Tra il 1914 e il 1915 in Italia si apre un
intenso dibattito in merito alla partecipazione al conflitto mondiale. Lo
scontro tra interventisti e neutralisti si svolse soprattutto sulle pagine dei
quotidiani. Di fronte ad una popolazione che si dimostrava prevalentemente
indifferente o contraria alla causa bellica la maggior parte delle testate a
tiratura nazionale, il Secolo, la
Gazzetta dei Popolo, Il Resto dei Carlino, Il Giornale
d'Italia, il Popolo d'Italia, il Messaggero, ma soprattutto il Corriere della
Sera, si schierano a favore della discesa in campo dell'Italia spinti anche
dalle pressioni dei mondo industriale, specie quello siderurgico, che vedeva
nella guerra una importante opportunità di crescita. La stampa così detta
"antagonista" si ridusse a pochissime testate tra cui L'Avanti,
mentre tra i neutralisti troviamo i giornali cattolici oltre alla Stampa, la Tribuna e la Nazione. Il dibattito
sulla Prima guerra mondiale rappresenta quindi una svolta fondamentale nel
concetto di comunicazione: da questo momento in avanti, e per tutto il
conflitto, la carta stampata avrà un ruolo da protagonista, diventando una
componente essenziale della progressione dell'evento bellico. Tutti gli Stati
protagonisti dei conflitto in qualche modo dovranno confrontarsi con la stampa:
il giornalismo moderno era diventato parte della vita sociale dei paesi. L’importanza
della carta stampata era materia ben nota ai governi e ai militari. In Italia,
già dal marzo dei 1915, cioè ancor prima di entrare in guerra, furono emanati
una serie di decreti volti a "controllare" la libertà di stampa;
ricordiamo prima il divieto di pubblicazione di notizie di carattere militare,
successivamente la proibizione di riportare sulle pagine dei quotidiani
l'elenco dei morti e dei feriti e infine un dispaccio dei generale Cadorna,
rivolto ai giornalisti, contenente la diffida di accedere ai campi di
battaglia. Nella prima fase della guerra entrò quindi in vigore, a tutti gli
effetti la censura militare, coordinata dal Comando Supremo delle Forze Armate.
Gli stessi giornali che si erano impegnati nel sostenere la causa della guerra
venivano sempre più esclusi dalla realtà dei fronte e diventarono collaboratori
passivi dello sforzo bellico nazionale, narratori enfatizzanti di una realtà
che nessun giornalista aveva avuto modo di conoscere direttamente.
13 settembre 1915. L 'Italia è in guerra
da pochissimi mesi e il Corriere della Sera pubblica un articolo dal titolo:
"Anche le parole sono armi": Il quotidiano a maggiore diffusione
nazionale richiama l'attenzione dei governo e dei militari sull'importanza
della comunicazione come mezzo di compartecipazione e di condivisione tra lo
stato e il suo popolo. Il pezzo, che non è firmato, giustifica il silenzio dei
governo definito " muto e operoso" ma contemporaneamente ricorda che
i divieti da soli non sono proficui: " ... Non si dà un motto d'ordine in
principio e si abbandona la psicologia di un popolo a questo solo motto d'ordine...
Ma di un popolo si premia la fiducia quando il governo vive con esso tutta
quella patte del pensiero che non è indispensabile celare e si tempra la costanza quando gli uomini più autorevoli danno, parlando, un linguaggio a
ciò che vive nella stessa coscienza nazionale".
Il Corriere ha compreso
che la guerra sarà lunga e dura e che il coinvolgimento della popolazione alle
politiche governative e alle strategie militari può rappresentare un elemento
fondamentale per dare la giusta spinta agli eventi che si succederanno.
Con la diffusione della
radio infatti i giornali hanno perso l'esclusività dell'attualità e pertanto i
lettori sono attratti da un "racconto" diverso, da una testimonianza
più moderna fatta non solo di parole ma anche di immagini che suscitino
emozioni. L il momento dei rotocalchi che, per alleggerire la pressione
psicologica che la guerra stava portando sui militari e sulla popolazione
civile, si orientano su contenuti un po' frivoli, come i romanzi d'appendice,
rubriche per signore ecc.. Ma la vera novità di questi periodici è il grande
spazio che essi destinano alle foto, diventando così strumenti privilegiati per
comunicare, in modo diretto, a quella parte della popolazione maggiormente
impreparata. Testate come l'illustrazione Italiana, che pubblicherà circa 1800
immagini della guerra, o La
Domenica del Corriere e la Tribuna Illustrata ,
entrambi supplementi di quotidiani, che dedicheranno ogni settimana la propria
copertina ad enfatizzare con preziosi disegni gli eroici episodi dei soldati al
fronte, rappresentano, un nuovo modello di informazione, che lascia
maggiormente spazio alle emozioni personali.
Ancora una volta la
guerra rappresenta un'occasione utile all'evoluzione della comunicazione.
La nuova propaganda
La vasta produzione
editoriale che ruotava attorno alla guerra in realtà non aveva prodotto gli
effetti sperati: confortare l'opinione pubblica, sostenere l'esercito al
fronte, dare una giustificazione patriottica alla causa erano obiettivi troppo
ambiziosi per una stampa completamente controllata.
Nel 1916 nasce l'Ufficio
Stampa che, a seguito di una intesa con il Ministero degli Interni, accredita
come corrispondenti di guerra Luigi Barzini dei Corriere della Sera, Luigi
Ambrosini della Stampa, Rino Alessi dei Messaggero. Ma anche questi giornalisti
sono soggetti alla censura. I loro articoli, ancora una volta, non
rappresentano la fedele cronaca dei fronte ma rielaborano quanto il Reparto
Operazioni dei Comando Supremo ritiene di rendere a loro noto.
E a seguito della
sconfitta di Caporetto (ottobre 1917) che verrà finalmente compreso che la
comunicazione doveva essere un coadiuvante dell'azione di guerra: "Dopo
Caporetto la Nazione
prese coscienza del disastro della guerra e molte cose cambiarono. Il nuovo
capo di Governo, Orlando, riuscì ad intuire la tragedia di un popolo in guerra
e venne creato Il servizio P a cui fu affidato il compito di propaganda presso
i combattenti ma anche verso il fronte interno affinché la guerra diventasse la
battaglia di tutto un popolo (1).
Il 9 gennaio 1918 l 'Ufficio Informazioni
dei Comando Supremo istitutiva in tutto l'esercito un "Servizio
informazioni sul "morale delle truppe" sotto la direzione dei Comando
d'Armata, definito Servizio R, con il compito di vigilanza (prevenire cioè i
moti antibellici o pacifisti in generale), assistenza (intesa come attività
rivolta soprattutto alle famiglie dei combattenti) e propaganda (attraverso
azioni mirate e non più lasciate alla iniziativa dei singoli). La funzionalità
dell'Ufficio P era basata su alcuni principi evidenziati dal Comando Supremo: -
Il soldato non deve mai avere l'impressione che si dubiti dei suo valore
militare o della sua onestà di cittadino.
- Il soldato deve però
capire che il concetto di Patria non è qualcosa di astratto, ma che sta
combattendo anche per salvare la sua famiglia;
- Le conferenze devono
essere limitate, l'educatore deve essere l'ufficiale con il quale il soldato
vive e, per quanto la sua parola possa essere disadorna, è quello a cui più dà
fiducia.
- La vendita dei
giornali deve essere fatta nelle Case del Soldato da militari mutilati e da
soldati utilizzati per la propaganda;
- La maggioranza dei
soldati è indifferente a foglietti volanti, quindi bastano poche pubblicazioni,
ma che siano stampate nitidamente e con copertina a colori e con illustrazioni
immediatamente comprensibili;
- Si deve favorire la
stampa di grossi manifesti a colori vivaci, che contengano poche parole di
testo alla portata di tutti. Il grande manifesto attira l'attenzione e spinge i
soldati a leggerlo o a farselo leggere.
In breve tempo. Il
Servizio P. costituito dagli ufficiali più colti e preparati si attivò per
attuare tutta una serie di attività volte a migliorare e alleggerire le
condizioni morali dei soldati e dei loro familiari. Una delle prime azioni fu
quella di favorire la diffusione dei così detti "Giornali di
Trincea." pubblicazioni prodotte direttamente nella zona di guerra.
I giornali di trincea
erano nati già nel 1917, compilati per lo più a mano o con ciclostili, e
venivano distribuiti in genere nel battaglione o nel reggimento di
appartenenza. Il Servizio P ebbe il merito di comprendere che il fenomeno delle
pubblicazioni di guerra poteva rappresentare un forte veicolo di svago e di
interesse: tali pubblicazioni vennero pertanto sovvenzionate dalle autorità
militari affinché le tirature aumentassero favorendone anche una diffusione
capillare e lo scambio tra i diversi corpi d'armata. Inoltre la composizione
grafica e la responsabilità intellettuale venne affidata ai numerosi
soldati-intellettuali quali giornalisti, scrittori, artisti che affollavano le
trincee: Prezzolini, Calamandrei, Volpe, Soffici, Jahier, De Chirico. Sironi,
ecc. aumentando così il livello qualitativo delle pubblicazioni. In Italia le
riviste di questo tipo furono più di una decina e fra le più popolari
ricordiamo La
Trincea Quotidiana Resistere, La Tradotta (compilata da
Arnaldo Fraccaroli e Antonio Rubino), la Ghirba (a cui collaborava Ardengo Soffici) e
Sempre Avanti (con gli interventi dei poeta Giuseppe Ungaretti). Seppure con
modalità diverse, i giornali di trincea non furono un fenomeno puramente
italiano: in Francia, in Inghilterra e in Austria venivano stampati e
recapitati alle truppe giornali appositamente prodotti dagli stessi corpi
d'armata.
Il servizio P, oltre
alla diffusione dei giornali di trincea, si impegnò a promuovere anche altre
forme di intrattenimento e di svago come sostegno da destinare ai militari:
troviamo così spettacoli teatrali itineranti con musica e danze rivolti alle
truppe... Gli effetti di questa nuova campagna di propaganda furono così
commentati da Giuseppe Prezzolini:
"Una parte del
merito ce l'ha avuta anche il Servizio P Sì, in coscienza quegli uomini che
seppero crearlo, che gli dettero, come in talune armate ha veramente avuto,
quel carattere d'umanità profondo e di simpatia, di cordiale interessamento e
di altezza morale che esso ha raggiunto, sì, in coscienza quegli uomini possono
dire di avere contribuito largamente alla vittoria (2).
Paola Manara
Responsabile servizio
periodici, Biblioteca Sormani, Milano
(1)
" Ridere è guerra" di C. Bibolotti e F.A.Calotti in: I giornali
satirici di trincea e delle retrovie durante la prima guerra mondiale - Museo
della satira e della caricatura - Forte dei Marmi
(2) G.
Prezzolini, Tutta la guerra. Antologia del popolo italiano sul fronte e nel
Paese - Longanesi, Milano 1968
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