sabato 10 febbraio 2018

La fronte orientale Alpina nella grande guerra e le sue fortificazioni



Alla vigilia dell'entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria nella primavera del 1915, tra i due stati correva un confine terrestre di oltre 600 km, tra il giogo dello Stelvio e la Laguna di Marano, la cui linea appariva alquanto articolata, attestata com’era lungo valli e dorsali montuose, e considerando che In linea d’aria essa scendeva, tra il Lago di Garda e II Golfo di Trieste, a circa 300 km.
Topograficamente, dallo Stelvio al Lago di Garda, il confine si snodava lungo i rilievi delle Alpi e delle Prealpi Rètiche (con il Tonale e l’Adamello) scendendo poi nelle Valli Giudicarie a lambire il Lago d’Idro e attraversando il Garda nella sua estremità settentrionale. Dalla riva gardesana orientale il confine risaliva quindi al crinale del Monte Baldo per ridiscendere nella Val Lagarina superando l’Adige e risalendo sulla sommità dei Lessini. Da qui dopo aver attraversato il massiccio calcareo del Pasubio e contornato l’altopiano di Asiago, scendeva in Valsugana per risalire, attraverso le Prealpi Bellunesi fino alla Marmolada nel cuore delle Dolomiti.
Proprio sul ghiacciaio della Marmolada correva la linea divisoria tra Italia e Austria. Quindi, aggirando a sud la conca di Cortina d’Ampezzo si inerpicava lungo le tre Cime di Lavaredo per scendere poi al Passo di Monte Croce di Comèlico e proseguire poi lungo il crinale delle Alpi Càrniche e scendere a Pontebba, tagliare la Val Canale e risalire al Jóf di Montàsio. Quindi, zigzagando attraverso le Prealpi Friulane e tenendosi sempre sulla destra della valle dell’Isonzo, il confine arrivava all’Adriatico attraverso la pianura friulana fino a Palmanova e alla Laguna di Marano.
Visto dalla parte italiana questo andamento della linea di confine appariva in un certo senso alquanto sfavorevole, considerata l’asperità delle condizioni topografiche e, più in generale, ambientali.
Dal 1866 numerosi forti erano stati costruiti dall’Austria oltre il passo del Tonale, mentre in Val Camonica, poco a nord di Ponte di Legno era posizionato l’unico forte italiano, il Corno d'Aula.
In territorio austriaco, a sud di Trento, si distingueva  il complesso di fortificazioni disseminate sugli altopiani di Lavarone (tra i 1200 e i 1400 metri) e del Pasubio (tra i 1600 e i 1800 metri) ubicati tra le valli dell’Adige e dell’Astico. Sull’altopiano di Lavarone erano dislocati ben sette forti, dalla Cima di Vezzena (1908 m) alla località di Serrada (1250 m sull’altopiano di Folgaria) ancora oggi inframmezzati da numerosi resti di trinceramenti. La più importante di queste strutture era senza dubbio il forte Belvedere (1177 m) costruito a guardia della sottostante Val d’Astico e del vicino altopiano di Asiago. Ai limiti di quest’ultimo (noto anche come altopiano dei Sette Comuni), in territorio italiano, vennero costruite, già in previsione del conflitto, ben quattro fortezze, le principali delle quali erano rappresentate dal Forte Verena (sulla cima del monte omonimo a 2015 m di quota), incombente sulla Val d’Assa ad est, e dal Forte Campolongo, anch’esso sulla cima dell’omonima montagna (1720 m) e dominante il versante orientale della valle dell’Astico. Essi si contrapposero egregiamente ai tre forti austriaci di Verle, Spitz di Vezzena e Luserna, situati a quote più basse.
Ai limiti dell’altopiano di Asiago erano state costruite altre due fortificazioni: il forte Corbin, sul versante orientale della Val d’Astico a breve distanza dal M. Cengio, e il forte User sulla cima del monte omonimo (1633 m). Quest’ultimo a sua volta può considerarsi parte di un complesso sistema difensivo, situato alla confluenza nella Brenta del fiume Cismòn, con numerose strutture fortificate (Cima di Campo, Tombiòn, Còvolo S. Antonio, Cima di Lan, Tagliate delle Scale e delle Fontanelle), generalmente noto come Forti Brenta-Cismòn. Esso aveva anche lo scopo di sbarrare l’accesso al sottostante massiccio del Grappa (1775 m), trasformato in una vera e propria fortezza naturale, che rimase saldamente in mano italiana anche dopo la disastrosa ritirata di Caporetto.
Nella bassa pianura friulana sono da segnalare le  piazzeforti di Latisana (con i forti di Precenicco e di Rivarotta lungo il fiume Stella e poco a nord della laguna di Marano) e di Codròipo, a sud ovest di Udine (con i forti di Beano, Rivalta e Sedigliano). Molto più a nord, allo sbocco del Tagliamento nell’alta pianura friulana, dalla Testa di Ponte di Pinzano dipendevano i forti di Ragogna, di Fagagna, di Col Roncone e di Monte Lanza. Ancora più a nord ecco infine i forti del Ridotto Carnico, con Osoppo sul largo e piatto fondovalle del Tagliamento, quindi poco più su il forte di Ospedaletto, il forte di Monte Festa presso Cavazzo Carnico e quello di Chiusaforte nel Canale del Ferro percorso dal fiume Fella principale affluente del Tagliamento.

Lamberto Laureti
Già docente all’Università di Pavia

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