D'Annunzio a Quarto |
Preludio di una guerra che si poteva evitare
Se
andiamo indietro negli anni e ci immaginiamo al 24 maggio 1915 allorché pure
noi entrammo nella prima guerra mondiale contro gli Imperi centrali, nonostante
fossimo stati molto tempo con loro nella Triplice Alleanza, non possiamo, per
quanto a distanza di un secolo, non provare emozione e tristezza.
In
verità, quella guerra tra noi europei, allargatasi più in là dei confini del
nostro continente, ha significato l'inizio del declino europeo e l'avviarsi,
per le proprie conseguenze politiche, economiche e sociali, agli spietati e
folli totalitarismi che avrebbero condotto, dopo un ventennio, alla seconda
guerra mondiale, persino più lunga e tragica della prima.
Crediamo
che, dopo l'impresa di Libia, che aveva cresciuto il dominio coloniale
italiano, non molti avrebbero pensato a una guerra di tali dimensioni e così
terribile.
L'on.
Giovanni Giolitti, che aveva attuato la politica di pacificazione voluta da
Vittorio Emanuele III dopo l'assassinio del padre, con attenzione particolare
alle condizioni delle categorie più disagiate, stava destando interesse anche
nelle file dei socialisti, ma l'assassinio con la consorte a Sarajevo, il 28
giugno 1914, dell'arciduca Francesco Ferdinando, primo nell'ordine di
successione all'imperatore Francesco Giuseppe, sconvolgeva qualsiasi
prospettiva di sviluppo interno, deviando di colpo l'attenzione sulla politica
internazionale.
Opera
di nazionalisti serbi, il crimine spingeva l’Austria il 28 luglio a entrare m
guerra control la Serbia
attirando in breve nel confitto la Russia in favore di questa
e la Germania
a fianco dell'Austria. Non tardavano a schierarsi con gli austro-tedeschi i
turchi e contro Inghilterra e Francia.
L'Italia,
al momento si conservava neutrale, avendolo proclamato fin dal 3 agosto, pur
non cessando una presenza formale nella Triplice Alleanza accanto all'Austria e
alla Germania. Ciò non toglie che i nazionalisti italiani assumessero sempre
più un acceso atteggiamento interventista,
giudicando la guerra contro l'Austria un'occasione da non perdere ai fini della
liberazione delle terre ancora irredente. Di questi sentimenti si faceva portavoce
Gabriele d'Annunzio che a Quarto a il 5 Maggio
1915, pronunciava un discorso di
guerra dopo che il governo italiano a seguito del Patto di Londra del 26 aprile aveva deciso il 3
maggio di uscire dalla triplice alleanza.
Era il fallimento dei neutralismo
giolittiano adesso non più appoggiato dalla maggioranza parlamentare,
influenzato dalle dimostrazioni popolari per la guerra. Ciò non significa che
il più degli italiani fosse per associarsi alle stragi iniziate l'anno prima.
Erano contrari la Chiesa
e i socialisti tra i quali, però, Benito Mussolini, già direttore dell’Avanti!,
aveva abbracciato, scontrandosi con i suoi compagni, le tesi interventiste. Ma
ora anche Vittorio Emanuele III non rifiutava la guerra, a differenza di
Giolitti per il quale, standone fuori, avremmo comunque ottenuto
"parecchio".
E’
così che il 24 maggio del 1915, anche noi debuttiamo nella grande tragedia
accanto alla Triplice Intesa. Che si contasse, come poi per la seconda guerra
mondiale, in un conflitto di minor durata? Può darsi o almeno lo si sperava,
malgrado non fossero ben chiare le previsioni sull'esito finale, sia nel 1916
che nell'anno successivo, ma solo fino al 6 aprile 1917, quando gli Stati Uniti
intervennero a favore dell'Intesa, con il loro immenso potenziale economico e
militare, seguiti da Cuba, Brasile, Cina, Haiti, Ecuador, Siam e Grecia.
Quale
il sentimento degli italiani nei confronti del Re? Negativo da parte dei
socialisti, ma non così da buona parte della popolazione, che lo sapeva al
fronte con le truppe e fiducioso, specie dopo l'entrata in guerra degli Stati
Uniti e nonostante Germania e Austria, seppure tardivamente, potessero
trasferire le proprie forze dal fronte orientale a dicembre del 1917, per
effetto dell'armistizio di Brest-Litowski. che sanzionava la rinuncia dei
bolscevichi a continuare la guerra.
Ma
intanto neanche la sconfitta di Caporetto e la ritirata del nostro esercito dal
24 ottobre al 7 novembre 1917 conduceva alle conseguenze sperate dagli
avversari, fermati sul Piave e poi sconfitti dell'offensiva italiana dal Grappa
al Piave e al mare, iniziata il 24 ottobre 1918 e conclusasi con lo sfondamento
di Vittorio Veneto, seguito dall'armistizio di Villa Giusti del 4 novembre.
Era
il cedimento definitivo dell'Alleanza, penalizzata forse più dai disordini e
dai movimenti rivoluzionari interni che dalla riti sul fronte francese. Si
arrivava pertanto all'armistizio di Réthondes dell'11 I novembre e alla fine
della guerra. Ma, se questa era finita, cominceranno tempi in cui l'Italia
dovrà rinunciare a tutte le speranze di pace e di libertà ed anche alle nobili
tradizioni che erano eredità preziosa della nostra Storia.
Vincenzo
Pich Unione Ass.ni Piemontesi nel Mondo, Torino
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