Il 25 luglio 1943: cambio di prospettiva.
22 luglio, il Re convoca il Duce. Così Puntoni riporta la
sintesi del colloquio fattagli dal Re: "Ho tentato di far capire al Duce
che ormai soltanto la sua persona bersagliata dalla propaganda nemica e presa
di mira dalla pubblica opinione, ostacola la ripresa interna e si frappone a
una definizione netta della nostra situazione militare. Non ha capito o non ha
voluto capire. E’ come se avessi parlato al vento. Nessuna "congiura di
palazzo", come Mussolini scriverà.
25 luglio - 8 settembre: Il Re nomina e revoca i suoi
ministri." Art. 65 dello Statuto Albertino.
Venti minuti bastano al cittadino-Re per liquidare Mussolini
nel rispetto delle regole, vale a dire per fare quello che una pletora di
oppositori ed opportunisti non era riuscita a fare in vent'anni. Maturato il
momento propizio, fu "il solo che agì". (Einaudi)
Destituito Mussolini, bisogna dare immediatamente al Paese un
governo. Alle ore 18 del 25 luglio, il Re convoca Badoglio, il quale così
descrive la sua investitura a Presidente del Consiglio: Il Sovrano era in
piedi, in mezzo alla stanza. Ho fatto arrestare Mussolini! Stamani mi ha fatto
chiedere un'udienza che io ho fissato qui, alla villa, per le 16. E venuto
puntuale e mi ha comunicato che aveva avuto luogo la seduta del Gran Consiglio
nella quale era stato votato un ordine del giorno a lui contrario, ma che egli
riteneva non fosse valido...» Badoglio continua: "La voce del Re, piatta e
senza lumi, del tutto priva di retorica, descriveva con rara efficacia,
richiamando la scena in quarta dimensione dinanzi al Maresciallo. «Perché,
aveva obiettato Vittorio Emanuele a Mussolini, ritiene questo voto non valido?
Il Gran Consiglio è un organo da lei creato e approvato per
legge dal Senato e dalla Camera dei Deputati. Funziona, quindi, in piena
legalità». «Ma in tal caso io dovrei dare le dimissioni...». «...Che io
accetto!». Mussolini era parso afflosciarsi. «Allora il mio crollo è completo».
«Sembrava che avesse ricevuto un colpo da 305 in pieno petto!», commentò il
Re... «adesso bisognerà sostituire Mussolini... - riprese il Re - lo sostituirà
lei». «Ma io non ho mai fatto questo mestiere» «Imparerà a farlo». Il Re...
aveva pronta la lista dei nuovi ministri".
Alle 22,45 del 25 luglio la radio trasmette il famoso
messaggio di Badoglio: "Sua Maestà il Re Imperatore ha accettato le
dimissioni dalla carica di capo di governo, Primo ministro, segretario di
Stato, di Sua Eccellenza Cavaliere Benito Mussolini e ha nominato capo del
governo, Primo ministro, Segretario di Stato, il Cavalier Maresciallo d'Italia
Pietro Badoglio".
Il maresciallo Caviglia, pur devoto al Re, ne contesta la
decisione:
Con la giornata del 24 luglio 1943 il Re ha accettato la sua
decadenza.
Anch'egli crede che, abdicando, Vittorio Emanuele salvi la
Dinastia. E' un'illusione.
Il 26 la Milizia non si muove per difendere il suo Duce.
Puntoni riferisce che molte personalità si recano a fare atto di devozione al
Re, che sbotta: "Tutta gente che è buona soltanto di far parole".
Aveva torto? Il Governo giura il 27.
Rovesciamo la prospettiva: 25 luglio, 8 settembre, Regno del
Sud, Luogotenenza, abdicazione e partenza per l'esilio non sono macchie, ma
vanto del Re e dell'Italia.
28 luglio 1943, scrive Puntoni a pag. 148: "La
situazione si aggrava... Sua Maestà mi dà ordine di predisporre tutto per una
eventuale partenza da Roma. Dice il Re «Non voglio correre il rischio di fare
la fine del Re del Belgio. Desidero mettermi in condizione di continuare a
esercitare le funzioni di Capo dello Stato in assoluta libertà. Non ho alcuna
intenzione di cadere nelle mani di Hitler e di diventare una marionetta di cui
il Fuhrer possa manovrare i fili a seconda dei suoi capricci ... »
Questo l'imperativo: non cadere nelle mani dei tedeschi, per
esercitare liberamente le prerogative di Capo dello Stato e rappresentare
l'Italia di fronte al mondo.
Re Leopoldo III non seguì il suo Governo a Londra, restando
così prigioniero di Hitler. Per questo perse il trono. La Monarchia italiana
sarebbe caduta per la ragione opposta. Altri Capi di Stato avevano lasciato la
loro capitale, come Stalin, o il loro Paese, come Guglielmina d'Olanda ed altri
per riparare a Londra e sottrarsi ai tedeschi. Per tale decisione furono
acclamati.
Tra il 30 e il 31 luglio il Re ordina al gen. Carboni di
schierare a difesa della Capitale il Corpo d'Armata Corazzato.
3 agosto. "Il Governo ha deciso di comportarsi in maniera
di far credere alla Germania che continueremo lealmente la guerra al suo
fianco" (Puntoni).
Decisione peggiore Badoglio non avrebbe potuto assumere.
Questa ambivalenza costerà all'Italia l'infamante accusa di tradimento da parte
dei tedeschi e degli anglo-americani. Questi ultimi pretendono dall'Italia la
resa senza condizioni; il 7 bombardano Napoli, l'8 Torino, Genova e Milano.
Il 13 agosto anche Roma è bombardata. il 14 è dichiarata
città aperta.
Verso Pescara e Brindisi. 8-11 settembre.
Il Re vuole evitare la guerra civile, pericolo che aveva sventato
nel 1922.
L'imminente trasferimento del Capo dello Stato e del Governo
a Brindisi, rimane un atto di suprema responsabilità e coraggio: non di viltà.
Saranno i repubblichini a parlare di "fuga di Pescara' e non i partiti. Questi
ultimi, più avanti nel tempo, non faranno che ripeterla ed ingigantirla.
"Alle 17 dell'8 settembre un dispaccio dell'Agenzia inglese Reuters annuncia
al mondo: l'Italia si è arresa agli Alleati senza condizioni "Questa mossa
anticipata degli Alleati che comunica al mondo la resa senza condizioni, mette
l'Italia nella situazione peggiore possibile.
E con inaudito disprezzo. Il Re alle 18, dello stesso giorno,
convoca il Consiglio della Corona al Quirinale per decidere il da farsi. La
discussione è troncata alle 18.30 dalla risposta di Eisenhower. "Se I' armistizio
non viene accettato ne seguirebbe di conseguenza la dissoluzione del vostro
governo e della vostra Nazione ".
9 settembre. Anche questa volta Caviglia è in contrasto con
il Re, infatti scrive: «Se fossi stato presente non avrei lasciato partire il
Re. Milioni di uomini hanno affrontato la morte gridando Savoia! Ora tocca al
Re e a noi gridare Savoia!, ma non mi sorprendo di nulla. Badoglio ha indotto
il Re a tagliare la corda, così la responsabilità della propria fuga è
diminuita se non annullata da quella del Re».
Caviglia telegrafa al Re chiedendo i poteri che gli
consentano «data l'assenza del Presidente del Consiglio, di far funzionare il
Governo». Immediata e positiva la risposta del Re.
I fatti si svolgono come segue: '71 radiogramma, che risulta
spedito da Supermarina alle 6,10 del 10 settembre è captato regolarmente a
bordo della 'Baionetta'. La risposta, dettata personalmente dal Sovrano, viene
scritta a matita dal Duca Acquarone sul retro di una busta della Corvetta
Partigiana, vecchio nome della 'Baionetta'. Ecco il testo: «Maresciallo
Caviglia - Roma -In risposta suo telegramma Vostra Eccellenza è da me investita
poter mantenere funzionante il governo durante temporanea assenza Presidente
del Consiglio che si trova con me e con ministri militari. Vittorio Emanuele.».
Questo telegramma parte regolarmente da bordo della nave. Come ha confermato in
una lettera l'allora Tenente di Vascello Franco Mercogliano, di Napoli che
prestava servizio sull'incrociatore 'Scipione Africano'. Racconta: «mattina del
10 settembre 1943 mi trovavo di guardia, in plancia, di scorta al 'Baionetta'.
Riconobbi all'alba gli alti personaggi che sostavano su sedie a sdraio in
coperta. Sentii della intercettazione del telegramma da Supermarina,ne conobbi
il testo fui informato della risposta del Re e fui testimone della trasmissione
a Roma. Risposta che, a richiesta del 'Baionetta', trasmettemmo noi dello
'Scipione'perché avevamo migliori radiotrasmittenti. Avemmo assicurazione di
avvenuta ricezione». Peccato che quel telegramma Caviglia non lo abbia
ricevuto. Lo avrebbe bloccato Badoglio che non gli garbava di essere sostituito
dal rivale e di trovarselo magari davanti al suo rientro a Roma".
Lo stesso Maresciallo così scrive a pag. 471 del suo Diario:
'71 mio telegramma rimase senza risposta. Pensai che fosse stato intercettato
da altri ".E' palese: il Re non abbandonò Roma al suo destino.
Brindisi e la protoresistenza delle Forze Armate.
" Venerdì, 10 settembre 1943, nelle prime ore del
pomeriggio, la R. Nave 'Baionetta' penetrava nelle acque della Piazza [di
Brindisi] ... nessuno aveva segnalato l'arrivo del Re... appena egli apparve,
dai marinai accorsi si alzò il grido di
Viva il Re. Il Sovrano sorrise, contenendo l'emozione.
Giunge intanto notizia che il giorno
prima il gen. Bellomo aveva cacciato il presidio tedesco da Bari. Possiamo
ritenere quest'azione la protoresistenza del Regio Esercito, insieme con la
difesa di Roma.
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