La notizia della morte del Nostro Sovrano è giunta inattesa
nelle nostre case anche se da tempo sapevamo che questo triste momento si stava
avvicinando. Sabato 19 marzo io ed altri giovani universitari ci siamo recati
nella sede romana dell'UMI per ritirare i manifesti da affiggere in Toscana. A
Roma ci siamo trovati di fronte ad un cordoglio che ha, oscurato tutte le
faziosità repubblicane; tutti volevano esprimere il loro dolore e lo hanno fatto
nel modo migliore, ricordando cioè il nostro Re come l'ultimo gentiluomo italiano.
Nel dolore dunque, a Roma, Firenze, a Torino e dovunque c'è una sede deII'UMI e
del FMG (quanta importanza hanno queste sedi che dovrebbero esistere almeno in ogni
provincia italiana!) abbiamo ritrovato quella concordia che è sempre mancata ai
monarchici italiani; abbiamo capito che una pagina di storia si è chiusa ma che
se ne apre ogdi un'altra affidata a tutti i monarchici democratici. La
faziosità con cui siamo stati trattati, le menzogne che sono state scritte sono
state sconfessate dal popolo italiano e vi assicuro da migliaia di giovani che
sono in cerca di valori e che hanno trovato nella Monarchia la soluzione ai
problemi e all'angoscia del consumismo.
La nostra fatica fisica è finita ad Hautecombe dove ci siamo
recati provenendo da tutta Italia, dopo aver affrontato un viaggio massacrante
ma che avremmo fatto anche a piedi; non certo per fanatismo però, ma per amore della
giustizia, della verità e per ritrovare un po di Italia vera e vi assicuro che
l'abbiamo non ritrovata ma scoperta.
Noi di Firenze siamo partiti per Hautecombe alle 24 di
mercoledì 23 marzo, con un pullman organizzato dall'UMI e FMG di Firenze (molti
altri vi si sono recati in macchina) ed eravamo 53 di cui 11 studenti
universitari. In un clima di grande amicizia abbiamo passato la notte insonni
per l'agitazione del momento, ma anche per l'amarezza nei confronti di questa
repubblica che non ha voluto trasmettere in diretta la telecronaca del funerale
e che dopo 2000 anni ha chiuso il Pantheon di Roma per paura di una
manifestazione dei monarchici romani e di quanti volevano partecipare almeno
con il pensiero alla morte di un Grande Re.
Giunti ad Hautcombe alle 10,30 abbiamo fatto subito
conoscenza con il boicottaggio dei francesi che hanno fatto di tutto per farci
perdere tempo e frapporci ostacoli. Un pullman navetta ci ha portato vicino
all'Abbazia dove già centinaia di italiani erano raccolti in preghiera ed in
devozione. L'Abbazia sulle sponde di un bellissimo lago, raccoglie le salme di
Conti e Duchi di Savoia e quella di Re Carlo Felice. Tutta l'Italia piano piano
giungeva (soprattutto, per motivi logistici, l'Italia settentrionale, più
vicina alla Francia) a rendere omaggio ad un Re, ma anche a riaffermare la
fedeltà alla Monarchia, che ogni giorno può vivere per mezzo del nostro
comportamento, anche in repubblica. Noi giovani abbiamo atteso dalle 12 alle 16
l'inizio della cerimonia, sventolando la vera bandiera italiana, e comunicandoci le nostre
esperienze cittadine. Il dolore si confondeva coll'euforia, e quando è apparso
il feretro di Sua Maestà, preceduto da tutti i monaci dell'Abbazia abbiamo
chinato le nostre bandiere davanti a chi ha fatto della sua generosità l'unica
bandiera di tutta la vita. Nello stesso momento, però, nel quale sono apparsi
S.A.R. Vittorio Emanuele, il Principe Emanuele Filibero, il Duca Amedeo d'Aosta
e il Duca delle Puglie Aimone, non ci siamo più contenuti e con tutto il fiato
abbiamo gridato W il Re, Savoia, Monarchia; tanto che il piazzale ha risuonato
delle nostre grida, mentre migliaia di persone erano nel piazzale antistante e
cercavano di capire cosa stava succedendo. Le nostre grida sono state l'ultimo
saluto al Re Umberto II, non quelle di un manipolo di nostalgici (come veniamo
definiti in maniera offensiva dalla stampa) dato che saremmo stati proprio
pazzi per ritrovarci a migliaia, trascurando studio e lavoro, soltanto perché
frustrati politicamente. La nostra non è nostalgia perché siamo vissuti in repubblica;
la nostra è la fiducia in un ideale e la manifestazione di questo è una
attestazione di fedeltà a una famiglia, i Savoia, è l'avvertimento allo stato
italiano, che non staremo più chiusi nelle nostre sedi, non ci lasceremo
convincere di una nostra inferiorità presupposta, ma difenderemo con ogni mezzo
democratico questo spazio che il paese reale vuole che abbiamo. Non ci importa
che nessuno abbia parlato di noi, della nostra presenza, ma si sia parlato solo
di pochi nostalgici ormai vicini alla morte. Noi amiamo e rispettiamo i nostri
anziani, perché sono le nostre guide, rispettiamo le loro idee ma ne abbiamo di
proprie, e l'amicizia che cerchiamo fra di noi cementa il nostro rapporto che
non è altro che il riflesso della solidarietà che esiste nella Monarchia
popolare fra Re e popolo.
La porta dell'Abbazia di Hautcombe si è chiusa per la
celebrazione dell'ufficio religioso e le prime gocce di una pioggia incessante
sono cominciate a cadere. Noi abbiamo cercato di assistere alla cerimonia riparandoci
dall'acqua, mentre decine di pullman continuavano a portare persone che avevano
affrontato viaggi stressanti per essere fermati a molti chilometri di distanza
dall'abbazia dai gendarmi francesi, chiaramente amici del governo italiano,
l'unico che non ha mandato una rappresentanza ufficiale al funerale. Questo è
dunque ciò che si merita chi vive servendo umilmente la Patria, e rispettando
leggi che hanno cancellato quelle della propria Famiglia che ha unificato
l'Italia. La giornata è finita con il nostro omaggio alla famiglia Reale, che
ci ha ricevuti vicino all'altare e alla Salma, e per tutti ci sono state parole
di incoraggiamento, ringraziamento e commozione. Infine siamo ripartiti a
piedi, sotto la pioggia, compiendo chilometri di marcia per raggiungere i
nostri pullman; da lontano si vedeva una fila interminabile di esuli, per un
solo giorno, vecchi, bambini, e giovani felici per aver capito che solo
l'esilio ha vinto la meschina battaglia di deputati e sottosegretari. Il nostro
paese ufficiale ci ha derisi o ignorati ma il popolo non ci ha dimenticati, e
questo è ciò che più conta. L'ultimo avvertimento per chi non ha voluto
ascoltare un appello umanitario e non ha rispettato la volontà di un popolo è
venuto quando la porta dell'Abbazia si è chiusa per accogliere per sempre la
salma di un uomo ma ne ha lasciati fuori migliaia, e molti di più in Italia,
che da ora in poi sono pronti la lavorare seriamente per l'avvenire di una
istituzione che ha innegabilmente le radici nell'animo dell'uomo. La nostra volontà
non accetterà più promesse o interessi elettoralistici. Qualcuno in passato
voleva fare del Parlamento italiano un accampamento per i suoi soldati, noi
vogliamo renderlo un luogo più sano, umano e pluralista.
I monarchici ricominciano.
E' morto il Re, viva il Re.
Francesco CARPANELLI
aprile 1983
aprile 1983