Intrappolata
nella rete della Triplice Alleanza, l'ancor giovane monarchia italiana non
riusciva ad attuare una politica estera veramente rivolta alla tutela degli
interessi nazionali e in grado di governare le istanze irredentiste che
reclamavano la sistemazione dei confini orientali del Paese: Trentino e Venezia
Giulia, comprese la prima nella Contea del Tirolo e la seconda nel Regno
Illirico. Esse ci rammentano due figure di patrioti immolatisi per la causa
italiana: il triestino Guglielmo Oberdan impiccato il 20 dicembre 1882 solo per
il sospetto di voler attentare alla vita dell'imperatore d'Austria e il
trentino Cesare Battisti anch'esso impiccato il 12 luglio 1916 assieme
all'istriano Fabio Filzi ambedue per essersi arruolati nell'esercito italiano.
Fondamentale
il contributo di Cesare Battisti alla causa irdentistica: politico di notevole
cultura, giornalista, scrittore e soprattutto, geografo laureatosi
all'università di Firenze con una tesi sul Trentino (1898), a lui si deve la
pubblicazione (1915) di un atlante della sua regione con un ricco corredo
cartografico nel quale si mostra come l'attuale territorio dell'Alto Adige
fosse allora abitato in assoluta prevalenza da popolazioni di lingua tedesca.
Il Battisti rivendica l'italianità solo del territorio tirolese, a sud della
stretta di Salorno e corrispondente in gran parte all'attuale Trentino.
Analoghe rivendicazioni il Battisti sosteneva anche per il Friuli orientale,
comprensivo così della valle dell'Isonzo e quindi delle città di Gorizia e
Gradisca, per Trieste, l'Istria e la Dalmazia , rilevando in un opuscolo pubblicato a
Torino nel dicembre 1914, che firma quale deputato di Trento, come, dopo
l'annessione del Veneto al Regno d'Italia (1866), "più volte sorse negli
abitatori di questa terra la speranza che la buona stella d'Italia li
proteggesse e li facesse partecipi della famiglia italiana". Inoltre, nel
descrivere la situazione della sua regione, egli mette in evidenza quella che
definisce “l’azione pangermanista" esercitata dall'Austria nei riguardi
del Trentino la cui popolazione è mantenuta in una stretta sudditanza sociale,
economica e culturale con il malcelato intento di "germanizzare il
Trentino e di portare il confine linguistico là dove oggi è il confine politico
austro-italiano" (Fig. 1). Nell'agosto 1914, il Battisti lascia il
Trentino e per nove mesi viaggia per tutta l'Italia tenendo comizi, conferenze
e incontri allo scopo di sollecitare la partecipazione del Paese al conflitto
che sta già dilaniando l'Europa. La storia di questi mesi è raccontata dalla
moglie, Ernesta Bittanti, in un documentato volume pubblicato da Treves nel
1938.
Dopo
il fallimento delle trattative tra Italia e Austria, a conflitto già iniziato,
perché il nostro Paese accettasse la cessione del Trentino in cambio della sua
neutralità, numerose furono le voci autorevoli che auspicavano un deciso
intervento del Paese a fianco dell'Intesa anglo-franco-russa: anche di esponenti
della cultura e della scienza come i docenti universitari di diverse
discipline. Tra loro si distinsero geografi e naturalisti come Carlo Errera e
Mario Baratta.
Carlo
Errera, professore all'Università di Bologna, nell'ambito di una Associazione
Nazionale fra i Professori Universitari, illustrando quelli che dovevano
considerarsi I diritti d'Italia sulle Alpi e sull'Adriatico, sosteneva (p. 43)
che "nessun altro limite può assegnarsi all'Italia fuorché nelle Alpi,
nessun'altra linea nelle Alpi [può] dirsi confine naturale d'Italia fuorché
quella segnata dal divorzio delle acque nostre dai fiumi correnti agli altri
mari d'Europa". E più avanti (p. 58) precisava come fosse "fuor da
ogni confutazione di servitù assoluta in cui l'Italia si trova nell'Adriatico
finché uno stato ostile sia padrone della costa orientale". Si tratta,
come è chiaro, di concezioni, anche a quei tempi, più che superate, che vedono
in uno stato contiguo o diviso da un tratto di mare, un potenziale nemico
contro il quale erigere una inespugnabile e insuperabile barriera. E’ chiara
l'impossibilità di applicare questo principio all'articolazione geopolitica
europea e mondiale. Infatti gli elementi topografico-morfologicì di una regione
fisica, quale è appunto il sistema orografico alpino, vanno distinti dagli
aspetti del suo popolamento storico e culturale. Il Canton Ticino, ad esempio,
se storicamente e culturalmente è terra elvetica, fisicamente non si può negare
che faccia parte della regione fisica italiana, come anche la piccola
Repubblica di San Marino. La storia stessa dell'umanità ci insegna che, per via
di vicende spesso molto complesse, non è sempre possibile realizzare una
completa coincidenza tra aree linguistiche ed aree geografiche.
Altro
aspetto da non sottovalutare è anche la difficoltà di tracciare con precisione
i limiti di una regione naturale, a meno che essa non abbia caratteri insulari.
Ma anche questa eventualità è smentita da situazioni concrete come quelle
dell'Irlanda, di Cipro, di Haiti. Per quanto riguarda le Alpi orientali in
effetti il loro rilievo rilievo tende ad
attenuarsi a mano a mano che si procede verso sud est in direzione della catene
dinariche il che rende spesso molto arbitrario ogni tentativo di fissare precise
delimitazioni.
Da
parte sua, nel corso di una serie di conferenze tenute nel 1916 presso la Società Geografica
Italiana, il geofisico Mario Baratta illustrò le ragioni geografiche della
nostra guerra, in cui propugnava l'estensione della sovranità italiana fino
allo spartiacque alpino.
Lamberto
Laureti Università di Pavia