Chi ci mette un laccio al collo e chi dà
una mano al boia
Piegiulio Sodano
Il panorama economico e politico mondiale
(ed in particolare quello del mondo occidentale) appare, nelle prospettazioni
dei mass-media, disastroso: ma una lettura più attenta delle informazioni e
l'analisi dei dati reali, rilevabili da pubblicazioni specializzate, induce a
ritenere eufemistica l'immagine della situazione proposta da radio, televisione
e giornali, sulla base, rispettata rigorosamente, del "pensiero
unico", della Finzione dei "neoliberalismo" della efficienza
salvifica dei mercato: il mercato. in realtà. così come teorizzato da Adamo
Smith, non esiste più.
Le grandi Banche e non i singoli privati
risparmiatori (che, per operare, debbono comunque affidarsi a Istituti
finanziari) decidono, in base a proprie politiche, se comprare o vendere azioni
o titoli di Stato e, quindi, data l'entità di questi interventi, se far salire
o scendere il loro valore e la fiducia dei "risparmiatori- nei confronti
delle imprese quotate in borsa o degli stessi Stati: risparmiatori e
speculatori si identificano dunque nel mercato reale.
Le agenzie di 'reting' si limitano a
sostenere le decisioni dei propri soci, emanazione sempre delle stesse
finanziarie con scarsa attenzione a valutazioni ed a parametri obiettivi, come
è stato regolarmente verificato a posteriori: del resto. le previsoni degli
economisti subiscono variazioni quotidiane ed appaiono chiaramente
suggestionate da interessi di parte. I produttori di petrolio o quelli di
derrate agricole e di alimentari. di fatto coordinati ed in base ad accordi
preventivi, fanno affluire le quantità di merci che ritengono più vantaggiose
indipendentemente dalla produzione reale; le ditte farmaceutiche o
manifatturiere spesso tolgono dal commercio propri prodotti di successo per
sostituirli con altri che affermano essere più efficienti e moderni ma che,
generalmente, sono solo più cari di quelli obsoleti.
La legge della domanda e dell'offerta
viene così manipolata facilmente dalle grandi multinazionali dominanti: tutto
ciò. per tacere dell'influenza della pubblicità e della distribuzione sugli
acquisti. In definitiva, la concorrenza si limita alle strategie dei pesci più
grossi per divorarsi i pesci più piccoli. impadronendosi dei loro spazi vitali:
sotto questo aspetto. la crisi sembra fatta apposta per favorire quelli che
hanno le spalle coperte da uno Stato generoso di soldi pubblici rispetto a chi
deve invece affrontare il confronto privo di sponsor adeguati; confronto che è
quindi destinato a risolversi nel monopolio dei vincitore (o dei cartello dei
vincitori), a conclusione di una fase di cannibalismo reciproco. Ovviamente,
nel gioco intervengono o lo subiscono le imprese multinazionali e le stesse
nazioni formalmente sovrane. Come è stato illustrato efficacemente da esperti
indipendenti internazionali (vedi, fra tutti, Loretta Napoleoni Il
Contagio" Rizzoli) lo strumento utilizzato per raggiungere questi
risultati è costituito dalle agenzie e dalle organizzazioni internazionali,
composte da 'tecnici' e da 'esperti', tutti cooptati e provenienti dalle
società finanziarie, industriali, commerciali e via dicendo, specificatamente
interessate al settore: l'economia mondiale è, dunque, gestita di fatto da
istituzioni il cui management non è certamente stato scelto democraticamente,
ma è delegato da soggetti, il cui personale dirigente è a sua volta cooptato in
funzione degli interessi che rappresenta. I risultati storici sono chiari: la
Russia di Eltsin, l'Argentina, il Brasile, l'Islanda sono precipitati in un
baratro per essersi scrupolosamente attenuti alle prescrizioni della Banca
Mondiale e delle altre organizzazioni internazionali e ne sono poi usciti solo
disattendendo a tali prescrizioni, che, invece, ora, viene chiesto di attuare a
soggetti deboli quali Italia, Grecia, Spagna: un paese in ginocchio è, in
effetti, un luogo ideale per chi intende fare shopping a prezzi di saldo delle
sue eccellenze; la Fiat ormai se ne è andata e vediamo chi verrà a prendersi
gli altri PEZZI pregiati; a questo saccheggio, però, potranno essere
interessate anche imprese dei paesi emergenti (oltre la Russia, Brasile,
Indonesia, Cina, India, Australia, ecc.) movimentando finalmente la
concorrenza.
Il principio proclamato e imposto (ai
deboli) del pareggio del bilancio nazionale è disatteso proprio dalle nazioni
più potenti, a cominciare dagli Stati Uniti, che vantano il più grande debito
pubblico mondiale (finanziato soprattutto da Cina, Giappone e Paesi Arabi) e la
stessa Germania si è affrettata a finanziare le proprie banche così come la
Francia e l'Inghilterra.
In effetti, se uno Stato deve essere
considerato come un'azienda, occorre ricordare che un'impresa alla quale sia
vietato ricorrere al credito (obbligazioni o Banche) non avrebbe la possibilità
non solo di investire e di aggiornarsi e progredire, ma neppure di sopravvivere
alla concorrenza. Solo nazioni con scarsa popolazione possono ottenere uno
stabile pareggio di Bilancio, che non ne pregiudichi l'efficienza e la capacità
di progettazione (a condizione, sempre, che i cittadini paghino le tasse dovute
o qualora dispongano di fonti alternative di redditi statali), così come solo
aziende di nicchia possono sopravvivere esclusivamente con l'autofinanziamento.
Nella fase attuale, l'attacco è rivolto a
beni comuni non ancora adeguatamente sfruttati, come per esempio sta avvenendo con
l'applicazione di brevetti alle specie di prodotti agricoli: l'acqua è oggetto
di attenzioni interessate di multinazionali, certamente non scoraggiatesi per
la volontà popolare chiaramente manifestatasi, ma surrettiziamente favorite da
provvedimenti governativi, presentati come di ordine 'tecnico'(cfr. Marco
Manuti "Fuori i mercanti dall'acqua" Ed. M.C.).
Chi abbia la pazienza di consultare
qualche recente annata di pubblicazioni, come il Calendario Geografico De
Agostani, scoprirà che, negli ultimi lustri, i governi italiani si sono
diligentemente dedicati a partecipare ad ogni tipo di aggressione nei confronti
di paesi dei quali siamo tra i principali partner commerciali (Serbia, Irak,
Iran, Tunisia, Libia Egitto, Siria etc.) provocandone - o tentando di
provocarne - l'instabilità politica e, quindi, l'inaffidabilità commerciale.
Sembra quasi che l'Italia aspiri ad
infilare il collo nel cappio offertole dal manigoldo; quale tirapiedi
provvederà poi a fare in modo che il nodo scorsoio si stringa in maniera
efficace e definitiva a. Non e ancora comparso all'orizzonte. purtroppo,
l'arciere in grado di recidere la corda con una precisa frecciata.
La politica intesa a favorire l'incremento
degli occupati e l'ingresso dei giovani al lavoro, inoltre, in forza delle
sottili strategie sulla flessibilità escogitate dai lavoristi, ha ottenuto il
risultato di aumentare la disoccupazione, soprattutto giovanile e di deprimere
il valore reale dei salari, che forse costituiva il vero obbiettivo. Gli
interessati a spartirsi le spoglie del nostro Paese sono molti (alcuni non
stanno meglio di noi), ed è ora davvero impossibile salvare l'Italia e non solo
lei.
Allo stato delle cose, le considerazioni
di cui sopra comportano conclusioni molto preoccupanti sul piano politico e
istituzionale. La delega ad organismi tecnici non elettivi, di decisioni
determinanti non per una sola nazione ma per le condizioni complessive
economico-sociali, planetarie e locali; e per le libertà individuali e
collettive è strategica ed è destinata a sottrarre al controllo delle
popolazioni interessate le scelte che loro competono in forza di trattati,
convenzioni, principii fondamentali da tutti o quasi proclamati.
L'intero mondo (finanziario, industriale
ed economico), a partire ovviamente, per il nostro Paese, dai 'poteri forti',
ha stabilito che il sistema in generale dei partiti. essendosi, orinai da
tempo, costituitosi come soggetto parassitario, rivolto a difendere prima di
tutto i propri interessi corporativi (anziché svolgere le funzioni
attribuitegli di 'comitato d'affari della borghesia') è diventato troppo
costoso ed inefficiente e deve quindi essere sostituito da manager non
condizionati da esigenze elettorali o da problemi di clientele proprie.
La 'congrega' ha fatto di tutto per
favorire il discredito dei quale è oggetto e che finisce per coinvolgere le
stesse istituzioni. Nella Cina di 50 anni fa, il Presidente Mao anticipò la
contromossa alla formazione di una 'nuova classe' tesa al consolidamento dei
propri privilegi con la rivoluzione culturale, che certamente ha avuto costi
elevati, ma che ha evitato al Paese di finire nel pantano, consentendogli poi
di raggiungere gli attuali risultati (obbiettivo questo - mancato dal '68
occidentale).
Naturalmente, la soluzione non potrà
essere definitiva ed attendiamo di vedere come gli attuali dirigenti cinesi
affronteranno il problema nelle sue attuali forme dato che le nuove classi
tendono sempre a riformarsi. Ci preoccupa ora di più sapere in che modo il
mondo occidentale affronterà la crisi del parlamentarismo, visti i disastrosi
risultati delle soluzioni adottate nel corso del 'secolo breve'. C'è chi
ottimisticamente ripone grande fiducia nel fatto che effettivamente la gente
cominci man mano a rendersi consapevole della situazione e che spontaneamente
nascano movimenti, quali gli 'indignados', in grado di mobilitarsi e rendersi
visibili; ma non bastano certamente le azioni spontanee e non coordinate né
munite di un chiaro progetto comune e della strategia per attuarlo, a contrastare
chi della strategia e del progetto dispone, così come degli strumenti economici
e repressivi per imporlo.