Nel settembre 1918 un flagello
si abbatte sulle popolazioni stremate da cinque anni di guerra: la Febbre
Spagnola. Questa emergenza sanitaria, sino ad oggi, rimane la più grande
pandemia della storia. Essa, classificata oggi come “influenza”, in pochi
mesi,causò più morti della Grande Guerra stessa. Sono ancora incerte le cause
di questa pandemia: è documentato che i primi casi influenzali comparvero in
primavera presso il centro di reclutamento ed addestramento truppe americane
“Camp Riley”, nel Kansas. Le autorità sanitarie sottovalutarono il problema.
Nel settembre dello stesso anno una epidemia molto più intensa si verificò
presso i campi di addestramento della East Cost, dai quali partivano le truppe
per l’Europa. Nel nostro continente il conflitto si era ormai trasformato in
guerra di trincea ed i militari, di qualunque parte belligerante, vivevano a
stretto contatto, in condizioni igieniche precarie. I soldati erano ammassati
in trincee fangose, infestate da topi ed insetti. Gli ammalati ed i feriti
portati nelle retrovie, i militari addetti alla logistica, i soldati inviati in
licenza rappresentarono pericolosi veicoli di trasmissione e diffusione della
malattia anche alla popolazione civile. In poche settimane dalla Francia il contagio
si diffuse alle altre nazioni, comprese quelle neutrali. In Italia i primi casi
della pandemia febbrile si verificarono nel settembre 1918 in Emilia, nel
Reggiano, ove erano di stanza gli Ospedali Militari diretti dal Tenente
Colonnello Medico Francesco Astengo. In breve il contagio si diffuse anche a
Milano. In questa città, anch’essa sede di importante Ospedale Militare
Principale, in 180 giorni si registrarono approssimativamente 10.000 casi di
febbre influenzale, con picchi di mortalità del 34 per mille. Vittime preferite
dal morbo erano i soggetti maschili nelle truppe. Nell’ambito civile erano al
contrario più colpite le donne, la maggior parte delle quali era addette alla
assistenza dei malati ed agli approvvigionamenti. Più colpiti erano i soggetti
giovani e quelli già affetti da patologie polmonari. Le Autorità Sanitarie di
tutti i paesi belligeranti sottovalutarono il problema, sia per le scarse
conoscenze scientifiche, sia per la censura dei vari Governi che, in un periodo
di guerra, cercavano di nascondere la verità. Furono le Autorità Sanitarie
Spagnole, di un Paese neutrale, a divulgare per prime la notizia della
pandemia, e per questo motivo essa fu definita “Febbre Spagnola”. Questo
ritardo di comunicazione aggravò la diffusione della epidemia. Una volta
divulgatasi la notizia anche in Italia, le Autorità sanitarie emanarono
disposizioni sanitarie e suggerimenti di comportamento anche per la popolazione
civile. Vennero imposti diversi divieti: di visitare i malati ricoverati, di
riunirsi in adunate pubbliche, di fare cortei funebri. Furono somministrati
farmaci di vario tipo, ma tutto questo fu inutile. La realtà è che la classe
medica del tempo, non avendo conoscenze di virologia, era nella totale
impossibilità di gestire e contenere il diffondersi dell’epidemia. Dal punto di
vista clinico la malattia colpiva prevalentemente in modo grave l’età tra i
18-40 anni, mentre gli anziani erano in parte risparmiati. Questa particolarità
è stata attribuita di recente al fatto che molte delle persone più anziane
avevano sviluppato una risposta immunitaria in passato. In particolare il
maggior numero di questi soggetti era sopravvissuta ad un’altra epidemia
influenzale, di minore portata verificatasi tra il 1889-1890. L’esordio con
febbre elevata era seguito, dopo pochi giorni, da polmonite massiva e cianosi;
a questo punto subentrava una insufficienza respiratoria che portava quasi
sempre al decesso. Pressocché inesistente la terapia farmacologica, che si
basava sui soli farmaci disponibili all’epoca, quali acido acetilsalicilico,
Sali di bismuto, iodoformio, olio di ricino. I
pazienti che superavano i primi giorni, andavano incontro quasi sicuramente a
guarigione spontanea. Nel 1919, improvvisamente la pandemia influenzale si
attenuò e si arrestò spontaneamente. Vennero globalmente censiti approssimativamente
21 milioni di ammalati di febbre spagnola. Studi di revisione epidemiologica
più recenti sono propensi a sostenere che il numero dei pazienti colpiti
raggiunse anche i 100 milioni. Data l’emergenza del momento, all’epoca non
vennero adeguatamente accertate la cause dei decessi ed i dati furono
sicuramente sottostimati. Limitatamente all’Italia furono censiti
approssimativamente 700 000 decessi per cause dirette legate all’influenza dal
settembre 1918 ai primi mesi del 1919. Il loro numero in un periodo così breve,
è nettamente superiore ai 660 000 morti per cause belliche dal 1915 al 1918.
Claudio Maria Cumetti Medico, U.N.U.C.I., Milano
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