mercoledì 13 maggio 2015

Neutralismo ed interventismo

D'Annunzio a Quarto
Preludio di una guerra che si poteva evitare


Se andiamo indietro negli anni e ci immaginiamo al 24 maggio 1915 allorché pure noi entrammo nella prima guerra mondiale contro gli Imperi centrali, nonostante fossimo stati molto tempo con loro nella Triplice Alleanza, non possiamo, per quanto a distanza di un secolo, non provare emozione e tristezza.

In verità, quella guerra tra noi europei, allargatasi più in là dei confini del nostro continente, ha significato l'inizio del declino europeo e l'avviarsi, per le proprie conseguenze politiche, economiche e sociali, agli spietati e folli totalitarismi che avrebbero condotto, dopo un ventennio, alla seconda guerra mondiale, persino più lunga e tragica della prima.

Crediamo che, dopo l'impresa di Libia, che aveva cresciuto il dominio coloniale italiano, non molti avrebbero pensato a una guerra di tali dimensioni e così terribile.

L'on. Giovanni Giolitti, che aveva attuato la politica di pacificazione voluta da Vittorio Emanuele III dopo l'assassinio del padre, con attenzione particolare alle condizioni delle categorie più disagiate, stava destando interesse anche nelle file dei socialisti, ma l'assassinio con la consorte a Sarajevo, il 28 giugno 1914, dell'arciduca Francesco Ferdinando, primo nell'ordine di successione all'imperatore Francesco Giuseppe, sconvolgeva qualsiasi prospettiva di sviluppo interno, deviando di colpo l'attenzione sulla politica internazionale.
Opera di nazionalisti serbi, il crimine spingeva l’Austria il 28 luglio a entrare m guerra control la Serbia attirando in  breve nel confitto la Russia in favore di questa e la Germania a fianco dell'Austria. Non tardavano a schierarsi con gli austro-tedeschi i turchi e contro Inghilterra e Francia.

L'Italia, al momento si conservava neutrale, avendolo proclamato fin dal 3 agosto, pur non cessando una presenza formale nella Triplice Alleanza accanto all'Austria e alla Germania. Ciò non toglie che i nazionalisti italiani assumessero sempre più un acceso        atteggiamento interventista, giudicando la guerra contro l'Austria un'occasione da non perdere ai fini della liberazione delle terre ancora irredente. Di questi sentimenti si faceva portavoce Gabriele d'Annunzio che a Quarto a il 5 Maggio  1915, pronunciava un  discorso di guerra dopo che il governo italiano a seguito del Patto  di Londra del 26 aprile aveva deciso il 3 maggio di uscire dalla triplice alleanza. 

Era il fallimento dei neutralismo giolittiano adesso non più appoggiato dalla maggioranza parlamentare, influenzato dalle dimostrazioni popolari per la guerra. Ciò non significa che il più degli italiani fosse per associarsi alle stragi iniziate l'anno prima. Erano contrari la Chiesa e i socialisti tra i quali, però, Benito Mussolini, già direttore dell’Avanti!, aveva abbracciato, scontrandosi con i suoi compagni, le tesi interventiste. Ma ora anche Vittorio Emanuele III non rifiutava la guerra, a differenza di Giolitti per il quale, standone fuori, avremmo comunque ottenuto "parecchio".

E’ così che il 24 maggio del 1915, anche noi debuttiamo nella grande tragedia accanto alla Triplice Intesa. Che si contasse, come poi per la seconda guerra mondiale, in un conflitto di minor durata? Può darsi o almeno lo si sperava, malgrado non fossero ben chiare le previsioni sull'esito finale, sia nel 1916 che nell'anno successivo, ma solo fino al 6 aprile 1917, quando gli Stati Uniti intervennero a favore dell'Intesa, con il loro immenso potenziale economico e militare, seguiti da Cuba, Brasile, Cina, Haiti, Ecuador, Siam e Grecia.

Quale il sentimento degli italiani nei confronti del Re? Negativo da parte dei socialisti, ma non così da buona parte della popolazione, che lo sapeva al fronte con le truppe e fiducioso, specie dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti e nonostante Germania e Austria, seppure tardivamente, potessero trasferire le proprie forze dal fronte orientale a dicembre del 1917, per effetto dell'armistizio di Brest-Litowski. che sanzionava la rinuncia dei bolscevichi a continuare la guerra.

Ma intanto neanche la sconfitta di Caporetto e la ritirata del nostro esercito dal 24 ottobre al 7 novembre 1917 conduceva alle conseguenze sperate dagli avversari, fermati sul Piave e poi sconfitti dell'offensiva italiana dal Grappa al Piave e al mare, iniziata il 24 ottobre 1918 e conclusasi con lo sfondamento di Vittorio Veneto, seguito dall'armistizio di Villa Giusti del 4 novembre.

Era il cedimento definitivo dell'Alleanza, penalizzata forse più dai disordini e dai movimenti rivoluzionari interni che dalla riti sul fronte francese. Si arrivava pertanto all'armistizio di Réthondes dell'11 I novembre e alla fine della guerra. Ma, se questa era finita, cominceranno tempi in cui l'Italia dovrà rinunciare a tutte le speranze di pace e di libertà ed anche alle nobili tradizioni che erano eredità preziosa della nostra Storia.


Vincenzo Pich Unione Ass.ni Piemontesi nel Mondo, Torino

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