lunedì 7 gennaio 2019

Il Piave: limite invalicato. II parte


10 novembre 1917. Cadorna e Conrad

Il Regio Esercito è definitivamente attestato sul Piave. Cadorna ha concluso la sua fondamentale manovra. Di lui, in questo momento, così scrive von Conrad: «… abbiamo trovato contro di noi uomini di ferro e un Capo di ferro» … «Siamo riusciti a rovesciare Cadorna e questo è forse il maggior vantaggio conseguito da tutta l’operazione» (in L’Esercito Italiano …, op. cit. vol. IV, Tomo 3° Narrazione, pag. 517)
Il nemico non passa il Piave.
29 novembre. Ludendorff chiede al Comando Supremo austro-ungarico, “se non fosse meglio rinunziare a un ulteriore attacco e porre termine all’azione comune offensiva sulla linea del Piave, favorevole a difensiva, addivenendo tutt’al più in precedenza a miglioramenti delle posizioni dell’ala destra e del centro dell’11ª Armata”. Ma, “La 1ª Armata italiana si era stabilita coll’ala orientale sulle Melette, gli attacchi di Conrad del novembre contro quel massiccio fallirono e l’avanzata di Krauss nella zona del Grappa si paralizzò, al pari dei tentativi di passaggio del Piave”. (dalla Relazione Ufficiale austriaca, in L’Esercito It. … vol. IV, Tomo 3°, Roma 1967, pagg. 528-
529) Caparbiamente ma inutilmente, Conrad persiste negli attacchi
sino all’11 dicembre.

Breve antologia di un’altra Caporetto
24 ottobre.
Diario del I C. d’A. tedesco: «l’altura dominante lo Jeza fu difesa dagli Italiani con straordinaria tenacia».
Diario della 200ª Div. tedesca: «il 3° reggimento Jäger si impadronisce senza gravi perdite della cima 929 di M. Jeza, ancora energicamente tenuta dal nemico. Deve, però, sgomberare temporaneamente di fronte a contrattacchi. Ma dopo mezzanotte l’occupa saldamente». Vedi la Nota n.° 36, pag. 275 e segg. in L’Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), vol. IV, Le operazioni del 1917 - Tomo 3°, Gli avvenimenti dall’ottobre al dicembre, Narrazione, Ministero della Difesa Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Roma 1967.

Sempre il 24 ottobre. Beffa.
Nella stessa giornata il generale Villani ed il comandante dell’artiglieria della sua 19ª Div., furono catturati da una pattuglia nemica; ma “sfruttando l’oscurità (oltre le ore 19) ed una esitazione del nemico, il comandante della Divisione ed il suo seguito riuscirono a sottrarsi alla cattura, dileguandosi”. (cfr. Nota 37, pag. 275, cit. Narrazione)
26 ottobre 1917. Siamo a cavallo dell’Isonzo. Tra il Globocak e l’Isonzo, vi sono schierati la brigata ‘Treviso’ e la brigata ‘Palermo’, XXIV Corpo (E. Caviglia, La dodicesima battaglia- Caporetto, Ed. A. Mondadori, XI-1933-XII, pag 171) Nella Nota 1, stessa pagina, precisa Caviglia: Il comandante della brigata Palermo, generale De Negri, di Novi Ligure, si lagnò nella sua relazione che la sua brigata non fu bene impiegata. Egli non aveva torto. Ma nelle rapide alternative della battaglia il comandante del XXIV corpo doveva cercare di turare le falle, di mano in mano che si producevano, per salvare le divisioni che si trovavano al di là dell’Isonzo. Doveva necessariamente sacrificare l’unità della bella brigata di De Negri. Questo valoroso generale era ammirevole. Il giorno 26 riunì la sua brigata sul Korada, la passò in rivista, la incamminò verso il Torre, ed i reggimenti gli resero gli onori come in
piazza d’armi. Il comandante del corpo d’armata gli espresse la sua fervida ammirazione.
27 ottobre 1917. “Alla sera del 27 ottobre compiuto il ripiegamento dei corpi d’armata di riva sinistra, la brigata Venezia si ritirò sulla destra dell’Isonzo, facendo saltare i ponti di Plava. Quando i suoi due reggimenti furono raccolti a Verhovlje, il comandante del XXIVcorpo abbracciò il comandante della brigata, generale Righini, in presenza delle truppe e del comandante della divisione, generale Mangiarotti. I due reggimenti si misero poi in marcia, sfilando davanti ai due generali e resero gli onori come se fossero in piazza d’armi. Analogamentele truppe della brigata Palermo sul rovescio del Korada avevano reso gli onori al loro comandante, generale De Negri, nella mattina del 27, iniziando la loro ritirata verso il Torre. Ultima a lasciare il Korada a notte fatta, in perfetto ordine, fu la brigata Livorno (De Marinis), dopo d’aver protetto la ritirata della divisione bersaglieri, la quale aveva ricevutol’ordine di ripiegamento dal comandante del XXIV corpo”. (E. Caviglia, La Dodicesima …, op. cit. pag. 191)
I nostri soldati non sono e non si sentono fuggiaschi davanti al nemico. Essi sfilano in parata non solo davanti ai propri comandanti, ma anche e soprattutto dinanzi alle ombre dei loro Compagni caduti.
Dopo la sconfitta di Caporetto i generali Giovanni Villani e Gustavo Rubin de Cervin si suicidano.
Dal 23 ottobre al 9 novembre 1917 furono concesse 15 Medaglie d’Oro al Valor Militare.
(in L’Esercito Italiano. … vol. 4°, Tomo 3°, Roma 1967, pag. 55)

31 ottobre 1917. Alba a Pozzuolo del Friuli.
‘Genova Cavalleria’ e la brigata ‘Bergamo’ hanno passato il Tagliamento, il 4° squadrone di ‘Genova Cavalleria’ deve difendere la retroguardia della 3ªArmata. Il nemico va caricato per guadagnare anche un solo minuto. Il 4° squadrone di ‘Genova’ avanza, diretto verso Pozzuolo, dove lo scontro avviene casa per casa ed è solo verso le 19 che il centro abitato “valorosamente difeso veniva conquistato”: così il generale Krafft von Dellmensigen, Capo di Stato Maggiore della 14ª Armata germanica, nelle sue Memorie Der Durchbruch am Isonzo: «Presso Pozzuolo si era impegnato violentissimo combattimento che si protrasse per tutto il pomeriggio … Solo verso le ore 19 il paese, valorosamente difeso [tapfer verteigt], veniva conquistato …» (in Philippe Rostan, L’Europa in pericolo: Caporetto 1917, pag. 242-243). Dello stesso tono è la relazione del Comando della 10ª brigata alpina austriaca: “L’avversario … oppose una resistenza estremamente tenace di modo che i nostri reparti possono avanzare soltanto a passo a passo, da casa a casa, combattendo col calcio del fucile, con granate a mano e alla baionetta …”. (Rostan, op. cit. pag. 243) La stessa relazione evidenzia l’intervento aggressivo della nostra cavalleria sulla sinistra della brigata, e ben “cinque cariche mosse da uno o due squadroni”.
Il sottotenente Eberhard del 22° fanteria germanico, così fotografa uno degli episodi, nella lettera del 20 novembre 1917: “Mi lancio nel cortile della casa vicina, seguito dal sottotenente Babel comandante la 1ª Compagnia e da due
soldati … È una questione di secondi. Arrivano a spron battuto. Quello in testa dev’essere un ufficiale! Le redini infilate nel braccio, nella destra la sciabola, nella sinistra la pistola, egli grida: “Viva l’Italia! Viva il Re!”. Un capo
brillante! Lo vedo saltare una mitragliatrice, attraverso la barricata. A cinque o dieci metri dietro di lui lo seguono circa dieci cavalieri. Io grido agli uomini a me vicini: “Fuoco! Fuoco!”. Tutti sono come sbalorditi! Babel estraela pistola, il colpo non parte. Un lanciere colpisce di lanciail caporale Rössel, che riceve anche una sciabolata sulla testa. Finalmente il primo colpo di fucile. Ora spara anche il secondo dei due uomini. I cavalieri si curvano sulle selle,fanno dietro-front, cadono, gridano. La mitragliatrice che era stata saltata dall’ufficiale italiano è nuovamente in azione. Knappik la solleva e tenendola imbracciata come un fucile spara da solo.: Ra-ta-ta-ta. La bella cavalleria è
distrutta”. (4)
Il fratello del gen. von Below, a colloquio con lord Cavan definisce “magnifica” la condotta della cavalleria italiana che ”ritardò sensibilmente l’avanzata degli imperiali”.(La Nuova Antologia, 1° gennaio 1928, in Rostan, L’Europa … op cit. pag.244)

Il Generale Krafft von Dellmensingen: 1) “… noi già durante gli avvenimenti avevamo capito che solo la grande decisione della ritirata al Piave e la sua regolare esecuzione avevano salvato l’Italia”.(in L’Esercito Italiano … vol. IV, Tomo 3° Narrazione, pag. 54)
2) Il Grappa. “Così si arrestò a poca distanza dal suo obiettivo, l’offensiva tanto ricca di speranza, ed il Grappa diventò il «Monte Sacro» degli Italiani. Di averlo conservato contro gli eroici sforzi delle migliori truppe dell’esercito austro-ungarico e di loro camerati tedeschi,
essi, con ragione, possono andare superbi”. (5)
Il generale Konopicky, Capo di S. M. dell’Arciduca Eugenio, dichiara: “Sembrava assolutamente impossibile che un Esercito, dopo una così enorme catastrofe com’era stata quella di Caporetto, avesse potuto riprendersi così rapidamente”. (L’Esercito Italiano … op cit. pag. 54) Hindenburg, ammette: “ il nostro tentativo per conquistare le alture dominanti il bassopiano dell’Italia Settentrionale e far cadere così anche la resistenza nemica sulla fronte del Piave, fallì.
Dovetti convincermi che le nostre forze non bastavano più ad attuare tale compito. L’operazione era ormai arrestata: la tenacissima volontà del Comando in quella zona, e delle truppe dipendenti, dovettero abbassare le armi di fronte a tale realtà”. (L’Esercito Italiano l’op. IV cit., pag. 54

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