sabato 16 novembre 2013

Vittorio Emanuele III di fronte alla storia.

Convegno nazionale di studi storici organizzato da 


Nuove Sintesi

Trimestrale di cultura e politica 

Direttore Michele D'Elia





Sabato 30 novembre 2013

Palazzoo isimbardi, Sala degli affreschi, ore 15.00

Corso Monforte 35, Milano (M1 San Babila)



PROGRAMMA

Saluti istituzionali
Bruno Dapei,  Presidente del Consiglio Provinciale di Milano

Interventi

Michele D'Elia, Direttore responsabile di "Nuove Sintesi" 

Vittorio Emanuele III, Cittadino e Re


Donatella Bolech, Università di Pavia

Vittorio Emanuele III e la politica estera


Roberta Cipriani, Università di Roma Tre

Sviluppi della sociologia italiana nella prima metà del XX secolo


Salvatore Genovese,  Docente di Disegno e Storie dell’Arte Liceo  “Vittorio Veneto”,  Milano

Le arti durante il Regno di Vittorio Emanuele III


Giorgio Guartì, Giornalista e scrittore, Milano

L'informazione al tempo di Vittorio Emanuele III


Giampiero Goffi, Giornalista di La Provincia, Cremona
La politica ecclesiastica di Vittorio Emanuele III


Marco Cuzzzi, Università degli studi Milano
La Massoneria italiana nell'ultima fase dello Stato Liberale (1993 - 1925)


 Lamberto Laureti,  Università degli studi Pavia
Scienza e tecnica nel tempo di Vittorio Emanuele III

Giovanna Bardone, già insegnante , Pavia
Testimonianze


Seguirà dibattito


martedì 5 febbraio 2013

Manigoldi e tirapiedi



Chi ci mette un laccio al collo e chi dà una mano al boia

Piegiulio Sodano

Il panorama economico e politico mondiale (ed in particolare quello del mondo occidentale) appare, nelle prospettazioni dei mass-media, disastroso: ma una lettura più attenta delle informazioni e l'analisi dei dati reali, rilevabili da pubblicazioni specializzate, induce a ritenere eufemistica l'immagine della situazione proposta da radio, televisione e giornali, sulla base, rispettata rigorosamente, del "pensiero unico", della Finzione dei "neoliberalismo" della efficienza salvifica dei mercato: il mercato. in realtà. così come teorizzato da Adamo Smith, non esiste più.

Le grandi Banche e non i singoli privati risparmiatori (che, per operare, debbono comunque affidarsi a Istituti finanziari) decidono, in base a proprie politiche, se comprare o vendere azioni o titoli di Stato e, quindi, data l'entità di questi interventi, se far salire o scendere il loro valore e la fiducia dei "risparmiatori- nei confronti delle imprese quotate in borsa o degli stessi Stati: risparmiatori e speculatori si identificano dunque nel mercato reale.

Le agenzie di 'reting' si limitano a sostenere le decisioni dei propri soci, emanazione sempre delle stesse finanziarie con scarsa attenzione a valutazioni ed a parametri obiettivi, come è stato regolarmente verificato a posteriori: del resto. le previsoni degli economisti subiscono variazioni quotidiane ed appaiono chiaramente suggestionate da interessi di parte. I produttori di petrolio o quelli di derrate agricole e di alimentari. di fatto coordinati ed in base ad accordi preventivi, fanno affluire le quantità di merci che ritengono più vantaggiose indipendentemente dalla produzione reale; le ditte farmaceutiche o manifatturiere spesso tolgono dal commercio propri prodotti di successo per sostituirli con altri che affermano essere più efficienti e moderni ma che, generalmente, sono solo più cari di quelli obsoleti.
La legge della domanda e dell'offerta viene così manipolata facilmente dalle grandi multinazionali dominanti: tutto ciò. per tacere dell'influenza della pubblicità e della distribuzione sugli acquisti. In definitiva, la concorrenza si limita alle strategie dei pesci più grossi per divorarsi i pesci più piccoli. impadronendosi dei loro spazi vitali: sotto questo aspetto. la crisi sembra fatta apposta per favorire quelli che hanno le spalle coperte da uno Stato generoso di soldi pubblici rispetto a chi deve invece affrontare il confronto privo di sponsor adeguati; confronto che è quindi destinato a risolversi nel monopolio dei vincitore (o dei cartello dei vincitori), a conclusione di una fase di cannibalismo reciproco. Ovviamente, nel gioco intervengono o lo subiscono le imprese multinazionali e le stesse nazioni formalmente sovrane. Come è stato illustrato efficacemente da esperti indipendenti internazionali (vedi, fra tutti, Loretta Napoleoni Il Contagio" Rizzoli) lo strumento utilizzato per raggiungere questi risultati è costituito dalle agenzie e dalle organizzazioni internazionali, composte da 'tecnici' e da 'esperti', tutti cooptati e provenienti dalle società finanziarie, industriali, commerciali e via dicendo, specificatamente interessate al settore: l'economia mondiale è, dunque, gestita di fatto da istituzioni il cui management non è certamente stato scelto democraticamente, ma è delegato da soggetti, il cui personale dirigente è a sua volta cooptato in funzione degli interessi che rappresenta. I risultati storici sono chiari: la Russia di Eltsin, l'Argentina, il Brasile, l'Islanda sono precipitati in un baratro per essersi scrupolosamente attenuti alle prescrizioni della Banca Mondiale e delle altre organizzazioni internazionali e ne sono poi usciti solo disattendendo a tali prescrizioni, che, invece, ora, viene chiesto di attuare a soggetti deboli quali Italia, Grecia, Spagna: un paese in ginocchio è, in effetti, un luogo ideale per chi intende fare shopping a prezzi di saldo delle sue eccellenze; la Fiat ormai se ne è andata e vediamo chi verrà a prendersi gli altri PEZZI pregiati; a questo saccheggio, però, potranno essere interessate anche imprese dei paesi emergenti (oltre la Russia, Brasile, Indonesia, Cina, India, Australia, ecc.) movimentando finalmente la concorrenza.

Il principio proclamato e imposto (ai deboli) del pareggio del bilancio nazionale è disatteso proprio dalle nazioni più potenti, a cominciare dagli Stati Uniti, che vantano il più grande debito pubblico mondiale (finanziato soprattutto da Cina, Giappone e Paesi Arabi) e la stessa Germania si è affrettata a finanziare le proprie banche così come la Francia e l'Inghilterra.

In effetti, se uno Stato deve essere considerato come un'azienda, occorre ricordare che un'impresa alla quale sia vietato ricorrere al credito (obbligazioni o Banche) non avrebbe la possibilità non solo di investire e di aggiornarsi e progredire, ma neppure di sopravvivere alla concorrenza. Solo nazioni con scarsa popolazione possono ottenere uno stabile pareggio di Bilancio, che non ne pregiudichi l'efficienza e la capacità di progettazione (a condizione, sempre, che i cittadini paghino le tasse dovute o qualora dispongano di fonti alternative di redditi statali), così come solo aziende di nicchia possono sopravvivere esclusivamente con l'autofinanziamento.

Nella fase attuale, l'attacco è rivolto a beni comuni non ancora adeguatamente sfruttati, come per esempio sta avvenendo con l'applicazione di brevetti alle specie di prodotti agricoli: l'acqua è oggetto di attenzioni interessate di multinazionali, certamente non scoraggiatesi per la volontà popolare chiaramente manifestatasi, ma surrettiziamente favorite da provvedimenti governativi, presentati come di ordine 'tecnico'(cfr. Marco Manuti "Fuori i mercanti dall'acqua" Ed. M.C.).

Chi abbia la pazienza di consultare qualche recente annata di pubblicazioni, come il Calendario Geografico De Agostani, scoprirà che, negli ultimi lustri, i governi italiani si sono diligentemente dedicati a partecipare ad ogni tipo di aggressione nei confronti di paesi dei quali siamo tra i principali partner commerciali (Serbia, Irak, Iran, Tunisia, Libia Egitto, Siria etc.) provocandone - o tentando di provocarne - l'instabilità politica e, quindi, l'inaffidabilità commerciale.

Sembra quasi che l'Italia aspiri ad infilare il collo nel cappio offertole dal manigoldo; quale tirapiedi provvederà poi a fare in modo che il nodo scorsoio si stringa in maniera efficace e definitiva a. Non e ancora comparso all'orizzonte. purtroppo, l'arciere in grado di recidere la corda con una precisa frecciata.

La politica intesa a favorire l'incremento degli occupati e l'ingresso dei giovani al lavoro, inoltre, in forza delle sottili strategie sulla flessibilità escogitate dai lavoristi, ha ottenuto il risultato di aumentare la disoccupazione, soprattutto giovanile e di deprimere il valore reale dei salari, che forse costituiva il vero obbiettivo. Gli interessati a spartirsi le spoglie del nostro Paese sono molti (alcuni non stanno meglio di noi), ed è ora davvero impossibile salvare l'Italia e non solo lei.

Allo stato delle cose, le considerazioni di cui sopra comportano conclusioni molto preoccupanti sul piano politico e istituzionale. La delega ad organismi tecnici non elettivi, di decisioni determinanti non per una sola nazione ma per le condizioni complessive economico-sociali, planetarie e locali; e per le libertà individuali e collettive è strategica ed è destinata a sottrarre al controllo delle popolazioni interessate le scelte che loro competono in forza di trattati, convenzioni, principii fondamentali da tutti o quasi proclamati.

L'intero mondo (finanziario, industriale ed economico), a partire ovviamente, per il nostro Paese, dai 'poteri forti', ha stabilito che il sistema in generale dei partiti. essendosi, orinai da tempo, costituitosi come soggetto parassitario, rivolto a difendere prima di tutto i propri interessi corporativi (anziché svolgere le funzioni attribuitegli di 'comitato d'affari della borghesia') è diventato troppo costoso ed inefficiente e deve quindi essere sostituito da manager non condizionati da esigenze elettorali o da problemi di clientele proprie.

La 'congrega' ha fatto di tutto per favorire il discredito dei quale è oggetto e che finisce per coinvolgere le stesse istituzioni. Nella Cina di 50 anni fa, il Presidente Mao anticipò la contromossa alla formazione di una 'nuova classe' tesa al consolidamento dei propri privilegi con la rivoluzione culturale, che certamente ha avuto costi elevati, ma che ha evitato al Paese di finire nel pantano, consentendogli poi di raggiungere gli attuali risultati (obbiettivo questo - mancato dal '68 occidentale).

Naturalmente, la soluzione non potrà essere definitiva ed attendiamo di vedere come gli attuali dirigenti cinesi affronteranno il problema nelle sue attuali forme dato che le nuove classi tendono sempre a riformarsi. Ci preoccupa ora di più sapere in che modo il mondo occidentale affronterà la crisi del parlamentarismo, visti i disastrosi risultati delle soluzioni adottate nel corso del 'secolo breve'. C'è chi ottimisticamente ripone grande fiducia nel fatto che effettivamente la gente cominci man mano a rendersi consapevole della situazione e che spontaneamente nascano movimenti, quali gli 'indignados', in grado di mobilitarsi e rendersi visibili; ma non bastano certamente le azioni spontanee e non coordinate né munite di un chiaro progetto comune e della strategia per attuarlo, a contrastare chi della strategia e del progetto dispone, così come degli strumenti economici e repressivi per imporlo.

martedì 1 gennaio 2013

La nostra classe politica

Scrive Gaetano Mosca:
" ... in tutte le società a cominciare da quelle più mediocremente sviluppate... sino alle più colte e più forti, esistono due classi di persone: quella dei governanti e l'altra dei governati... ciò che costituisce la vera superiorità della classe politica, come base di ricerche scientifiche, è l'importanza preponderante che la sua varia costituzione ha nel determinare il tipo politico ed anche il grado di civiltà dei diversi popoli".

Da noi questa risorsa non esiste più.
Il declino dell'Italia e della sua classe politica, degradatasi a 'casta', esplode con "mani pulite" e continua ancora oggi.
Sull'onda di raffazzonate pulizie di stagione, dopo i ladri di un tempo ne sono arrivati altri, più raffinati e muniti di strumenti come le leggi ad personam' che un parlamento, eletto di nome ma nominato di fatto, ha votato passivamente.
Gli artifizi burocratici tengono in vita il finanziamento pubblico dei partiti, abolito dal referendum popolare.
Le cronache ci informano in quali tasche finiscano i soldi dei contribuenti.
Gli affaristi della politica, mala genia di parassiti, spolpa l'Italia e la svende pezzo per pezzo.
Il nostro Paese, ormai terra di conquista per il capitale straniero, che compra a prezzi stracciati progetti e strutture ma soprattutto idee e cervelli, reagisce con l'antipolitica, vale a dire con il rifiuto di partecipare alla amministrazione della cosa pubblica.
I partiti come luogo di elaborazione dei pensiero politico e di formazione della classe dirigente e luogo di ideologie, invece di purificarsi, espellendo dal proprio corpo tossine e veleni, si sono suicidati.
Sulle loro ceneri è germinata e prospera una nutritaschiera di "nani e ballerine" senz'arte né parte nella nostra società; oscuri personaggi dietro i quali se ne celano - ma non troppo - altri, ben più pericolosi ed autoreferenti, come la stampa c'informa.
L'abolizione delle preferenze, gli eccessivi poteri dei sindaci e dei presidenti di provincia, la scientifica demolizione della scuola pubblica e la sua denigrazione costante negli ultimi decenni. Lo smantellamento della sanità pubblica, le liste civiche in un numero eccessivo, l’ubriacatura delle primarie e funghi velenosi come i rottamatori di professione, sono solo alcuni dei limiti dell'Italia contemporanea.
Scimmiottare Paesi e popoli diversi dal nostro, con strutture e costumi ben assorbiti dal corpo sociale, disorienta il cittadino e crea il vuoto in cui prosperano i saprofiti.
L'unica soluzione è questa: trovare la forza di ricostruire un apparato di partiti, facilmente riconoscibili da parte degli italiani, che hanno il diritto-dovere di scegliere chi deve guidarli e di punirli, quando occorra; il popolo può farlo solo con un voto consapevole.
Un governo di tecnici non è capace intrinsecamente di garantire questa espressione di libertà; la Corte dei Conti l'ha detto chiaramente.
A fronte di miseri risparmi che insistono sempre sulle stesse fasce sociali e sugli stessi ambiti, il Paese perde energie, competenze ed entusiasmi, ovvero competitività e fierezza. Un tale governo, lo dimostra la sua scriteriata politica di tagli, priva il Paese delle sue uniche risorse: intelligenza creativa ed esperienza di lavoro.
I tecnici favoriscono una burocrazia apicale, ottusa, che dovrebbe essere guidata dalla politica, poiché è suo il primato in qualunque nazione, che voglia progredire.
Liberare l'Italia dai falsi idoli è la nostra battaglia.
Note
(1) Gaetano Mosca, "La classe politica " cap. secondo pagg. 61-63 Universale Laterza Bari, 1996.