, mentre l’Italia attonita assiste alle conseguenze disastrose della debacle di Caporetto, il Gran Maestro insediante viene ucciso in un attentato. L'assassino è un alienato ma non sono pochi quelli che leggono in quell'atto il risultato di una campagna d'odio contro l'Ordine massonico italiano

Chiamata all'appello la Libera Muratoria italiana individua nell'anziano Ernesto Nathan l'unica alternativa possibile: già Gran Maestro  prima di Ferrari, Nathan è stato un apprezzato sindaco della Capitale e ha ottimi rapporti con le istituzioni. Egli intensifica la campagna patriottica.
Negli ultimi mesi di guerra la Massoneria  concentrerà i suoi sforzi sull'impegno solidale verso i combattenti e le loro famiglie, ottenendo dopo la vittoria del 4 novembre 1918 il riconoscimento del presidente dei Consiglio Orlando e di altri esponenti delle istituzioni. Ma quel mondo nuovo auspicato da Ferrari e Nathan che sarebbe scaturito dall'immane massacro del 1914-18 sarà molto diverso da quello che era stato auspicato. Lo Stato nato dal Risorgimento, anche per merito di tanti massoni, si sarebbe infranto irrimediabilmente contro lo stato nascente dei nuovi totalitarismi.

Marco Cuzzi, Università statale di MIlano

(1) S. Fedele, Tra impegno per la pace e lotta antifascista: l'azione internazionale della Massoneria italiana tra le due guerre, in: A. Bagli, S. Fedele, V. Schirripa, Per la pace in Europa: istanze internazionaliste e impegno antifascista, Università degli Studi di Messina, Dipartimento di Studi sulla Civiltà Moderna, Messina, 2007 pp. 68-69.
(2) "Rivista Massonica", 30 settembre 1914 (3) A.A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano, 1993, p. 400.
(4) E Conti, Storia della Massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 419, n. 224.
(5) Tra gli altri: C. Marabini, La rossa avanguardia dell'Argonna. Diario di un garibaldino alla guerra franco-tedesca, Milano, Ravà & C., 1915.
(6) A. Vento, Stellette d'Oriente. Note sui rapporti tra l'Esercito italiano e la Massoneria dal Risorgimento alla Guerra fredda, in: “All'Oriente d'Italia", a cura di M. Rizzardini e A. Vento, Rubettino, Soveria Mannelli (CZ), 2013, pp. 110-111.
(7) A. A. Mola, cit., p. 420.
(8) G Bandini, La Massoneria per la guerra nazionale (1914-1915). Discorso detto a Palazzo Giustimani il XXIV maggio 1924, a cura della Massoneria Romana, Roma, 1924, p. 84.
(9) G.M. Cazzaniga, M- Marinucci, Per una storia della Carboneria dopo l'unità d'Italia (1861-1975), Gaffi, Roma, 2014, p. 112.
 
(10) M. Moramarco, Piazza del gesù ( 1944-1968), CESAS Parma, pp 1-2, nota3
(11) A.M Istastia, Ettore Ferrari, Ernesto Nathan e il congresso massonico del 1917 a Parigi, in il Risorgimento, 1995, n3, pp 603-643.
(12) A.Vento, cit., p110
(13) G. Adilardi, Giuseppe Meoni (1879-934. Un maestro di libertà, Angelo Pontecorboli editore, Firenze, 2011, p76


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