lunedì 26 maggio 2014

CITTADINO E RE - III parte

Il 25 luglio 1943: cambio di prospettiva.
22 luglio, il Re convoca il Duce. Così Puntoni riporta la sintesi del colloquio fattagli dal Re: "Ho tentato di far capire al Duce che ormai soltanto la sua persona bersagliata dalla propaganda nemica e presa di mira dalla pubblica opinione, ostacola la ripresa interna e si frappone a una definizione netta della nostra situazione militare. Non ha capito o non ha voluto capire. E’ come se avessi parlato al vento. Nessuna "congiura di palazzo", come Mussolini scriverà.

25 luglio - 8 settembre: Il Re nomina e revoca i suoi ministri." Art. 65 dello Statuto Albertino.
Venti minuti bastano al cittadino-Re per liquidare Mussolini nel rispetto delle regole, vale a dire per fare quello che una pletora di oppositori ed opportunisti non era riuscita a fare in vent'anni. Maturato il momento propizio, fu "il solo che agì". (Einaudi)
Destituito Mussolini, bisogna dare immediatamente al Paese un governo. Alle ore 18 del 25 luglio, il Re convoca Badoglio, il quale così descrive la sua investitura a Presidente del Consiglio: Il Sovrano era in piedi, in mezzo alla stanza. Ho fatto arrestare Mussolini! Stamani mi ha fatto chiedere un'udienza che io ho fissato qui, alla villa, per le 16. E venuto puntuale e mi ha comunicato che aveva avuto luogo la seduta del Gran Consiglio nella quale era stato votato un ordine del giorno a lui contrario, ma che egli riteneva non fosse valido...» Badoglio continua: "La voce del Re, piatta e senza lumi, del tutto priva di retorica, descriveva con rara efficacia, richiamando la scena in quarta dimensione dinanzi al Maresciallo. «Perché, aveva obiettato Vittorio Emanuele a Mussolini, ritiene questo voto non valido?
Il Gran Consiglio è un organo da lei creato e approvato per legge dal Senato e dalla Camera dei Deputati. Funziona, quindi, in piena legalità». «Ma in tal caso io dovrei dare le dimissioni...». «...Che io accetto!». Mussolini era parso afflosciarsi. «Allora il mio crollo è completo». «Sembrava che avesse ricevuto un colpo da 305 in pieno petto!», commentò il Re... «adesso bisognerà sostituire Mussolini... - riprese il Re - lo sostituirà lei». «Ma io non ho mai fatto questo mestiere» «Imparerà a farlo». Il Re... aveva pronta la lista dei nuovi ministri".
Alle 22,45 del 25 luglio la radio trasmette il famoso messaggio di Badoglio: "Sua Maestà il Re Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di capo di governo, Primo ministro, segretario di Stato, di Sua Eccellenza Cavaliere Benito Mussolini e ha nominato capo del governo, Primo ministro, Segretario di Stato, il Cavalier Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio".
Il maresciallo Caviglia, pur devoto al Re, ne contesta la decisione:
Con la giornata del 24 luglio 1943 il Re ha accettato la sua decadenza.
Anch'egli crede che, abdicando, Vittorio Emanuele salvi la Dinastia. E' un'illusione.
Il 26 la Milizia non si muove per difendere il suo Duce. Puntoni riferisce che molte personalità si recano a fare atto di devozione al Re, che sbotta: "Tutta gente che è buona soltanto di far parole". Aveva torto? Il Governo giura il 27.
Rovesciamo la prospettiva: 25 luglio, 8 settembre, Regno del Sud, Luogotenenza, abdicazione e partenza per l'esilio non sono macchie, ma vanto del Re e dell'Italia.

28 luglio 1943, scrive Puntoni a pag. 148: "La situazione si aggrava... Sua Maestà mi dà ordine di predisporre tutto per una eventuale partenza da Roma. Dice il Re «Non voglio correre il rischio di fare la fine del Re del Belgio. Desidero mettermi in condizione di continuare a esercitare le funzioni di Capo dello Stato in assoluta libertà. Non ho alcuna intenzione di cadere nelle mani di Hitler e di diventare una marionetta di cui il Fuhrer possa manovrare i fili a seconda dei suoi capricci ... »
Questo l'imperativo: non cadere nelle mani dei tedeschi, per esercitare liberamente le prerogative di Capo dello Stato e rappresentare l'Italia di fronte al mondo.
Re Leopoldo III non seguì il suo Governo a Londra, restando così prigioniero di Hitler. Per questo perse il trono. La Monarchia italiana sarebbe caduta per la ragione opposta. Altri Capi di Stato avevano lasciato la loro capitale, come Stalin, o il loro Paese, come Guglielmina d'Olanda ed altri per riparare a Londra e sottrarsi ai tedeschi. Per tale decisione furono acclamati.
Tra il 30 e il 31 luglio il Re ordina al gen. Carboni di schierare a difesa della Capitale il Corpo d'Armata Corazzato.
3 agosto. "Il Governo ha deciso di comportarsi in maniera di far credere alla Germania che continueremo lealmente la guerra al suo fianco" (Puntoni).
Decisione peggiore Badoglio non avrebbe potuto assumere. Questa ambivalenza costerà all'Italia l'infamante accusa di tradimento da parte dei tedeschi e degli anglo-americani. Questi ultimi pretendono dall'Italia la resa senza condizioni; il 7 bombardano Napoli, l'8 Torino, Genova e Milano.
Il 13 agosto anche Roma è bombardata. il 14 è dichiarata città aperta.
Verso Pescara e Brindisi. 8-11 settembre.
Il Re vuole evitare la guerra civile, pericolo che aveva sventato nel 1922.
L'imminente trasferimento del Capo dello Stato e del Governo a Brindisi, rimane un atto di suprema responsabilità e coraggio: non di viltà. Saranno i repubblichini a parlare di "fuga di Pescara' e non i partiti. Questi ultimi, più avanti nel tempo, non faranno che ripeterla ed ingigantirla. "Alle 17 dell'8 settembre un dispaccio dell'Agenzia inglese Reuters annuncia al mondo: l'Italia si è arresa agli Alleati senza condizioni "Questa mossa anticipata degli Alleati che comunica al mondo la resa senza condizioni, mette l'Italia nella situazione peggiore possibile.
E con inaudito disprezzo. Il Re alle 18, dello stesso giorno, convoca il Consiglio della Corona al Quirinale per decidere il da farsi. La discussione è troncata alle 18.30 dalla risposta di Eisenhower. "Se I' armistizio non viene accettato ne seguirebbe di conseguenza la dissoluzione del vostro governo e della vostra Nazione ".
9 settembre. Anche questa volta Caviglia è in contrasto con il Re, infatti scrive: «Se fossi stato presente non avrei lasciato partire il Re. Milioni di uomini hanno affrontato la morte gridando Savoia! Ora tocca al Re e a noi gridare Savoia!, ma non mi sorprendo di nulla. Badoglio ha indotto il Re a tagliare la corda, così la responsabilità della propria fuga è diminuita se non annullata da quella del Re».
Caviglia telegrafa al Re chiedendo i poteri che gli consentano «data l'assenza del Presidente del Consiglio, di far funzionare il Governo». Immediata e positiva la risposta del Re.
I fatti si svolgono come segue: '71 radiogramma, che risulta spedito da Supermarina alle 6,10 del 10 settembre è captato regolarmente a bordo della 'Baionetta'. La risposta, dettata personalmente dal Sovrano, viene scritta a matita dal Duca Acquarone sul retro di una busta della Corvetta Partigiana, vecchio nome della 'Baionetta'. Ecco il testo: «Maresciallo Caviglia - Roma -In risposta suo telegramma Vostra Eccellenza è da me investita poter mantenere funzionante il governo durante temporanea assenza Presidente del Consiglio che si trova con me e con ministri militari. Vittorio Emanuele.». Questo telegramma parte regolarmente da bordo della nave. Come ha confermato in una lettera l'allora Tenente di Vascello Franco Mercogliano, di Napoli che prestava servizio sull'incrociatore 'Scipione Africano'. Racconta: «mattina del 10 settembre 1943 mi trovavo di guardia, in plancia, di scorta al 'Baionetta'. Riconobbi all'alba gli alti personaggi che sostavano su sedie a sdraio in coperta. Sentii della intercettazione del telegramma da Supermarina,ne conobbi il testo fui informato della risposta del Re e fui testimone della trasmissione a Roma. Risposta che, a richiesta del 'Baionetta', trasmettemmo noi dello 'Scipione'perché avevamo migliori radiotrasmittenti. Avemmo assicurazione di avvenuta ricezione». Peccato che quel telegramma Caviglia non lo abbia ricevuto. Lo avrebbe bloccato Badoglio che non gli garbava di essere sostituito dal rivale e di trovarselo magari davanti al suo rientro a Roma".
Lo stesso Maresciallo così scrive a pag. 471 del suo Diario: '71 mio telegramma rimase senza risposta. Pensai che fosse stato intercettato da altri ".E' palese: il Re non abbandonò Roma al suo destino.

Brindisi e la protoresistenza delle Forze Armate.

" Venerdì, 10 settembre 1943, nelle prime ore del pomeriggio, la R. Nave 'Baionetta' penetrava nelle acque della Piazza [di Brindisi] ... nessuno aveva segnalato l'arrivo del Re... appena egli apparve, dai marinai accorsi si alzò  il grido di Viva il Re. Il Sovrano sorrise, contenendo        l'emozione.     Giunge intanto notizia che il giorno prima il gen. Bellomo aveva cacciato il presidio tedesco da Bari. Possiamo ritenere quest'azione la protoresistenza del Regio Esercito, insieme con la difesa di Roma.

Nessun commento:

Posta un commento