venerdì 29 dicembre 2017

sabato 23 dicembre 2017 Gorizia val bene una birra - III parte

Profumo di vittoria.

La MOVM Aurelio Baruzzi
con S.A.R. il Duca d'Aosta
8 agosto 1916. Ore 1,30 - 2 del mattino. Zeidler si ritira.
Gli Imperiali lasciano Gorizia e si rischierano sulle colline a oriente della città. Ci resteranno sino alla fine della guerra. (8)
Cosi Weber: “Alle due del mattino del memorabile 8 agosto, il maggior generale Zeidler diede l'ordine di ritirata sulla riva sinistra dell'Isonzo. Subito dopo i ponti dovevano essere fatti saltare. L'ordine venne eseguito in maniera impeccabile. Niente di quello che sarebbe potuto servire al nemico fu lasciato indietro.
La 58“ divisione di fanteria, forte di poco più di cinquemila uomini - tanti erano rimasti di diciottomila -, sgombrò le posizioni ad ovest del fiume. Ciò nonostante singoli gruppi isolati continuarono a combattere di là. Intorno a Peuma il 2° reggimento della milizia territoriale ungherese, al comando del tenente colonnello Schaudy, oppose una strenua resistenza sostenendo la lotta sino a mezzogiorno. Tuttavia, mentre questi valorosi poterono almeno riunirsi al grosso dei nostri reparti, i martiri dei Sabotino erano perduti". (Fritz Weber, op cit. pag 225) Il gen. Zeidler abbandona la testa di ponte e si ritira gradualmente sulla riva sinistra dell’Isonzo. Della 58° su 18.000 uomini, solo 5.000 filtrano dalle difese, ripassano il fiume, (p. 90) L’ordine non è arrivato in tempo reale a tutte le linee.
Polemica nostrana sorta tra il gen. Marazzi e il gen.  Capello sull’opportunità d’inseguire o no il nemico oltre la riva sinistra dell’Isonzo. Il primo è per l’inseguimento immediato, il suo diretto superiore no, volendo dare la precedenza al seguente obiettivo: “sgombrare assolutamente da ogni resistenza nemica la riva destra dell’lsonzo". (Telegramma Prot. 369, 8 agosto 1916 ore 11,20-Voi. 11 Documenti “All. n.° 60” pag 132).

Sintesi: Perdiamo l’attimo fuggente.

Mattina. Prime ore. Gli austriaci cominciano ad abbandonare la riva destra dell’Isonzo e fanno saltare ponti e passerelle, tranne quello di Salcano. (p. 91) Gli esploratori del VI Corpo d’Armata confermano la ritirata del nemico. A Gorizia si potrebbe entrare addirittura il 9.
8 agosto. “Nel mattino dell’8 agosto i comandanti della 3“ Armata e del VI Corpo si rendono conto delta possibilità di un 'azione più vasta, e spingono Io sguardo alle alture che cingono da oriente la conca di Gorizia... (9)
Ore 13,30. Ordini per l’inseguimento - eventuale - del nemico, che ha una seconda linea di difesa alta. Tuttavia, un loro tentativo di guerra manovrata può essere di sollievo psicologico alle truppe. Capello impegna nell’avanzata le Divisioni 45°, 43°, 24° e 11°.
Ore 10. La colonna Cartella, 45°, muove verso Peuma
Ore 12. Prende l’abitato.
Ore 10. Anche il II battaglione 225° della brigata ‘Etna’, 45° Div., si dirige su Peuma. Nidi di mitragliatrici ne contrastano la marcia.
Ore 14. Il II/221° raggiunge l’Isonzo ad est di Peuma. In giornata la ‘Etna’ cattura 1.000 austriaci.
Ore 13. La brigata ‘Lambro’, col. brig. Grazioli, dirige alla confluenza Peuma-lsonzo. Sempre alle 10 si muovono le brigate ‘Taranto’ e ‘Cuneo’, da quota 157 (Cave) verso l’Isonzo superando il comune di Grafemberg.
Ore 14. I superstiti del 7° e 8° reggimento della Cuneo raggiungono l’Isonzo, non così la ‘Taranto’, il 143° reggimento è colpito da fuoco concentrico da quota 157 e dalle pendici meridionali del Peuma stesso.
Ore 15,30 La ‘Cuneo’ arriva ad Osteria e quota 157 cade per aggiramento.
Ore 16,30. La ‘Treviso’ prende il Monte Peuma e procede verso il comune omonimo. 12“ Div., magg. gen. Emanuele Marazzi. Gli ordini impartiti la notte del 7 - 8 stabiliscono che la ‘Casale’ distrugga il ponte n.°6 e la ‘Pavia’, m. gen. Zampieri, blocchi i due ponti di Lucinico.
Ore 5,30. Il nemico fa saltare questi due ponti e quello della ferrovia, la rotabile si salva, (pag. 96). Questo significa che il nemico cede e che si trova in crisi irreversibile, ma potrebbe ancora salvare la città. Il gen. Marazzi, avanza perché intuisce la possibilità
di prendere subito la sponda sinistra dell’Isonzo; così telegrafa a Capello l’8 agosto alle 10,30: “Giudico forzamento del fiume sui ponti 6, 7 e 8 e con altri ripieghi, azione ardita ma possibile...
Risposta di Capello: “Confermo in modo assoluto che primo obiettivo è quello di sgombrare assolutamente da ogni resistenza nemica la riva destra dell'Isonzo. Stop. .. ”(cfr, ALL. 55/60, voi. Ili, Tomo 3° bis, Documenti, pagg. 127-132) Polemica per telegrammi.
Ore 12. La ‘Casale’ prende quota 240 del Podgora, ultimo pezzo del massiccio in mano al nemico.
Ore 14,30. La ‘Casale’ raggiunge il fiume. Il II/l 1° e unità del 28° genio guadano l’Isonzo.
Ore 15. Il 11/12°. Stessa azione a nuoto verso il ponte n.°5.
Il nemico spara violentemente, ma non ci ferma. I nostri nuotatori feriti annegano.
Sempre l’8. Brigata ‘Pavia’.
8 agosto. Mattina. Il sottotenente Aurelio Baruzzi, Medaglia d’Oro al V. M., brigata ‘Pavia’, guadato l’Isonzo, con un gruppetto di fanti entra per primo a Gorizia, innalza il tricolore sull’edificio della stazione ferroviaria. Così il Protagonista descrive il suo ingresso a Gorizia:”.. D’altronde sul ponte della rotabile di Lucinico non è assolutamente possibile il transito a causa di quella batteria che, appostata - pare - nei pressi dei giardini di Gorizia, continua a sparare con tiri diretti assai precisi; quale enorme vantaggio sarebbe per i nostri reparti poterla far tacere! Sarà questo uno dei compiti principali e più urgenti della nostra penetrazione in città. Nella nostra avanzata lungo il bel viale (allora Viale Francesco Giuseppe n.d.r.) di tanto in tanto siamo fatti segno da isolati colpi di fucile che ci procurano qualche ferito.
Sono pochi Austriaci nascosti dietro i grossi tronchi dei platani, sparano e si ritirano. Nonostante l'involontaria bevuta d'acqua... dell'Isonzo fatta nel guadare, ho la gola arsa dalla sete. A un certo
punto, sulla sinistra del viale trovo aperta una trattoria che porta la vistosa insegna Trattoria del Corso. Nonostante la sparatoria, il proprietario e la figlia se ne stanno sulla porta incuranti del pericolo di restare colpiti da una qualche pallottola errante.
“Che cosa avete da bere?'’
“Birra e bibite”.
“Prego, portatemi, per favore una birra”. Per evitare sorprese del nemico, attendo fuori, sulla strada. Dopo pochi secondi mi viene consegnato un bicchiere di fresca birra; la bevo in un solo fiato, tanta è la sete.
“Quanto costa?”
“Oh, nulla! ” Ma io insisto.
“Se proprio la voi pagar, sono quaranta centesimi”. Intendeva centesimi di corona austriaca, oppure di lira? Comunque, ora Gorizia è italiana in tutto e per tutto e pago con due ventini di nichel, dopo aver fatto portare una birra anche al mio sottufficiale e a Ferrazzo che mi hanno raggiunto. È certamente la prima moneta italiana in Gorizia italiana (10)
Ore 7,30. Colpo di mano. Una pattuglia del 28° cattura 200 uomini (pag. 97) asserragliati nel sottopassaggio della rotabile Mochetta - Podgora.
Ore 13,30. Il 28° tenta di guadare l’Isonzo. È bloccato.
Ore 15,30. Gli aprono la strada alcuni nuclei sfuggiti alle vedette nemiche. A quest’ora Baruzzi è nel centro della città, nei pressi del Caffè del Corso e del tribunale (op cit. pag. 169)
Il nemico. Per l’Imperiale e Regio Esercito l’8 è infausto.
Alle ore 22,20 il XVI Corpo, gen. Wurm, ordina l’arretramento della gloriosa 58“ sulle colline di Doberdò, l’ordine “riuscì inatteso per i comandanti del settore del Carso e li colse di sorpresa ”, (Relazione Ufficiale austriaca, Voi. V, p. 69). Amara, pericolosa ma coraggiosa decisione. Boroevic argomenta: “... Ho ritenuto di dover prendere la decisione suaccennata per quanto provata essa mi sia, per poter sperare di continuare la lotta con probabilità di buon esito”. (All. Relaz. Uff. au. Voi. Ili, pag. 102 -105) II nostro fante vede finalmente la luce della vittoria. Dichiara l’Arciduca Giuseppe, Comandante le forze imperiali sul fronte italiano: “... Parecchi ufficiati che conosco mi dicono che è facile cosa la guerra contro gli Italiani. Non è vero! Lotte più terribili di quelle combattute a Doberdò - e nemmeno paragonabili a questa - io, che ho girato su tutte le fronti, non ho mai viste”.

Arciduca Giuseppe

(1) Vittorio Locchi, La sagra di Santa Gorizia, I Gioielli dell’Eroica 2, L’Eroica, Rassegna Italiana diretta da Ettore Cozzani Milano 1926 - Anno XV -pagg. 21 e 53

(2) Anonimo 1916, in Virgilio Savona e Michele Straniero, Canti della Grande Guerra, Milano 1981, pagg. 208-213

(3) Testa di ponte di Piava, in territorio nemico, Medio Isonzo, da noi conquistata il 16 giugno 1915 e sempre mantenuta. Lotta accanita con le fanterie croate, (foto pag. 110) La Grande Guerra sul fronte dell’Isonzo, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia febbraio 2009.

(4) Giuseppe Del Bianco, La guerra e il Friuli, Vol. II, 1915-1917, Ed. Istituto delle Edizioni Accademiche, Udine 1939, Nota 3, pag 285.

(5)Fritz Weber, Dal Montenero a Caporetto, Ed. Mursia, Milano 1967, pagg. 208-211.

(6) Il generale Edoardo Antonio Chinotto, Medaglia d’Oro al V. M., si distingue per una carriera limpida e coraggiosa. Comandò la 32a Div., che prese
Piava. Redasse il piano operativo della sesta battaglia e prese le alture intorno a Monfalcone. Più volte ferito, nelle battaglie precedenti, si ammalò. Si
fa dimettere dall’ospedale e portare su una sedia in prossimità della battaglia di Gorizia. Muore all’ospedale di Udine il 25 agosto 1916.

(7) Vanna Vailati, Badoglio racconta ed. ILTE, Torino 10 dicembre 1955, pagg. 118-119.

(8) La conquista e la perdita di Gorizia genera, nei belligeranti, il bisogno di studiare nuove tecniche. Sull’argomento cfr. Gianni Baj Macario - Anton von Pitreich, Prima di Caporetto, la decima e l’undicesima battaglia dell’lsonzo, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia aprile 2007

(9)Op. cit. Ministero della Guerra, Comando Corpo di S.M. Uff. Storico, vol. IlI, Tomo 3°, pag. 98.

 (10) Per l’intera operazione cfr. Aurelio Baruzzi, Quel giorno a Gorizia, Ed. Paolo Gaspari, Udine 1999, pagg. 158-169 e segg., a pag. 228 è descritta la
consegna della Medaglia d’Oro da parte del Duca d’Aosta

(11) Col. A. Bronzuoli, Guerra e vittoria d’Italia 1915-1918. Tipografia A. Matteucci, Roma 1934 - XIII, pag 114.


sabato 23 dicembre 2017

Gorizia val bene una birra - II parte

4 agosto 1916. Tarda mattinata. Monfalcone. Manovra diversiva. Cadorna ordina al generale Tettoni. VII Corpo d'Armata. di disorientare il nemico attaccando il gruppo del generale Schenk. Bombardiamo il segmento di linea da "quota pelata" 121 a quota 85. ad est di Monfalcone. (op cit. L'Esercito II....,voi. IlI, Tomo 3°, Narrazione, Roma 1937. Anno XV, cap. La battaglia, pag. 51). I goriziani vivono così il nostro bombardamento: “ Il quattro agosto - scrive nel suo diario monsignor Castelli, vicario generale dell'arcidiocesi di Gorizia - il cielo era alquanto coperto e soffiava un leggero vento di montagna quando verso le undici cominciò il bombardamento. La cittadinanza presentì che avvenimenti nuovi e gravi si stavano maturando ”. (G. Del Bianco, op cit. pag. 286)
Ore 16. Contemporaneo attacco della 16“ Div. m. gen. Martinelli e della 14°, ten. gen. Chinotto 6), sulla stessa linea. D’impeto vengono presi i due settori.
Ore 19. Nostro ripiegamento per attacco con “bombe a gas”; infatti, a pag. 51 dell’opera citata leggiamo: “Aperte le brecce nei reticolati, la colonna della 16°Div., alle ore 16 del 4 agosto, mosse all’attacco. In breve la sua ala sinistra riuscì a conquistare due ordini di trincee sulla posizione della «quota pelata», ma, fatta segno a nutrito fuoco di mitragliatrici e contrattaccata con le bombe a gas, dovette, verso le 19, ripiegare. L’ala destra era stata fermata dal fuoco avversario fin dall’inizio dell’attacco. Le perdite, in relazione alla forza  impiegata, furono piuttosto ingenti; 438 uomini fuori combattimento”. Questo solo giorno, senza successo, costa alla 14a Div., c.te gen. Chinotto, 1.108 soldati e 31 ufficiali, (op cit. pag. 52)

5 agosto. “Nella giornata del 5 agosto l’azione dimostrativa del C. d’A. si effettua essenzialmente colfuoco delle artiglierie”, (cfr. L’Esercito It.... pag. 49) Solo condotta di fuoco: ore 14-16 e 20-22.
Sembra un orario d’ufficio. Le granate costano troppo. “Quella sera stessa del 5 agosto due ufficiali invitarono mons. Castelli al Comando in via Dogana. Fu una traversata tragicomica – scrive il vicario generale - Si procedeva con precauzione, ora si correva, ora si spariva dietro a qualche portone, ora si rimaneva attaccati come punti esclamativi ai muri delle case. Ai canti delle vie ci si fermava per esaminare la situazione e poi si passava, con alcuni salti, secondo il caso, da destra a sinistra e da sinistra a destra...
(G. Del Bianco, op cit., pag. 287; cfr Nota n.°4, pag 287).


6 agosto. Domenica. Ore 7. Nostro fuoco di demolizione in tre momenti, sino alle 16. Li preoccupiamo. Dalla Rei. Uff. austriaca. voi. V, pagg. 39 e 40: «La notte sul 6 agosto era trascorsa in complesso tranquilla, ma in estrema tensione. Nel mattino domenicale, il cielo estivo era chiaro e sereno. Ad un tratto: alle 6,15, su tutta la fronte da Tolmino fino alla costa l'artiglieria italiana e te bombarde sferrarono un fuoco di estrema violenza: dopo breve tempo, te alture di M. Sabotino fino alla plana di Lucinico e la città di Gorizia coi suoi sobborghi fra Solcano e S. Andrea furono avvolte dal fumo e dalla polvere. Dagli osservatori sulle colline ad est della conca di Gorizia non si scorse più, ben presto che un 'enorme nube di fumo dalla quale usciva il tuono del cannone e in cui balenavano i lampi prodotti dalle vampe dei proietti e delle bombarde e dal loro scoppio ai punti d'arrivo. Contemporaneamente, si elevarono nell'aria i miagolii delle traiettorie dei proietti di grosso calibro delle batterie italiane per lotta lontana: proietti che andavano a colpire molto al di là delia fronte di combattimento le sedi del Comandi, paralizzavano le comunicazioni, disturbavano il movimento sulle vie
d'accesso alla fronte e producevano scompiglio negli abitati e accampamenti densi di riserve e di centri di rifornimento». (Cfr. L'Esercito II.... Nota 1, pag- 60)

6 agosto. Fronte di Monfalcone. Cadorna ordina l'attacco alla città. Lo stesso giorno Enrico Toti Medaglia d'Oro al Valor Militare è colpito a quota 85 di Monfalcone, dove continuava Fazione dimostrativa dei giorni 4 e 5 del VII Corpo d" Armata. Il generale Capello. VI Corpo d'Armata. investe Gorizia, difesa come sappiamo dalla 58;l divisione, generale Zeidler, e dal generale Wurm, XVI Corpo. Contemporaneamente, il colonnello Pietro Badoglio conquista il Sabotino: “/ 'assalto durò esattamente quaranta minuti. La tempestività nella scelta del momento d’attacco, la celerità dell 'azione e la densa nuvola di fumo che mascherò gli attaccanti prevennero il tiro delle batterie nemiche sul Codice e sul Monte Santo. A quota 609 gli austriaci non erano riusciti a muoversi dai fortini”. Gli austriaci videro i nostri fanti "penetrare all'improvviso sbucati dalla terra come nelle fiabe... Dall'osservatorio di Monte Fortin Vittorio Emanuele segui col cannocchiale ogni fase. Ammirato delle fanterie esclamò: 2Sembrano legioni romane!" Secondo l’Ufficio Storico dell’Esercito, l’Es.  It. della Grande Guerra, voi. Ili, Tomo 3°, pag. 62, l'operazione durò dalle 16 alle 16.35. La caduta del Sabotino aprì la porta di Gorizia e della carriera di Badoglio, promosso maggior generale il 9 agosto “per merito di guerra", (cfr pagg. 101-120) La giornalista Alice Schalek, inviata di guerra sull'Isonzo da marzo a luglio 1916, nel capitolo “Gorizia”, pagg. 26-32 in Isonzofront, Ed Libreria Adamo, Gorizia aprile 1977. Prima edizione L. W. Seidel e Sohn, Vienna, agosto 1916, descrive la vita in città. “Nel pomeriggio, I militari in permesso siedono al caffè e leggono di preferenza i giornali umoristici. Gli ufficiali vengono giù dalle trincee per amore del «Simplicissimus» e del «Muskete». Questo Caffè è sempre frequentato, nonostante che «lui» («Lui» è semplicemente il nemico) lo tenga spesso sotto il fuoco di fucileria. Se il tempo è hello, i signori ufficiali siedono all'aperto davanti alla casa. Vi sono Quattro file di tavolini. Solo a volte, quando arrivano le fucilate, la prima fila viene sgombrata perché il luogo è visibile: Dirimpetto c 'è la via maggiormente presa di mira dal fuoco, lina tabella memorabile reca la scritta in tre lingue che avverte: «Chiusa. La strada è presa sotto fuoco.» Vicinissima c'è la cartoleria, dove due valorose ragazze, tenaci e impavide, mettono in vendita, da mesi, giornali, libri e fogli di carta da lettera per i guerrieri affamati di nutrimento spirituale...".
Regione del Sabotino. Fine giornata. La 45° Div. brilla e sorprende. La novità. Dalla Rei. Uff. austriaca. Voi. V, pag. 42: «I Dalmati (I btg. del 37° regg. Sch.) furono sorpresi e travolti dalle masse italiane. Ma l'avversario, a differenza delle precedenti battaglie, dopo penetrato nella prima linea, continuò subito l'avanzata sulla dorsale del Sabotino in direzione S. Valentino - S. Mauro... Gli avvenimenti predetti si erano così rapidamente svolti che le riserve de! difensore non avevano trovalo il tempo per uscire dalle caverne, i cui sbocchi verso l'avversario erano crollati, e ciò produsse la cattura di numerosi uomini». (L'Esercito It.... Voi. Ili, Tomo 3°, Narrazione, Nota 2, pag. 649).
Sempre il 6. Ore 18,30. La 24* Div., ten. gen. Gatti: brigata ‘Lambro’, col. brig. Grazioni e ‘Abruzzi’, m. gen. Aveta, prendono quota 165 a sud di Oslavia.
Ore 20 - 21. Un contrattacco cattura i nostri reparti avanzati.
Ore 21,30. Ci ritentano. Respinti. A questo punto da quota 188 ai ruderi di Oslavia abbiamo una linea continua. L’ 11* Div. m. gen. Sachero, opera sulla dorsale del Grafemberg, non riesce a far cadere quota 206 e 207, ma la brigata ‘Cuneo' e la brigata ‘Treviso’ alle 17,30 hanno pattuglie sulla sponda sinistra dell'Isonzo, che però sono ricacciate.
Ore 22. Riprendiamo i tratti di riva persi. La 12a, ten. gen. Marazzi, fronteggia il Podgora, quota 240, spinge verso l’Isonzo, deve attaccare il Podgora e Monte Calvario.
Ore 16. Parte 1M1 Reggimento della brigata ‘Casale’ contro il Calvario. Il 28°, brigata ‘Pavia', m. gen. Ravelli, investe e prende i tre ordini di trincee a sud della ferrovia che conduce a Gorizia. Contrattaccato registra forti perdite. 11 nemico spara dal sottopasso della ferrovia. Comunque, si può pensare di raggiungere i ponti sull’Isonzo.

Ore 1730. La Pavia prende le trincee e scende sul versante orientale, ma si arresta a mezza costa. (pag. 69)
Notte. L'U°prosegueravvicinamentoallaperìferìadi Podgora.
Ore 17. II gemello, 12°, si lancia contro le trincee di cresta, ma viene falciato dalle mitragliatrici incavernate.
Notte. Il 12° conduce inutilmente altri due assalti, è fermato ma non arretra.
Ore 22,20.11 gen. Capello invia ai Comandi dipendenti, il fonogramma di esortazione n.° 239: “Confido che domani le truppe continueranno con irresistibile impeto loro avanzata sino all 'Isonzo che dovrà essere raggiunto ad ogni costo. Mi compiaccio per i risultati oggi conseguiti e intendo salutare domani le mie truppe vittoriose al di là de! fiume. Segnare ricevuta.”
Gorizia è sempre più vicina.
Sintesi della giornata nel settore di Gorizia. Caduto il Sabotino. Preso, in parte, il settore sud della linea Podgora-Calvario.
In questo momento Io scardinamento del sistema difensivo goriziano è molto progredito, (pag. 71) Intanto, sul Carso, attacca la brigata ‘Catanzaro’. Cima 1 (ore 16,45) e 2 (ore 17,30) del San Michele, mentre la ‘Brescia investe Cima 3 e 4 e la ‘Ferrara’ il costone tra Cima 4 e Monte San Martino. Le Cime vengono perdute e riprese sia dalla ‘Catanzaro’ che dalla ‘Brescia’ Notte 6-7. Respingiamo tutti i contrattacchi. II 232° della 47*, finalmente arriva e si schiera da Pubrida a quota 99 ovest Monte Calvario. La Relazione Uff. austriaca Voi. V, pag 56 cosi evidenzia gli effetti del nostro fuoco: «Le 16 batterie leggere e 48 pesanti italiane davanti alla fronte del Carso distrussero nel volgere di poche ore tutto il penoso lavoro di mesi, a punto tale che in alcuni tratti a mala pena erano rimaste trincee di sistemazione difensiva... (L'Esercito It.... Voi. Ili, Tomo 3° Narrazione, Nota 1, pag 75).

7 agosto. Gorizia. Prosegue l'offensiva.
Alba. Contrattacco sul Sabotino. Badoglio e De Bono lo respingono; 700 prigionieri e 7 mitragliatrici catturate. Cosi sul costone di Oslavia. Sopraffatti i primi elementi della ‘Cuneo’ appena giunti sulla riva dell'Isonzo.
Ore 6. La 45* Div. organizza l’attacco della colonna del gen. Cartella, c.te la brigata ‘Pescara', 11/144° e 11/149°.
Ore 15,30. La colonna si spinge a quota 138: confluenza torrente Peumica - Isonzo.
Ore 20. Obiettivo raggiunto. Cinque ore parlano da sole. Bottino e prigionieri.
Ore 10. Il gen. Farisoglio, 43* Div., lascia a quota 188 la brigata Lambro’ 205° e 206°, perché riceva un pur breve ristoro, avendo perso 32 ufficiali e 1.200 fanti in due giorni. Prosegue per l’Isonzo solo la ‘Etna’, 223° e 224°.
Ore 18,30. Parte l'attacco a quota 165 e 138.
Ore 20. La brigata ‘Etna’ prende d'impeto quota 138 e si congiunge con la colonna del gen. Cartella.


Ore 19. La brigata ‘Abruzzi’ prende quota 165.
Pomeriggio. Nel settore del Podgora il noto 12° fanteria, brigata ‘Casale’, prende Casa Diruta e la mantiene.
Notte. Colpo di mano, l’ll° prende anche la Cappelletta. Al nemico resta solo la vetta del Podgora, quota 240.
Italiani sempre in salita, ma sempre più vicini alle vette.
Cfr. la foto n.°44 presente nel volume Prima di Caporetto di Gianni Baj Macario, Anton von Pitreich, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2007.
Il 28° non riesce a prendere il sottopasso della ferrovia, mentre alle 14 il 27° è vicino alla rotabile, (pag. 86) Boroevic capisce che il terreno sta franando sotto i piedi della Isonzoarmee. Il pomeriggio del 7 ordina “di mantenere con ogni energia la testa di ponte... se si doveva ripiegare, si doveva mantenere la riva sinistra dell 'Isonzo, in tal caso i ponti dovevano essere distrutti salvo quello di Solcano". Dalla Rei. Uff. a. u., Voi. V, Nota I, pag. 51.(op cit. L'Esercito It.... Voi. III. Tomo 3° Narrazione, pag. 90) Sostiene lo sforzo la 58* Div. alla quale il gen. Boroevic assegna il gruppo Schenk della 43a. Ma con questa importantissima precisazione: “che l’energia combattiva dei difensori non dovesse essere consumata fino al suo annientamento ”. (op cit. L'Esercito II.... Nota 2, pag. 90)
Boroevic è fedele al suo concetto tecnico e umano: non sprecare la vita degli uomini.
Sera. La situazione della 58* è insostenibile: i battaglioni di testa sono striminziti, non ci sono più riserve e il 20° Schutzen della 433 non potrebbe arrivare prima dell'8 mattina. Assurda ogni resistenza. Bisogna ritirarsi, (pag. 90)
7 sera. Saltano i ponti, meno Salcano. Esploratori della Colonna De Bono osservano le operazioni del nemico, (pag. 91)

lunedì 4 dicembre 2017

GORIZIA VAL BENE UNA BIRRA

di Michele D'Elia

La battaglia di Gorizia rientra in un quadro politico-diplomatico, che dalla conferenza di Chantilly, del dicembre 1915, si va modificando. L'Italia ha bisogno di un grande successo militare e psicologico. La presa di Gorizia aprirebbe la strada di Trieste, eliminerebbe la minaccia dell'invasione da oriente e darebbe forza politica al governo Boselli, insediatosi il 19 giugno 1916. dopo la caduta di Salandra. Ora è guerra di logoramento per entrambe le coalizioni. Vincerà chi avrà maggiore '‘‘capacità di durata’’.

I DUE VOLTI DELLA BATTAGLIA: GORIZIA SANTA E MALEDETTA

La sagra di Santa Gorizia Gorizia. Anonimo, 1916
«... Quanti mesi! Tutti i giorni
si diceva: «Si va,
si rompe la diga,
si piglia la città santa.
Domani soneranno a distesa
I cannoni per la sagra
Di Santa Gorizia.»...
O mie belle brigate:
Brigata Casale
Brigata Pavia
Undicesimo, Dodicesimo,
Ventisettesimo.
Ventottesimo fanteria:
è l’ora, è l'ora
della rivincita!...»(1)

«La mattina del cinque di agosto
si muovevano le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì.
O vigliacchi che voi ve ne state
con le mogli sui letti di lana,
schernitori di noi carne umana,
questa guerra ci insegna a punir.
O Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza:
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu..».(2)

Prologo
31 luglio. Linea isontina austriaca. “La linea austriaca dell 'Isonzo era imperniata alle teste di ponte di Tolmino e di Gorizia, tra le quali si protendeva il saliente di PIava (3) Tale linea dallo Smogar (nord-est del Monte Merz); procedeva verso sud per lo Sleme e il Mrzli, tagliava l'Isonzo un chilometro ad ovest di Tolmino, e lambiva il margine occidentale delle alture di Santa Maria e Santa Lucia, coprendo così l'Isonzo il corrispondenza della confluenza dell'Idria, e dello sbocco delie due arterie: rotabile di valle Idria, e ferrovia di Val Bacia (Piedicolle). I rilievi di Santa Maria e Santa Lucia, oltre a tate funzione di naturale copertura, facevano sistema con le alture del Mrzli... Le teste di ponte di Tolmino e di Gorizia rappresentavano quindi, per il nemico, gli sbocchi verso la pianura friulana delle grandi arterie, [strada da Postumia a Lubiana] e per noi la porta di entrata alle vie di facilitazione verso Sava. Ne conseguiva che le operazioni principali, d'attacco e di difesa, dovevano necessariamente gravitare attorno a Tolmino ed a Gorizia". (L'Esercito lt.... pagg. 34-35) Il gen. Egon Zeidler, ha 51 anni, comanda la piazzaforte di Gorizia e la 58a Div., 18.000 forti e fedeli dalmati; Zeidler è
il maggiore esperto di fortificazioni ed ha reso la città un campo trincerato ritenuto imprendibile. Un modello oggetto di studio.
Il 31 luglio a Gorizia. A Monsignor Francesco Castelli, vescovo della città, preoccupato della sorte di Gorizia, Zeidler risponde: "Olii siamo sicuri Monsignore! Sicurissimi. Le posso dire con animo tranquillo che non passerà neppure il diavolo. Dal Sabotino a Lucinico è sorto tale un sistema di fortificazioni che nessun esercito potrebbe sfondare... " (4). Con tale certezza il Comandante va in licenza a Vienna. Mentre così ragiona Zeidler, il comandante la 3° Armata. Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, ordina l’azione dimostrativa per il 4 e 5 agosto.


Agosto. C’è forse una guerra in corso? “Una calura quasi insopportabile incombeva sull’Isonzo. Era il periodo più caldo dell’anno, i giorni a cavallo tra luglio e agosto, quando in altri
tempi l’uva cominciava a inturgidire sui vigneti del Podgora e il granturco, giù nella pianura, era alto quanto un uomo; il periodo in cui le città e i villaggi, quando la vita si svolgeva in pace, interrompevano l’attività quotidiana con una lunga pausa meridiana; era il periodo dell’attesa e della maturazione, in cui il paesaggio goriziano era calmo e raccolto in sé, come una donna che porti in grembo la sua creatura... ”.(5)
3 agosto. Prima della battaglia. L’attacco a Gorizia non può essere frontale, perché non avrebbe possibilità di successo, esistendo apprestamenti difensivi ben consolidati e studiati: caverne, gallerie sotterranee, rifugi corazzati e vie di fuga la rendono imprendibile. Bisogna distrarre il nemico manovrando; perciò il Comando della 3a Armata ordina un’azione dimostrativa nel settore di Monfalcone, il 4 e 5 agosto. L’attacco a Gorizia sarà sferrato il 6. La 12a Div., ten. gen. Marazzi, VI Corpo d’Armata, ten. gen. Capello, deve condurre l’azione di forza per sfondare la linea nemica. Marazzi con documento Prot. n.° 6766 R.S. del 3 agosto 1916, così declina il suo progetto: “L’azione ha per scopo generale un attacco travolgente, partendo dalle attuali posizioni, giunga sino ai ponti del fiume e prenda piede sulla sponda sinistra dell’Isonzo... La Divisione è così schierata: nel piano tra la ferrovia compresa e Villa Fausta compresa la brigata ‘Pavia’;
Tra la ferrovia esclusa e la 11° Div. la brigata Casale i reggimenti delle Brigate schierati per ala... a grandi linee l'attacco delle fanterie deve così procedere: in primo tempo contro le difese nemiche del Calvario e contro quelle del piano gettandosi risolutamente sulle trincee nemiche. Dal piano si deve avanzare risolutamente sui ponti. Inoltre parte delle truppe scendenti dal Calvario investiranno il Podgora da sud: in secondo tempo... si dovrà attaccare q. 240 mirando a gettarsi risolutamente al di là dell'abitato di Podgora, investendolo da ovest. Mentre così opera la nostra Divisione, parte delle truppe della 11°, scendente da Grafemberg, investiranno I’abitato di Podgora da nord. Il segno dell'attacco sarà dato da me, e l'istante preciso in cui sferrare l'avanzata contro q. 240 è affidato all’intuito del comandante della Brigata Casale, che me ne avviserà subito. L'azione è quindi concentrata in modo che le irruzioni si integrino a vicenda.
Qualsiasi difficoltà incagli per avventure un reparto, non deve per nulla ritardare l'azione degli altri nell'assalto travolgente che forma un sol tutto...”, (op cit. L’Esercito II  Documenti

Voi. III. pag 99) Riusciamo a tenere segreta la puntigliosa preparazione del progetto d'attacco. Favoloso!

mercoledì 25 ottobre 2017

Convegno nazionale di Studi Storici organizzato da Nuove Sintesi

NUOVE SINTESI

trimestrale di cultura e politica
Direttore Responsabile Michele D ’Elia
con la collaborazione dell’Istituto Zaccaria


1915 - 1918
Massimo Campigli, Zaino in spalla, 1927 - Parigi, Museo delle Due Guerre Mondiali

PROFILO DELLA GRANDE GUERRA
DEGLI ITALIANI

La battaglia di Gorizia, sesta battaglia dell’Isonzo, 
4-17 agosto 1916

Sabato 25 novembre 2017
Istituto Zaccaria, Aula Magna - ore 15.00
Via della Commenda, 5 – Milano, MM 1


Convegno nazionale di studi storici


1915 - 1918
PROFILO DELLA GRANDE GUERRA DEGLI ITALIANI
La battaglia di Gorizia, sesta battaglia dell ’Isonzo
4-17 agosto 1916

Il Direttore Responsabile Michele D ’Elia

PER INFORMAZIONI: 02.68.08.13 – michele.inhostem@gmail.com



P R O G R A M M A

Presentazione del Convegno

Saluti istituzionali

RELAZIONI

"La fronte orientale alpina e le sue fortificazioni "

Lamberto Laureti, già Docente all’Università di Pavia


"La presa di Gorizia "

Michele D ’Elia, Direttore di Nuove Sintesi, Milano

*

"Il fronte orientale nel 1915"

Gianluca Pastori, Università Cattolica, Milano

*


"I nostri corrispondenti di guerra"

Giorgio Guaiti, giornalista e scrittore, Milano

*


"Guerra e ideologia della guerra nell’antichità"

Cinzia Bearzot, Università Cattolica, Milano

*


"I costi della guerra e la loro proiezione nel dopoguerra"

Salvatore Sfrecola, Presidente dell’Associazione Italiana Giuristi di Amministrazione, Roma


"I poeti inglesi e la Grande Guerra"

Daniela Savini, Docente di Lingua e Letteratura Inglese, Liceo Sc. St.“Vittorio Veneto ”, Milano

*


"L’attività degli Artisti nel contesto interventista"

Salvatore Paolo Genovese, Docente di Disegno e Storia dell’Arte, Liceo Sc. St. “Vittorio Veneto ”, Milano

*


"La sociologia italiana dai suoi inizi sino alla fine della guerra"
Roberto Cipriani, Emerito di Sociologia, Università Roma Tre

*


Dibattito

Conclusioni: Michele D ’Elia

Coordina i lavori
Paolo Foschini, giornalista del Corriere della Sera

Ingresso libero


domenica 13 agosto 2017

NO all’istruzione superiore di quattro anni!

Comunicato stampa


Milano, 9 agosto 2017
   
   I programmi, da anni sono diventati “linee guida”, vale a dire il nulla, nel quale ciascuno propone agli studenti ciò che gli pare. In questo nulla entra a pieni titolo la sperimentazione quadriennale, già condotta alla chetichella.

  Sempre uguale il copione: per abolire il latino nella scuola media, il governo di allora lo rese facoltativo, nessuno lo scelse più, subito dopo fu abolito formalmente. A maggior ragione oggi nessuno studente sceglierebbe un istituto di cinque anni. I politici, Ministro in testa, grideranno al successo della sperimentazione.


    I quattro anni di corso sono una bufala espunta dopo la sperimentazione dello scientifico 1923-1928 portato a cinque anni, nel 1930, dallo stesso Gentile.

    All’estero, esperienza professionale, la scuola italiana è ancora considerata di alto livello; non c’è ragione di scopiazzare sistemi che non ci appartengono.


   L’ingresso anticipato nel mondo del lavoro, che nemmeno si vede all’orizzonte, è pretesto ipocrita per continuare a demolire la scuola pubblica e per disporre nell’industria di manovali con il colletto bianco.

Considerazione

Il ministro Berlinguer elevò a cinque anni l’efficace istituto magistrale, sostenendo che quattro non erano adeguati alla società contemporanea; oggi, la stessa parte politica abbassa a quattro tutto l’impianto, connivente la cosiddetta opposizione. Chissà perché in agosto …
I docenti universitari, che già si lamentano dell’ignoranza di base dei loro studenti, saranno soddisfatti. Hanno sotto gli occhi il fallimento della laurea triennale.

                               Michele D’Elia
                                                                                                Direttore R. di Nuove Sintesi

domenica 9 luglio 2017

Grande Guerra, quarta dell’indipendenza italiana.

                                                                                                                    
Aspre sono le guerre. Aspra è la Prima Guerra Mondiale. Questa nasce da un groviglio di interessi economici e coloniali, di errori diplomatici e di egoismi politici, di pesi e contrappesi nazionali ed internazionali e di guerre locali. Concetti dei quali non aveva idea Gravilo Princip, assassino per caso di Francesco Ferdinando e della sua consorte Sofia Chotek il 28 giugno 1914, dopo il fallito primo tentativo nella stessa mattinata. L’Attentatore pensava che la morte dell’Arciduca, peraltro aperto alle richieste degli slavi, avrebbe liberato la Serbia e gli slavi meridionali dal dominio austriaco. Ne nacque, invece, un infernale domino, con la seguente  scansione temporale:
23 luglio, ultimatum dell’Austria alla Serbia; 28 luglio, l’Austria dichiara guerra alla Serbia;
30 luglio, lo zar Nicola II, protettore degli slavi meridionali, ordina la mobilitazione generale;
31, Guglielmo II intima  alla Russia e alla Francia di interrompere la mobilitazione entro12 ore; 1 agosto, dichiara guerra alla Russia e il 2 invade il Lussemburgo; il 3  dichiara guerra alla Francia; nella notte tra il 3e il 4  invade il Belgio, il 7 i tedeschi entrano a Liegi.
Lo stesso 3 agosto, l’Italia dichiara la propria neutralità, in forza dell’art. VII del Trattato della Triplice Alleanza. 4 agosto, l’Inghilterra dichiara guerra alla Germania; il 6 anche l’Austria dichiara guerra alla Russia; il 9 e il 13  rispettivamente Francia e Regno Unito dichiarano guerra all’Impero austro-ungarico. Il 27, il Giappone interviene a fianco dell’Intesa; il 5 ottobre, la Bulgaria dichiara la propria alleanza con gli Imperi Centrali; il 31, la Turchia si schiera con l’Austria e la Germania.
Secondo una tesi propria anche di personalità come il  Premio Nobel Thomas Mann, la Germania aggredisce per non essere aggredita, come Federico II ai tempi della Grande Coalizione.
L’esercito tedesco il 20 agosto occupa Bruxelles, il 3 settembre giunge Senlis a 35 Km da Parigi. Il Governo francese si era già trasferito a Bordeaux.
Anche questa sconosciuta velocità  delle armate tedesche prelude e simboleggia le profonde trasformazioni  dell’assetto tecnico, geopolitico, sociale ed economico, e soprattutto mentale, del vecchio continente e delle sue colonie. Infatti,  la Grande Guerra sarà anche un conflitto coloniale; o, secondo Lenin, l’ultima frontiera del capitalismo.
Per tutti  i  Paesi europei la dichiarazione di guerra è quasi un automatismo; non così per l’Italia.

Il  giovane Regno, vincolato agli Imperi Centrali dall’Alleanza firmata  nel 1882 e confermata nel 1902, dovrebbe intervenire, ma non lo fa; motivo ufficiale: il patto è difensivo e non offensivo.
Nei fatti le cose stanno diversamente: l’Italia è un Paese di recente costruzione, ancora geograficamente incompleto, perché privo di alcune sue vaste regioni, sintetizzate, nella memoria collettiva, nei nomi di Trento e Trieste, perle dell’Impero. Le popolazioni della Penisola non sono amalgamate; milioni di cittadini, nonostante l’impegno della Monarchia, non sanno  nemmeno leggere e scrivere. Gli italiani sono cattolici e rifiutano lo spargimento di sangue, anche se tra i cattolici emergono frange interventiste, che fanno capo a don Romolo Murri. La diplomazia è delusa dall’altalenare del Governo Salandra. Questa amarezza è manifesta in molta corrispondenza tra i vari Ambasciatori; un esempio: l’ambasciatore a Vienna Avarna il 5 ottobre 1914 rispondendo al collega di Berlino, Bollati, che gli aveva scritto il 25 settembre, lamenta che il Corpo Diplomatico “sia tenuto interamente all’oscuro del vero pensiero del Governo” e preannuncia  l’intenzione di voler    lasciare l’incarico “… non volendo rendermi  complice dell’atto di slealtà che sta maturando”, ovviamente verso l’Austria-Ungheria. (Documenti Diplomatici Italiani)
Violente fibrillazioni scuotono il mondo politico: i socialisti e le Sinistre in generale pensano prima ad uno sciopero contro la guerra, poi si dividono in interventisti democratici e tradizionali. Benito Mussolini cambierà fulmineamente idea e campo: espulso dal P.S.I.   fonda  il Popolo d’Italia il 14 novembre 1914  e lancia una specie di grido di battaglia con l’articolo “Audacia!”. Il mondooperaiosi riunirà a Zimmerwald, presso Berna, tra il 5 e l’8 settembre 1915; con un proprio  Manifesto, detto appunto  di Zimmerwald, contesterà la scelta dei socialisti europei di partecipare alla guerra ciascuno per il proprio Paese, in nome del sacro egoismo nazionale; ma il loro grido:”Proletari di tutti i paesi unitevi!”, cadde nel vuoto.
 I socialisti italiani, in tale consesso, sono rappresentati da Lazzari, Serrati, nuovo direttore dell’Avanti! e Modigliani. I Futuristi, primo fra tutti Marinetti, ma anche Papini, Curzio Malaparte, le riviste La Voce, Lacerba, … i pittori Carrà, Carlo Erba, i  matematici come Eugenio Elia Levi, architetti come Antonia Sant’Elia, scrittori come Serra,  che cadranno in battaglia; gli irredenti Battisti ed i fratelli  Filzi, si schierarono per l’intervento. Quasi superfluo ricordare Giuseppe Ungaretti e l’indigesto D’Annunzio. Tanti altri ancora come Monelli, Papini, Omodeo,  Pertini, Lombardo Radice, Parri, Calamandrei, Pieri, Cecchi, Rebora, Volpe, l’anziano Bissolati, Amendola  … non tutti  futuristi e neanche nazionalisti, per dovere civico o libera scelta, parteciparono al conflitto, con diverse funzioni . Anche i repubblicani mazziniani sono per la guerra. Ogni nome rappresenta una storia diversa, ma un ideale comune: quello di Patria, pur diversamente declinato.
 A fronte di queste minoranze più che vivaci, la classe politica liberale, che fa capo a Giovanni Giolitti, tiene un contegno molle ed incerto, segno di decadenza. Il Re tace. La Camera, contraddicendo un suo precedente e recente atto, il 20 maggio 1915 vota l’intervento  contro l’Austria-Ungheria con 407 sì e 74 no; ma solo il 28 agosto 1916 dichiareremo guerra all’Impero germanico, segno che il secolare nemico è uno solo. Antonio Salandra, che si era dimesso il 13, viene riconfermato Presidente del Consiglio ed ottiene  i pieni poteri. Il 22 maggio il Re firma il decreto di mobilitazione generale, il 23 l’ambasciatore a Vienna Avarna, consegna la dichiarazione di guerra al ministro Burian. Il 26 il Re, dal quartier generale Martignacco di Udine,  lancia il suo primo Proclama ai soldati. Vittorio Emanuele III lascerà il fronte solo per risolvere le crisi di governo.
Il giovane Regno ha un’occasione ed una speranza: accreditarsi tra le potenze continentali ed intercontinentali anche e proprio perché fu presto chiaro, forse non a tutti, che l’eurocentrismo stava scomparendo e che il conflitto ne avrebbe accelerato la fine.
La guerra fu luogo di scontro e d’incontro, per l’Italia, di uomini di regioni, civiltà, costumi e lingue diverse. I nostri soldati analfabeti  cominciarono ad imparare a leggere e scrivere in una lingua sino ad allora sconosciuta: l’italiano (De Mauro). 
La guerra è una costante del genere umano: da Socrate a Karl von Clausewitz i conflitti armati sono la continuazione della politica, quando questa e la diplomazia non hanno più niente da dire.
Guerra e pace sono intimamente connesse. Solo dallo scontro cruento nascono nuove realtà sociopolitiche, anche se a volte peggiori di quelle soppiantate.
Aree di frizioni geopolitiche divennero, lentamente e poi sempre più rapidamente, origine di frattura ideologica e sociale. Ozioso è chiedersi se un conflitto sia giusto o ingiusto, morale o immorale. Pungente ed equilibrata la tesi di  Benedetto Croce  in  L’Italia dal 1914 al 1918. Pagine sulla guerra ha scritto: “… quando la guerra scoppia (e che essa scoppi o no, è tanto poco morale e immorale quanto un terremoto o altro assestamento tellurico) i componenti dei vari gruppi non hanno altro dovere morale che di schierarsi alla difesa del proprio gruppo, alla difesa della Patria … Solo a questo modo l’individuo è giusto, sebbene, a questo modo, giusto sia anche l’avversario e, per questa via giusto sarà per un tempo più o meno lungo, l’assetto che si formerà dopo la guerra”.
Tra questa tesi e quella di von Clausewitz si dispiega una serie quasi infinita di livelli e di interpretazioni polemologiche. Sta di fatto che la Grande Guerra è il displuvio tra il nuovo e l’antico, processo di trasformazione al quale l’Italia non poteva sottrarsi.
I  belligeranti respinsero con fastidio l’appello di Benedetto XV, dell’uno agosto 1917, concordato con l’imperatore Carlo, per porre fine all’inutile strage, tanto si erano identificati nei propri interessi e nelle proprie ragioni, e pure, proprio in agosto a Torino era scoppiata la sanguinosa  ‘rivolta del pane’.
                                                                                                                                                        
Caporetto e Vittorio Veneto  sono due metafore che rappresentano l’Italia, sempre caricate di significati estranei alla loro natura di fatti bellici. Mercoledì 24 ottobre 1917 alle ore 2 del mattino gli austro-tedeschi investono, con i gas, gli avamposti della conca tra Plezzo a Tolmino.
Hanno in mente un’operazione di ordine tattico, condotta su tre colonne che attaccano contemporaneamente sulla destra e sulla sinistra dell’Isonzo. Il progetto  divenne via  via strategico, quando il nemico si  rese conto che i nostri Comandi  al più alto livello nelle prime ore non riuscivano ad organizzare alcun contrasto in profondità, poiché la loro filosofia era sempre stata solo di attacco e non anche di difesa in profondità.  La 14ª Armata austro-tedesca, 15 divisioni, investì tre nostre divisioni prive di riserve. In sintesi, il nemico avanzò lungo la linea Isonzo-Tagliamento-Udine- Belluno- Piave nel vuoto, per tutta la prima giornata.  Il piano di contrasto  fu preparato da Cadorna  tra il 28 e il 30 ottobre. I reparti in linea, nel frattempo, si ritiravano combattendo. Pochi esempi: il 24 stesso alle ore 14 nel comune di Idersko si combatte casa per casa e solo alle 16 i battaglioni slesiani occuperanno Caporetto.
il 25 ottobre: “… ufficiali della brigata Napoli, 75° reggimento, che si trovavano verso Monte Piatto videro al mattino del 25 i battaglioni della brigata Firenze, che salivano a plotoni affiancati l’erta ripida verso la cima del Podklabuk … L’artiglieria nemica rivolse il tiro contro di essi. Si videro i plotoni colpiti scomporsi, ricomporsi subito e ritentare la salita; ed i fanti della brigata Firenze salivano sempre più in alto, mentre vuoti continui si osservavano nelle loro file”. Così Guido Sironi, I vinti di Caporetto.
Il Diario del  LI Corpo d’Armata tedesco conferma: “Gli italiani difesero lo Jeza con straordinario valore”.
Il 27 ottobre il Bollettino austriaco afferma: “ Gli italiani hanno difeso la Bainsizza a passo a passo”.
E ancora: “Le intercettazioni telefoniche ci facevano conoscere le maledizioni alla nostra artiglieria, il numero dei morti e dei feriti, le proteste degli ufficiali perché fosse data un’altra sistemazione alle loro truppe”. Generale Enrico Caviglia in La dodicesima battaglia – Caporetto pag 93.
La travolgente avanzata dopo le prime 24 ore andò gradatamente rallentando sino a spegnersi del tutto sulle rive del Piave il 9 novembre; tra il 10 e l’11 dicembre 1917, si spensero anche le ultime spallate di Conrad.
L’arretramento sulla linea del Piave era previsto sin dai tempi di Odoacre, di Napoleone e del generale Cosenz. Cadorna il 27 ottobre giunge a Treviso e  predispone il rischieramento dell’esercito sulla riva destra del Piave; il 30 il nuovo progetto è pronto. Sarà attuato da Diaz. Purtroppo, alle ore 13 del 28 il Generalissimo aveva emanato l’infelice Bollettino n.° 887, che accusava di viltà la II Armata. Cadorna avrebbe spiegato la sua accusa nel volume Pagine polemiche Garzanti 1951. (D. D. I.) Un po’ tardi!
Sul fronte politico il Re, tornato a Roma il 26, risolve la crisi di governo sostituendo  Boselli con Orlando e nominando, poi,  il generale Diaz al posto di Cadorna. Il 5 e il 6 novembre si svolse a Rapallo la riunione preparatoria del convegno dell’8 a Peschiera. Qui Vittorio Emanuele III sostenne le ragioni del soldato italiano e la sua capacità di resistenza. Non sbagliò. Il Piave, quindi, fu un disegno netto e meditato, che riduceva la linea del fronte da 650 a 300 km, e ci consentiva un rafforzamento fondamentale nell’immediato e nella prospettiva.
                                                                                                                                                        
L’altra metafora è Vittorio Veneto. Per taluni è  modesta  battaglia enfatizzata dalla propaganda governativa. Falso. Le tre battaglie del Piave, che a Vittorio Veneto si conclusero il 31 ottobre, ci costarono 36.000 perdite, delle quali 7.000 morti accertati. Vero è, invece, che l’implosione dell’Impero asburgico non aveva intaccato  la capacità di resistenza e offesa dell’ esercito, fedele all’Imperatore.
Non possiamo descrivere l’andamento degli scontri sul Piave e sul Grappa,  dove già il 24 eravamo partiti all’attacco e dove i combattimenti saranno più sanguinosi che sulle rive del Piave e sugli Altipiani, ma la montagna non ebbe un Cantore; diremo soltanto che il  nemico organizzò la propria manovra su tre momenti: a. superare il Piave;  b. prendere Venezia; c. dilagare nella Pianura Padana.
La massima penetrazione del nemico si ferma sull’ansa tra Zenson e la Grave di Papadopoli.  Lo storico londinese Erbert A. L. Fisher nella sua  Storia d’Europa, a pag 401, aveva scritto:“Che, dopo simile disfacimento del morale militare,[Caporetto ndr] il fronte italiano fosse solidamente ricostruito, dimostra la grande abilità di Cadorna e l’enorme forza di reazione italiana. Il Piave fu tenuto e fu salvata Venezia. Ma al sopraggiungere dell’inverno era ancora incerto se l’esercito italiano, benché sotto il nuovo comandante Diaz e rafforzato da divisioni francesi e inglesi, sarebbe stato in grado di respingere vittoriosamente il nuovo attacco”. Purtroppo l’illustre storico dimentica che prima della battaglia di Caporetto gli Alleati avevano ritirato dal fronte alpino ben 99 medi calibri ed avevano sospeso l’invio, già iniziato, di altri 102 bocche di fuoco, il 19 settembre 1917, non credendo all’imminente attacco degli Imperiali. Non  solo, ma le divisioni promesse non saranno 11 e le poche arrivate si attesteranno oltre il Mincio. Gli Stati Uniti entrati un guerra il 6 aprile del 1917,  ci manderanno un solo reggimento. Astuti!
Epitome della guerra italiana è il passaggio del Piave. Sera del 26 ottobre 1918: “Appena fu notte, cominciarono le operazioni sulla fronte delle armate schierate lungo il fiume, fra Pederobba e Le Grave. La 12ª e l’8ª armata potevano agire per sorpresa; la 10ª, avendo già sfruttato la sorpresa, doveva passare di viva forza. Verso le ore 21 le truppe erano raccolte ai posti prestabiliti; ed i pontieri erano pronti. Cominciò subito il traghetto con le barche. Gli Austriaci tacevano, ed il rumore delle barche sul terreno e dei carri era soffocato da quello della turbinosa piena del fiume. Essa ci rendeva un buon servizio, pur essendo in quel momento la nostra principale avversaria. La 12ª armata, dopo vari tentativi di gittamento del ponte, era riuscita a far passare al di là il 107° fanteria francese, i battaglioni alpini Bassano e Verona, nonché due compagnie mitragliatrici e due compagnie della brigata Messina (XII corpo d’armata – Di Giorgio). Ma tutti i lavori per gittare un ponte e tre passerelle furono distrutti dalla piena e dalla reazione nemica. Al mattino del 27 le truppe passate erano isolate al di là del fiume”.   Le tre battaglie del Piave (pagg. 174-175)  Così il Generale Enrico Caviglia, comandante l’VIII Armata, che condusse la manovra.
Da questo momento le truppe italiane proseguiranno in profondità riprendendo uno per uno tutti i centri occupati dal nemico. Il 3 novembre alle 15,15, i nostri primi reparti entrano a Trento.  Alle 16,30 dal caccia “Audace”, i bersaglieri sbarcano a Trieste. Sempre il 3 novembre, alle 18,20, i generali Badoglio e Webenau, a Villa Giusti, firmano l’armistizio. Questo atto stroncò la nostra avanzata verso Vienna. Nessuno, amici ed alleati, voleva che l’Italia andasse oltre.
Tuttavia, l’esperienza bellica modifica le coscienze e testimonia l’esaltazione della storia di  un popolo, ignaro, sino a quel momento, di quanto sapesse fare e sconosciuto a se stesso. I nostri giovani chiusero un’epoca e ne iniziarono un’altra. Diedero prova di virtù civiche prima ancora che militari. Si identificarono nello Stato Nazionale. Cianciare di “generazione perduta” significa negare noi stessi.
 
                                                                                                                               Michele D’Elia