LE TRE BATTAGLIE DEL PIAVE.
E' l'altra metafora: Vittorio Veneto fu vittoria facile contro un nemico stremato. E' invece il risultato della metodica riorganizzazione dell'Esercito, durata un anno e del passaggio alla strategia e alla tattica difensiva. Sarà, ora, il nemico a sfiancarsi. Vittorio Veneto fu la sconfitta di tre grandi offensive, che avrebbero dovuto buttarci a mare.
Il nemico non si ferma. E perché mai? Lo Stato Maggiore austro - tedesco dopo un confronto acceso, al quale partecipa il giovane imperatore Carlo I, decide di insistere nell'avanzata, modulata su tre momenti:
a) superare il Píave;
b) prendere Venezia;
c) dilagare nella pianura padana sino a Milano.
Vengono mantenute le tre colonne d'attacco già sperimentate: Conrad avrebbe attaccato sugli Altipiani; Krauss sul Grappa; von Below sul basso Piave. Falliscono tutti gli attacchi; unico successo: la costituzione di una testa di ponte, oltre il Piave, nell'ansa tra Zenson e la Grave di Papadopoli.
LA PRIMA BATTAGLIA DEL PIAVE.
9-10 novembre: la ritirata si conclude.
12 novembre: fine dei lavori di assestamento della linea di resistenza, lunga 300 km., metà della precedente; permette più densità di presenze, in uomini, armi e mezzi. La difesa è incardinata su tre caposaldi principali, da nord a sud: l'Adamello, il Grappa e il Basso Piave. Gli italiani avrebbero retto?
Scrive Fisher: "Che dopo simile disfacimento del morale militare, il fronte italiano fosse solidamente ricostruito, dimostra la grande abilità di Cadorna e l'enorme forza di reazione italiana. Il Piave fu tenuto e fu salvata Venezia. Ma al sopraggiungere dell'inverno era ancora incerto se l'esercito italiano, benché sotto il nuovo comandante Diaz e rafforzato da divisioni francesi e inglesi, sarebbe stato in grado di respingere vittoriosamente il nuovo attacco ".(13) Purtroppo l'illustre storico dimentica che prima della battaglia di Caporetto gli Alleati avevano ritirato dal fronte alpino ben 99 medi calibri ed avevano sospeso l'invio, già iniziato, di altri 102 bocche da fuoco, siamo al 19 settembre 1917.(14) Non solo, ma le divisioni promesse non saranno 11 e le poche arrivate si attesteranno oltre il Mincio. Molto ridotto sarà il numero dei soldati alleati in linea con i nostri, prima di Vittorio Veneto. Lo stesso Foch pochi giorni dopo la prima battaglia del Piave, disse al generale Dall'Olio: "L'esercito italiano può resistere da solo sul Piave. Gli Italiani mi saranno grati un giorno di averli lasciati soli sul Piave a combattere gli austro-tedeschi".(15) Solo il Re a Peschiera, l'8 novembre 1917, aveva dichiarato la propria fiducia nel soldato italiano ma, senza la risposta dell'Esercito, tale affermazione sarebbe rimasta un moto dell'animo o un pio desiderio del Re soldato.
Il passaggio dei Piave - Epitome della guerra degli Italiani. Siamo al momento cruciale. Nell'Impero era in corso lo sfaldamento politico che però ben poco aveva scalfito l'esercito Austro-Ungarico, leale difensore ed ultimo baluardo della Monarchia. Mentre i politici viennesi litigavano, i soldati combattevano. Avevamo di fronte un nemico ancora terribile e ben organizzato. Chi, come lo storico Antonio Gibelli, ha scritto che sconfiggemmo un esercito sbandato e che i toni trionfalistici con cui fu accolta e commentata l'offensiva italiana [Vittorio Veneto n.d.r.] erano fuori luogo, anche se comprensibili" (16) non ha voluto considerare l'effettiva situazione, ma si è perso dietro la moda, ormai costume mentale: gli italiani perdono anche quando vincono. Noi non cadiamo in questo errore, ma nemmeno in quello opposto della rettorica.
Tutto era pronto per passare il Piave, ma quando?
22-25 ottobre 1918. Il fiume era impetuoso e in piena, ma ugualmente la X armata occupò della Grave.
Notte del 25. Trasporto di materiali e truppe sulla riva.
26 sera. La piena inizia a scendere, il Comandante dell'VIII Amata, generale Caviglia, ordina il gittamento dei ponti. Il nemico è tranquillizzato dalla piena. E il momento. "Appena fu notte, cominciarono le operazioni sulla fronte delle armate schierate lungo il fiume, fra Pederobba e Le Grave. La 12' e l'8' armata potevano agire per sorpresa; la 10' 1 avendo già sfruttato la sorpresa, doveva passare di viva forza. Verso le ore 21 le truppe erano raccolte ai posti prestabiliti; ed i pontieri erano pronti. Cominciò subito il traghetto con le barche.
Gli Austriaci tacevano, ed il rumore delle barche sul terreno
e deì carri era soffocatala da quello della turbinosa piena del
fiume. Essa ci rendeva un buon servizio, pur essendo in quel momento la nostra principale avversaria. La 12'armata, dopo vari tentativi di gittamento del ponte, era riuscita a far passare al di là il 107° fanteria francese, i battaglioni alpini Bassano e Verona, nonché due compagnie mitragliatrici e due compagnie della brigata Messina (MI corpo d'armata - Di Giorgio). Ma tutti i lavori già avanzati per gittare un ponte e tre passerelle furono distrutti dalla piena e dalla reazione nemica. Al mattino del 27 le truppe passate erano isolate al di là del fiume". Così Caviglia.(17)
Inizia la nostra anabasi.
27 mattina. Gli italiani sono organizzati su tre teste di ponte da nord a sud: Pederobba: XII armata, 107' reggimento francese, battaglione alpini Bassano e Verona, due compagnie della brigata Messina; Semaglia: VIII divisione d'assalto Zoppì, 57 a Brigata Pisa e Mantova, divisione Cìcconettì, Brigata Cuneo; Grave di Papadopoli: X armata, il XIV C.d'A. britannico, generale Babington, XI C.d'A. generale Giuseppe Paolini. Fallito il passaggio a Nervesa, parte dell'VIII Corpo e la 2' divisione d'assalto erano rimaste di qua dal fiume.
Notte dal 27 al 28. La piena aveva distrutto alcuni ponti. Il Genio Pontieri li ricompose solo per poco tempo, poiché l'artíglieria nernica non solo era riuscita a distruggere gran parte dei primi, ma anche questi ultimi. Si trattava ora di proteggere i reparti rimasti isolati sulla riva tenuta dal nemico. Qualche aiuto venne dalla Aviazione, che lanciò viveri e munizioni. L'artiglieria d'Armata protesse le teste di ponte dal contrattacco nemico.
28 ore 12. La situazione, per i nostri, si aggrava, ma il generale Vaccari non riduce il cuneo, temendo che il generale Boroevic avrebbe impiegato, prima o poi, le sue otto divisioni di riserva, che costituivano il vero pericolo per i nostri oltre il fiume. Il Comando Supremo è in preda al panico, e, fatta eccezione per gli ordini del Comandante dell'VIII, non pare che in questo momento il Comando ne dia altri.
Il campo avverso. Boroevic il 27 aveva capito che il nostro attacco risolutivo non era quello condotto sul Grappa e per questo era stato autorizzato a trattenere le divisioni 34', 10' e 43'. In teoria le sue forze avrebbero potuto contrattaccare il 29, ma già la sera del 28, Boroevic fu costretto ad arretrare la propria difesa sulla seconda linea: Monticano - Alture di Conegliano-Vittorio, Prealpi Bellunesi.
Non ci fu contrattacco per l'esiguità delle forze disponibili.
28 ottobre, ore 14. Caviglia, convinto dalla necessità di far sentire alle truppe la vicinanza dei propri comandanti e quindi di riconoscerne moralmente il loro valore, indirizza alla sua Armata l'ordine del giorno che comincia così: " ... Alle truppe tutte dell'armata sento il dovere di chiedere che mantengano il loro animo all'altezza della situazione.... E' necessario che stanotte tutti i ponti siano nuovamente gettati... E' l'Italia che l'ordina. Noi dobbiamo obbedire". Per le misteriose ragioni che governano l'animo umano, quelle parole colsero nel segno: soldati sfiduciati e isolati sulla riva opposta e truppe che non erano ancora riuscite a passare, nella notte, tra il 28 e il 29, gettarono tutti i ponti e il 29 costitui rono il cuneo centrale separatore delle forze austro-ungariche da Val Mareno a Conegliano.
Il Re. "A Sua Maestà il Re, che tutti i giorni passava nelle trincee del Montello qualche ora, e verso le 16 veniva a Villa Frova, il comandante dell'8° armata annunciò l'azione delle due Brigate del XVIII corpo, sicuro preludio della vittoria ".
29 ottobre, ore 23. Il XVIII Corpo supera il canale Monticano ad est del Piave ed entra a Conegliano.
30 ottobre. Mattina. Anche la X Armata procede lungo il Monticano. Truppe del corpo d'annata d'assalto, oltre una cavalleria del XXII entrano a Vittorio Veneto La VI austro-ungarica è così spezzata dalla nostra manovra laterale. Boroevic capì che nemmeno l'impiego delle sue riserve avrebbe potuto ristabilire la situazione e pertanto emana l'ordine n. 1626 con il quale rinunciava ad ogni resistenza e si preoccupava di salvare uomini e materiali. La resistenza del gruppo Belluno salva la Isonzoarmee dall'imbottigliamento.
30 ottobre. Sera. Alle ore 13 del 30 ottobre, i bersaglieri prendono il ponte sul Piave e costringono gli austriaci a ritirarsi dal Basso Piave, liberando la strada per Livenza e l'Isonzo, "La VI Armata austro-ungarica era scompigliata". Boroevic resisteva ancora sul Grappa. Contemporaneamente la gloriosa ISA, sul Monticano, sbarrava la strada alla X Armata; e sul Piave alla III.
Gli Imperiali. "il Comando del Gruppo Belluno [ Feldzeugmeister Goglia] aveva valorosamente ritardato fino all'estremo la ritirata dei difensori del Grappa. Quando si accorse che la via della loro salvezza stava per essere tagliata dalle Armate italiane, 12a e 8a , ordinò il ripiegamento. Così, al mattino del 31 ottobre, le truppe austriache lasciarono le loro linee tra Brenta e Piave, affidando a retroguardie la resistenza dei punti più forti, per ritardare l'inseguimento delle divisioni della IV armata ". (18)
31 ottobre. La nostra 7' divisione della VII Armata, risale il Brenta sino a Cismon, contemporaneamente le avanguardie della VI Armata entrano a Feltre. Reparti della XII Armata giungono a Busche, dove gli austriaci avevano già fatto saltare il ponte sul Piave. Il XXVII Corpo, generale Di Giorgio, non riesce a raggiungere il Cordevole "per mancanza di ponti". Intanto il generale Vaccari occupava il Passo di Sant'Ubaldo, mentre il generale Grazioli prendeva il Passo di Fadalto e si spingeva verso Ponte nelle Alpi. La sera del 31, il Gruppo Belluno, fatti saltare tutti i ponti sulla Livenza, tranne il ponte Fiaschetti, si ritira per la Val Cordevole. La 2' divisione di cavalleria, generale Emo Capodilista, punta su Pordenone; seguono i battaglioni ciclisti che giungono a Maniago l'1 novembre. L'inseguimento e la battaglia di Vittorio Veneto sono tecnicamente conclusi. La via per Vienna è aperta.
3 novembre. Alle ore 18 l'armistizio di Villa Giusti fissa il termine delle ostilità alle ore 15 del 4 novembre, e cosi stronca l'avanzata italiana verso l'Austria. Il generale Pecori-Giraldi entra a Trento e navi italiane entrano nel porto di Trieste.
4 novembre. Nostre navi entrano a Fiume, occupata nei giorni precedenti da truppe croate. Diaz firma il Bollettino della Vittoria, da noi già pubblicato.
10 novembre. Il Re sbarca a Trieste. Solo il 17, nostre truppe sbarcheranno a Fiume.
Epilogo.
La Grande Guerra fu vinta sulle Alpi italiane e non sulle pianure di Francia.
Michele D'Elia
(1) Seguiremo due opere dello stesso Autore, il Maresciallo Enrico Caviglia, all'epoca generale, prima di corpo d'armata, il XXIV; poi d'armata, l'VIII La dodícesima battaglia - Caporetto, Ed. Mondadori, Milano XI 1933, XII. Le tre battaglie del Piave, Ed. Mondadori, Milano, XI, 1934 XIII.
(2) E. Caviglia, La dodicesima battaglia, pag. 67.
(3) Cfr. Caviglia pagg. 118- 123 -133.
(4) E. Caviglia, op. cit., Nota n. 1 a pagg. 141 -144.
(5) Guido Sironi, I vinti di Caporetto, pag 34, Editrice -Libraria L. di G. Pirola, cit, in Caviglia pag. 150.
(6) Giorgio Bini Cima, La mia guerra, Ed. Corbaccio, Milano, in Caviglia, op. cit. pag. 151.
(7) i particolari di questo assurdo comportamento sono descritti dal gen. Caviglia nell'All.5 dell'op. cit. a pagg. 298 -299).
(8) Caviglia analizza l'intero movimento sino alla sera del 27 ottobre nell'All. 1 nell'op. cit. pagp. 269-277.
(9) Caviglia, op. cit. pag. 180. Nota I.
(10) Cfr. I bollettini della guerra MCMXV - MCMXVIII, Ed. Alpes, Milano 1923.
(11) Documenti Diplomatici serie V, vol. IX Doc. n'. 310, I.P.Z.S. Roma MCMLXXXIII.
(12) E. Caviglia, op. cit. pagg. 199-20.
(13) H. A. Ficher, Storia d'Europa, Ed. Laterza, Bari 1981, vol. IH, pag. 401.
(14) E. Caviglia, "La dodicesima battaglia", pag 29.
(15) E. Caviglia, Le tre battaglie del Piave, Nota 1, pag. 38.
(16) Antonio Gibelli La grande guerra degli Italiani, Ed BUR 1998-2014, pag. 320 e seg.
(17) E. Caviglia, op. cìt. pagg. 174-175.
(18) E. Caviglia Le tre battaglie... pag 186.