di Massimo De Leonardis
Nel
1914 l 'Europa
era la «cittadella orgogliosa» all'apogeo del potere mondiale: controllava il
60% dei territori, il 65% degli abitanti, il 57% della produzione di acciaio,
il 57% del commercio. Era consapevole e orgogliosa della sua missione
civilizzatrice, della quale era parte rilevante l'opera delle missioni
cattoliche, sostenute anche da governi laicisti come quello francese, sia pure
per meri fini di prestigio e influenza politica. Tutto ciò fu distrutto con il
«suicidio dell'Europa civile», come fin dal 1916 il Papa Benedetto XV definì la
guerra, riprendendo poi l'espressione nella famosa nota dei l' agosto 1917 che
conteneva anche l'altra più conosciuta, «inutile strage».
Causa
scatenante della crisi fu l'assassinio a Sarajevo il 28 giugno 1914 da parte
dei rivoluzionario bosniaco Gavrilo Princip, la cui mano fu armata da circoli
dirigenti serbi, dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono
Austro-ungarico, fautore di progetti di riorganizzazione dell'impero che
avrebbe consolidato la fedeltà alla dinastia degli slavi del sud, tarpando le
ali alla Serbia, che voleva invece essere il «Piemonte dei Balcani». Il 23
luglio Vienna inviò un ultimatum a Belgrado chiedendo una severa inchiesta e la
punizione dei colpevoli. Ciò mise in moto un meccanismo diplomatico e militare
che in poco più di dieci giorni precipitò nella guerra gran parte dell'Europa.
Ciascun Paese ritenne fosse in gioco un proprio vitale interesse nazionale:
1.
L'Austria-Ungheria non poteva perdere l'occasione di regolare i conti con la Serbia , che si poneva come
punto di riferimento per gli slavi del sud all'interno dell'impero.
2.
La Russia ,
protettrice della Serbia, non poteva lasciare campo libero nei Balcani alla sua
rivale Austria-Ungheria.
3.
La Francia
non poteva abbandonare la sua alleata Russia, perdendo così l'occasione di riconquistare
Alsazia-Lorena.
4.
La Germania
doveva appoggiare la sua unica alleata sicura, l'Austria-Ungheria, sperando
anche che dichiararle il suo appoggio potesse servire a localizzare il
conflitto.
5.
La Gran Bretagna
intervenne perché riteneva che la potenza dell'impero Tedesco stesse alterando
l'equilibrio europeo, al quale era da almeno due secoli attenta; l'intervento
britannico fu facilitato dalla violazione tedesca della neutralità del Belgio,
necessaria per attuare il "piano Schlieffen".
Rimase
inizialmente fuori dei conflitto l'Italia, pur alleata di Vienna e Berlino;
rovesciando tale posizione entrerà in guerra nel 1915 al fianco di Francia,
Gran Bretagna e Russia, dopo aver valutato i compensi che la Triplice Intesa e la Triplice Alleanza
sarebbero state disposte a prometterle per ottenerne rispettivamente l'entrata
in guerra al loro fianco o la continuazione della neutralità. Come ebbe a dire
il 18 ottobre 1914 il presidente dei Consiglio Salandra, assumendo l'interim
dei ministero degli affari esteri dopo la morte del titolare Marchese di San
Giuliano il supremo criterio ispiratore dei suo governo era il «sacro egoismo
per l'Italia».
I
vari Paesi si aspettavano una guerra breve, che non provocasse sconvolgimenti
politici e sociali, come era stato per le guerre post-napoleoniche; inoltre
essendo venuto meno da secoli il riconoscimento del supremo Magistero
pontificio, non ci si poneva più la questione della liceità di una guerra. E
evidente quindi che la Prima Guerra
Mondiale scoppiò per ragioni classiche di politica di potenza. La diplomazia
segreta di guerra, come gli accordi tra le potenze dell'intesa relativi agli
Stretti ed al Vicino e Medio Oriente, spartito in zone d'influenza tra Gran
Bretagna e Francia, rivela chiaramente le ambizioni imperialiste dei
contendenti. Difficile trovare una contrapposizione ideologica tra
autoritarismo e democrazia, in una contesa che vedeva la Russia zarista come
pilastro della Triplice Intesa. Il progredire del conflitto, la necessità di giustificare
con ragioni più nobili i sacrifici richiesti alle popolazioni e di motivare,
come richiesto dagli Stati Uniti, gli "scopi di guerra" pubblici, la
caduta dello Zar fecero sì che alla fine la propaganda dell'intesa presentasse
il conflitto come una lotta tra le democrazie e gli Imperi autoritari, una
lotta per le nazionalità "oppresse", contro il multinazionale Impero
asburgico.
Da
non sottovalutare poi la direttiva ideologica cara alla Massoneria
internazionale: il risultato del conflitto doveva innanzi tutto essere la
"repubblicanizzazione" dell'Europa e soprattutto l'abbattimento dell'unica
Grande potenza cattolica, l'Impero asburgico. Come scrive lo storico ungherese
François Fejtó, l'Austria-Ungheria, incarnava insieme monarchia e cattolicesimo
[ ... ] il grande disegno [ ... ] era di estirpare dall'Europa le ultime
vestigia deli clericalismo e del monarchismo». «La monarchia, la nostra
monarchia, è fondata sulla religiosità [ ... 1 il nostro Imperatore è un
fratello temporale del Papa, è Sua Imperiale e Regia Maestà Apostolica, nessun
altro è apostolico come lui, nessun'altra Maestà in Europa dipende a tal punto
dalla grazia di Dio e dalla fede dei popoli nella grazia di Dio». Così il
polacco Conte Chojnicki parla al Barone von Trotta nel famoso romanzo La Marcia di Radetzky di
Joseph Roth. Il Congresso Internazionale Massonico dei Paesi Alleati e
Neutrali, riunito a Parigi il 28, 29 e 30 giugno 1917, inserì tra le sue
risoluzioni le rivendicazioni italiane, cecoslovacche e jugoslave, che, avendo
come fine la distruzione della Monarchia, furono inviate ai Governi alleati e
neutrali. André Lebey, relatore del Congresso, condannò l'Austria-Ungheria,
colpevole, a suo dire, di tenere legate a sé, con la forza, diverse nazioni.
Di
lì a poco, la Germania
prese la decisione cinica e di corte vedute di inviare Lenin in Russia, allo
scopo di farla uscire dalla guerra, che il governo borghese nato dalla
rivoluzione di febbraio intendeva invece continuare. La Russia si ritirò dal
conflitto, ma furono poste le basi per la creazione del primo Stato comunista.
Nello stesso anno entrarono in guerra dalla parte dell'intesa gli Stati Uniti,
portatori di un programma di sovvertimento del tradizionale ordine
internazionale e di ostilità alle monarchie. Sempre nel 1917, vero anno chiave
della guerra, l'intesa pose o completò le basi dei tuttora insolubile problema
del Medio Oriente, dividendosi in zone d'influenza tale area, ma allo stesso
tempo da un lato fomentando la rivolta araba dall'altro promettendo agli Ebrei
un "focolare nazionale".
La
ricordata iniziativa di pace dei Papa del 10 agosto cadde nel vuoto, poiché
mancavano le condizioni minime necessarie per una pace di compromesso. Dopo le
immani perdite provocate dalle inconcludenti offensive degli anni precedenti,
era difficile constatarne l'inutilità rinunciando ad una vittoria totale. Dal
lato degli Imperi Centrali, la
Germania non era disposta nemmeno alla restaurazione della
piena sovranità dei Belgio ed alla restituzione dell'Alsazia e della Lorena
alla Francia. Dalla parte dell'intesa, nei 1917 la Gran Bretagna era
ancora eventualmente disposta a negoziare con l'Austria-Ungheria, ma non con la Germania , della quale
voleva distruggere la potenza. Nel 1917 la guerra stava poi assumendo un
carattere ideologico che escludeva soluzioni negoziate: la Massoneria
internazionale voleva la distruzione dell'Austria-Ungheria e il Presidente
Wilson pose le premesse di quella che oggi si chiama la guerra di regime change, rifiutando nell'ottobre
1918 di negoziare un armistizio con i governi imperiali di Berlino e Vienna.
Comunque nessuno dei belligeranti, soprattutto dalla parte dell'intesa, era
disposto a riconoscere al Papa un ruolo nel porre fine alla strage; con il
Patto di Londra l'Italia aveva ottenuto dai suoi alleati che la Santa Sede fosse
esclusa da qualunque voce in capitolo riguardo a negoziati di pace. In effetti,
a tutti coloro che vinsero, o meglio credettero di aver vinto, la guerra
apparve per nulla «inutile».
Come
altri grandi avvenimenti della storia, si pensi alla Rivoluzione Francese, la Grande Guerra iniziò
senza un esplicito programma rivoluzionario, che però si impose in corso
d'opera. Il risultato fu una trasformazione radicale dell'assetto geopolitico
dell'Europa: la scomparsa di tre Imperi (Austro-Ungarico, Russo e Tedesco),
sulle cui ceneri si sarebbero installati i totalitarismi comunista e nazista,
ponendo le premesse della Seconda Guerra Mondiale.
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