domenica 7 febbraio 2016

LA TRASFORMAZIONE DELLA GRANDE GUERRA

di Massimo De Leonardis

Nel 1914 l'Europa era la «cittadella orgogliosa» all'apogeo del potere mondiale: controllava il 60% dei territori, il 65% degli abitanti, il 57% della produzione di acciaio, il 57% del commercio. Era consapevole e orgogliosa della sua missione civilizzatrice, della quale era parte rilevante l'opera delle missioni cattoliche, sostenute anche da governi laicisti come quello francese, sia pure per meri fini di prestigio e influenza politica. Tutto ciò fu distrutto con il «suicidio dell'Europa civile», come fin dal 1916 il Papa Benedetto XV definì la guerra, riprendendo poi l'espressione nella famosa nota dei l' agosto 1917 che conteneva anche l'altra più conosciuta, «inutile strage».

Causa scatenante della crisi fu l'assassinio a Sarajevo il 28 giugno 1914 da parte dei rivoluzionario bosniaco Gavrilo Princip, la cui mano fu armata da circoli dirigenti serbi, dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono Austro-ungarico, fautore di progetti di riorganizzazione dell'impero che avrebbe consolidato la fedeltà alla dinastia degli slavi del sud, tarpando le ali alla Serbia, che voleva invece essere il «Piemonte dei Balcani». Il 23 luglio Vienna inviò un ultimatum a Belgrado chiedendo una severa inchiesta e la punizione dei colpevoli. Ciò mise in moto un meccanismo diplomatico e militare che in poco più di dieci giorni precipitò nella guerra gran parte dell'Europa. Ciascun Paese ritenne fosse in gioco un proprio vitale interesse nazionale:

1. L'Austria-Ungheria non poteva perdere l'occasione di regolare i conti con la Serbia, che si poneva come punto di riferimento per gli slavi del sud all'interno dell'impero.
2. La Russia, protettrice della Serbia, non poteva lasciare campo libero nei Balcani alla sua rivale Austria-Ungheria.
3. La Francia non poteva abbandonare la sua alleata Russia, perdendo così l'occasione di riconquistare Alsazia-Lorena.
4. La Germania doveva appoggiare la sua unica alleata sicura, l'Austria-Ungheria, sperando anche che dichiararle il suo appoggio potesse servire a localizzare il conflitto.
5. La Gran Bretagna intervenne perché riteneva che la potenza dell'impero Tedesco stesse alterando l'equilibrio europeo, al quale era da almeno due secoli attenta; l'intervento britannico fu facilitato dalla violazione tedesca della neutralità del Belgio, necessaria per attuare il "piano Schlieffen".

Rimase inizialmente fuori dei conflitto l'Italia, pur alleata di Vienna e Berlino; rovesciando tale posizione entrerà in guerra nel 1915 al fianco di Francia, Gran Bretagna e Russia, dopo aver valutato i compensi che la Triplice Intesa e la Triplice Alleanza sarebbero state disposte a prometterle per ottenerne rispettivamente l'entrata in guerra al loro fianco o la continuazione della neutralità. Come ebbe a dire il 18 ottobre 1914 il presidente dei Consiglio Salandra, assumendo l'interim dei ministero degli affari esteri dopo la morte del titolare Marchese di San Giuliano il supremo criterio ispiratore dei suo governo era il «sacro egoismo per l'Italia».

I vari Paesi si aspettavano una guerra breve, che non provocasse sconvolgimenti politici e sociali, come era stato per le guerre post-napoleoniche; inoltre essendo venuto meno da secoli il riconoscimento del supremo Magistero pontificio, non ci si poneva più la questione della liceità di una guerra. E evidente quindi che la Prima Guerra Mondiale scoppiò per ragioni classiche di politica di potenza. La diplomazia segreta di guerra, come gli accordi tra le potenze dell'intesa relativi agli Stretti ed al Vicino e Medio Oriente, spartito in zone d'influenza tra Gran Bretagna e Francia, rivela chiaramente le ambizioni imperialiste dei contendenti. Difficile trovare una contrapposizione ideologica tra autoritarismo e democrazia, in una contesa che vedeva la Russia zarista come pilastro della Triplice Intesa. Il progredire del conflitto, la necessità di giustificare con ragioni più nobili i sacrifici richiesti alle popolazioni e di motivare, come richiesto dagli Stati Uniti, gli "scopi di guerra" pubblici, la caduta dello Zar fecero sì che alla fine la propaganda dell'intesa presentasse il conflitto come una lotta tra le democrazie e gli Imperi autoritari, una lotta per le nazionalità "oppresse", contro il multinazionale Impero asburgico.

Da non sottovalutare poi la direttiva ideologica cara alla Massoneria internazionale: il risultato del conflitto doveva innanzi tutto essere la "repubblicanizzazione" dell'Europa e soprattutto l'abbattimento dell'unica Grande potenza cattolica, l'Impero asburgico. Come scrive lo storico ungherese François Fejtó, l'Austria-Ungheria, incarnava insieme monarchia e cattolicesimo [ ... ] il grande disegno [ ... ] era di estirpare dall'Europa le ultime vestigia deli clericalismo e del monarchismo». «La monarchia, la nostra monarchia, è fondata sulla religiosità [ ... 1 il nostro Imperatore è un fratello temporale del Papa, è Sua Imperiale e Regia Maestà Apostolica, nessun altro è apostolico come lui, nessun'altra Maestà in Europa dipende a tal punto dalla grazia di Dio e dalla fede dei popoli nella grazia di Dio». Così il polacco Conte Chojnicki parla al Barone von Trotta nel famoso romanzo La Marcia di Radetzky di Joseph Roth. Il Congresso Internazionale Massonico dei Paesi Alleati e Neutrali, riunito a Parigi il 28, 29 e 30 giugno 1917, inserì tra le sue risoluzioni le rivendicazioni italiane, cecoslovacche e jugoslave, che, avendo come fine la distruzione della Monarchia, furono inviate ai Governi alleati e neutrali. André Lebey, relatore del Congresso, condannò l'Austria-Ungheria, colpevole, a suo dire, di tenere legate a sé, con la forza, diverse nazioni.

Di lì a poco, la Germania prese la decisione cinica e di corte vedute di inviare Lenin in Russia, allo scopo di farla uscire dalla guerra, che il governo borghese nato dalla rivoluzione di febbraio intendeva invece continuare. La Russia si ritirò dal conflitto, ma furono poste le basi per la creazione del primo Stato comunista. Nello stesso anno entrarono in guerra dalla parte dell'intesa gli Stati Uniti, portatori di un programma di sovvertimento del tradizionale ordine internazionale e di ostilità alle monarchie. Sempre nel 1917, vero anno chiave della guerra, l'intesa pose o completò le basi dei tuttora insolubile problema del Medio Oriente, dividendosi in zone d'influenza tale area, ma allo stesso tempo da un lato fomentando la rivolta araba dall'altro promettendo agli Ebrei un "focolare nazionale".

La ricordata iniziativa di pace dei Papa del 10 agosto cadde nel vuoto, poiché mancavano le condizioni minime necessarie per una pace di compromesso. Dopo le immani perdite provocate dalle inconcludenti offensive degli anni precedenti, era difficile constatarne l'inutilità rinunciando ad una vittoria totale. Dal lato degli Imperi Centrali, la Germania non era disposta nemmeno alla restaurazione della piena sovranità dei Belgio ed alla restituzione dell'Alsazia e della Lorena alla Francia. Dalla parte dell'intesa, nei 1917 la Gran Bretagna era ancora eventualmente disposta a negoziare con l'Austria-Ungheria, ma non con la Germania, della quale voleva distruggere la potenza. Nel 1917 la guerra stava poi assumendo un carattere ideologico che escludeva soluzioni negoziate: la Massoneria internazionale voleva la distruzione dell'Austria-Ungheria e il Presidente Wilson pose le premesse di quella che oggi si chiama la guerra di regime change, rifiutando nell'ottobre 1918 di negoziare un armistizio con i governi imperiali di Berlino e Vienna. Comunque nessuno dei belligeranti, soprattutto dalla parte dell'intesa, era disposto a riconoscere al Papa un ruolo nel porre fine alla strage; con il Patto di Londra l'Italia aveva ottenuto dai suoi alleati che la Santa Sede fosse esclusa da qualunque voce in capitolo riguardo a negoziati di pace. In effetti, a tutti coloro che vinsero, o meglio credettero di aver vinto, la guerra apparve per nulla «inutile».


Come altri grandi avvenimenti della storia, si pensi alla Rivoluzione Francese, la Grande Guerra iniziò senza un esplicito programma rivoluzionario, che però si impose in corso d'opera. Il risultato fu una trasformazione radicale dell'assetto geopolitico dell'Europa: la scomparsa di tre Imperi (Austro-Ungarico, Russo e Tedesco), sulle cui ceneri si sarebbero installati i totalitarismi comunista e nazista, ponendo le premesse della Seconda Guerra Mondiale.

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