venerdì 15 gennaio 2016

Cantare e portare la Croce - IV parte

26 agosto. Cavalli e ciclisti. La 53° divisione raggiunge l’orlo meridionale del vallone di Ghignavano''. Il generale Gonzaga, suo comandante, attestatosi in località Caverna chiede di procedere nella conquista del vallone. Capello gli ordina di fermarsi. (9)

Il Comando d'Armata assegna al XXIV Corpo una divisione di cavalleria e tre battaglioni di ciclisti; Caviglia, con ironia, osserva che la mancanza d'acqua sull'altopiano della Bainsizza, rende inutili i cavalli, perciò " ... era necessario lasciare la cavalleria in valle Isonzo ...... (pag 109) I ciclisti, intanto, vengono mandati sulla Bainsizza.

Cadorna ordina alla III Armata di prepararsi ad un nuovo attacco sul Carso.

Sotto la stessa data, Gatti scrive: ”Io credo che la battaglia, concepita bene, nell'attuazione non sia stata altrettanto felice... Da quattro giorni tutta la III armata è del tutto ferma.... Fino a San Gabriele nulla di nuovo .... Se il nemico fosse stato premuto tutti i fronti avrebbe dovuto almeno pensare parecchie cose.... Il colpo non è stato fortissimo".(10)

Erich Ludendorff, comandante supremo tedesco: -L'undicesima battaglia dell'Isonzo era stata ricca di successi per l'esercito italiano. Le armate imperiali avevano bravamente resistito, ma le loro perdile sulle alture del Carso erano state così rilevanti, il loro spirito così scosso, che le autorità militari e politiche dell'Austria-Ungheria erano convinte che le armate dell' 'Imperatore non avrebbero potuto continuare la lotta e sostenere un dodicesimo urto dell'Italia". (11) Da qui l'intervento tedesco. Sette divisioni di fanteria e artiglieria. Caporetto verrà.

27 agosto. La brigata Grosseto si ritira sulla strada di Vrhovec per un violento contrattacco austriaco ma subito dopo riprende la posizione. Alla Il Armata viene assegnato l'incarico di espugnare il San Gabriele e il San Daniele, per aprire la strada alla III Armata. Per Caviglia la battaglia finisce ora e qui. (Cfr. pag. 109)

Perdite. Il generale Caviglia chiude la descrizione della battaglia nel suo settore con il quadro delle perdite: "Il XIV Corpo d'Armata s'era trovato di fronte 56 battaglioni, e ne aveva organicamente distrutti 45 oltre a diverse compagnie di mitragliatrici autonome. Erano caduti nelle nostre mani circa 150 bocche da fuoco ed 11. 000 prigionieri....

Le perdite del XXIV Corpo in questo periodo (13-31 agosto) furono in tutto circa 6400 uomini perduti. Nell'intera 11° battaglia dell'Isonzo, le 51 Divisioni, che vi presero parte, perdettero 140. 000 uomini, in media circa 3. 000 uomini per divisione ". (Caviglia, op. cit. pagg. 110- 111).

29 agosto. Il Comando Supremo sospende l'offensiva generale ed ordina solo un ultimo assalto al sistema difensivo del nemico, a nord e a est di Gorizia per facilitare le operazioni della III Armata, impegnata sul Carso. Ma proprio l'ultimo attacco in questo settore, fallisce.

Questa, dal 19 agosto, aveva ottenuto limitati successi nelle zone circostanti le colline di Tivoli, nel settore monte Faiti-Castagnavizza, Selo-Sella delle Trincee, paludi di Locavaz, catturando alcune migliaia di prigionieri, oltre i precedenti 19.000. Tuttavia, il Carso resta in mano nemica.

Lo scontro per la Bainsizza si frammenta.

Leggiamo in Amedeo Tosti (12) "Da fonte nemica sappiamo che il Comando austriaco, disperando ormai di poter porre riparo alle gravi falle aperte nella sua linea sul margine occidentale della Rainsizza, aveva predisposto, nella notte del 23, la ritirata sulla linea Masniak-Kal- Vrhovec-Madoni-Zagorie-San Gabriele: le ultime resistenze, quindi, del giorno 23, avevano avuto soprattutto lo scopo di coprire il ripiegamento -. (1).

(1) V la relazione del generale von Pitreich sull'11° battaglia dell'Isonzo nella citata opera dello Shivarte, e la Relazione ufficiale austriaca. (A.Tosti op. cit. pag 26)


Dopo il 24 agosto, come per Caviglia anche per Tosti, (pag. 266 op. cit.), la grande battaglia si spezzetta in una serie di scontri sanguinosi che si esauriscono in rettifiche della linea del fronte: ne sono testimonianza, gloriosa e amara, i monti Hermada e San Gabriele; l'uno sul Carso, l'altro nella corona di alture intorno a Gorizia. Contemporanei gli assalti, il 4 e 5 settembre, alle due montagne.

4 e 5 settembre Hermada e San Gabriele. Le due montagne sono contemporaneamente teatro di sanguinosi e feroci scontri all'arma bianca. L'Hermada resterà in mano austriaca sino al 1918, come bastione avanzato di Trieste.

5 settembre. Ore 5,35. Prendiamo una cima del San Gabriele.

"La presa del San Gabriele è avvenuta così. Alle 5,35 il t. col. Bassi. Dopo aver detto a S. E. Gatti che non facesse né intensificare il tiro, né altro, per non dare l'allarme al nemico, balzò fuori con i suoi 450 uomini, divisi in 3 parti: una diretta a q. 367 per salvaguardare il fianco destro, una verso S. Caterina per il fianco sinistro, e la principale in mezzo, per salire sulla cima del San Gabriele Avanti i bombardieri, dietro i lanciafiamme. Gli austriaci furono sorpresi nelle caverne.... la cima fu raggiunta in 30 minuti.... Il generale austriaco preso in una caverna, comandante la zona S. Gabriele, si suicidò, il maggiore comandante del settore tentò ma non riuscì. Tutto il monte, specialmente sulla cima, era forato come un alveare. Il battaglione d'assalto [ndr il reparto sperimentale degli Arditi] al S. Gabriele fino alla mattina del giorno 5: poi, sostituito da una brigata. ridiscese, a riposo al Natisone ". (Gatti, pag. 2 3 0).

La Il e la III Armata vivono ormai in continua fibrillazione, poiché il Comando Supremo, vale a dire Cadorna, non imprime la spinta definitiva alla battaglia: anzi, lascia che gli attacchi si spengano. Perché? Il suo disegno, ancora oggi, a noi, rimane oscuro. Tutto sembra lasciato all'iniziativa dei singoli reparti.

5 Sera. Riperdiamo quota 146. Gli Austriaci si incuneano tra le tre quote del San Gabriele da noi occupate: Veliki, 552 e 646. (Cfr. Gatti, pagg.223-224)

Due testimoni diversi ma uguali. Italiani e Austriaci prendono e perdono, riprendono e riperdono i fianchi del monte, ormai una fornace che brucia la vita dei soldati con una velocità oggi impensabile. Scrive il tenente colonnello Sauer del 14° reggimento di fanteria austriaco: “ ... chi potrebbe descrivere a fondo questo San Gabriele, questa specie di Moloch, che ingoia un reggimento ogni tre o quattro giorni, e senza dubbio, anche se non lo si confessi, cambia
giornalmente il suo possessore? ". (13)

Il nostro fante Antonio Pardi, classe 1898, del 247 reggimento, 6' compagnia, Il Armata, ci ha lasciato una vivida e impressionante fotografia di quelle giornate: "Ricordo la grande battaglia del monte San Gabriele, in cima al quale, ogni sera, saliva una divisione di fanti. Io servivo allora nelle corvées, di rifornimento munizioni alla prima linea, la quale si trovava in cima al San Gabriele. Ci muovevamo sotto un diluvio di cannonate ... ognuno di noi aveva sulle spalle una cassetta di munizioni. Salii diverse volte quel maledetto fianco del monte. ... Bisognava stare attenti dove si mettevano i piedi, per non correre il rischio di urtare le bombe... del commilitone caduto ... Ogni secondo che passava era un secondo di vita in più.... I morti erano così fitti che non si potevano più scansare... Gloria a tutti i caduti, ai soldati tutti che combatterono con coraggio. Gloria sia anche quando non avremo più bisogno di pensare alla guerra” (14)

6 settembre. Stallo. I nostri non vanno né avanti né indietro.

7 settembre. Del San Gabriele controlliamo, alla fine, un terzo, poiché solo una delle tre punte. che si ergono sul pianoro di quota 600, quella a nord-ovest, è nostra. Cfr. Gatti a pag 230.

Falso successo la presa sul San Gabriele?

15 settembre. Bainsizza. La Brigata Sassari conquista le quote 895 e 862.

29 settembre. La 44° divisione, generale Achille Papa, conquista quota 800, sulla linea Madoni-Na Kobil-Zagorje, che domina la parte superiore del Chiapovano.

5 ottobre. Bainsizza. Durante un assalto il generale Achille Papa è colpito a morte. Medaglia d'Oro alla memoria. Fine della battaglia.

EPILOGO

Nella temperie della Grande Guerra, l'Italia presenta i caratteri di una giovane nazione, che rielabora se stessa attraverso tensioni, contrasti, limiti della classe politica, problemi sociali, rivolte interne e al fronte, che non furono mai né rivoluzione né tradimento.

A chi intona la solita trenodia della “generazione perduta" rispondiamo: Niente storie!

Tutti i Soldati caduti in battaglia potrebbero dire di sé: Cursum feci fidem servavi.

Michele D'Elia

(1)      Enrico Caviglia, La battaglia della Bainsizza. Ed. Mondatori, Milano 1930, VIII pagg. 96-97. li volume ci farà da guida nella descrizione della battaglia.
(2)      Enrico Caviglia, op. cit. pag. 22
(3)      Ardengo Soffici, Kobilek, Ed. Vallecchi. Opere. Volume III, Firenze 1960, pagg. 113-119
(4)      Per l'unità linguistica degli italiani cfr. Tullio De Mauro. Storia linguistica dell'Italia unita, Ed. Laterza, Roma-Bari 1991, pagg. 108-109. [la edizione Bari 1963]
(5)      Angelo Gatti in Caporetto - Diario di guerra inedito maggiodicembre 1917, a cura di Alberto Monticone, Ed. Il Mulino, Bologna 1964, pagg. 182-183. Gatti offre una lettura "politica " e non solo tecnica delle operazioni da maggio a dicembre 1917
(6)       Fritz Weber. Da Montenero a Caporetto - Le dodici battaglie dell'Isonzo, Ed. Mursia, Milano 1967 pag. 341 e 337
(7)       cfr. Giuseppe Ungaretti, Lettere dal fronte a Mario Puccini, Ed. Archinto, Milano, novembre 2014, pag. 38
(8)      cfr. Roberto Raja, La Grande Guerra giorno per giorno, Cliché, Firenze 2014, pag. 137
(9)      Caviglia, op. cit. cfr., Nota n. 1 a pag. 102
(10)         Angelo Gatti, op.cit. pagg. 191-192
(11)         Ludendorff, Ricordi di guerra, pag. 384 - in Amedeo Tosti La guerra italo-austriaca - 1915-1918, Ed. I.S.P.I., Milano, 25 ottobre 1938 - XVI pag. 272
(12)         Amedeo Tosti, op. cit.
(13)         K. Sauer, Un libro di ricordi dei grandi tempi, Lienz, 1920, pag. 282 - in Amedeo Tosti, op. cit. pag. 269 Nota 1

(14)         Emilio Faldella [a cura di] I racconti della grande guerra, Ed. Mondadori, Milano 1966, pagg. 73-75

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