venerdì 15 gennaio 2016

Cantare e portare la Croce - IV parte

26 agosto. Cavalli e ciclisti. La 53° divisione raggiunge l’orlo meridionale del vallone di Ghignavano''. Il generale Gonzaga, suo comandante, attestatosi in località Caverna chiede di procedere nella conquista del vallone. Capello gli ordina di fermarsi. (9)

Il Comando d'Armata assegna al XXIV Corpo una divisione di cavalleria e tre battaglioni di ciclisti; Caviglia, con ironia, osserva che la mancanza d'acqua sull'altopiano della Bainsizza, rende inutili i cavalli, perciò " ... era necessario lasciare la cavalleria in valle Isonzo ...... (pag 109) I ciclisti, intanto, vengono mandati sulla Bainsizza.

Cadorna ordina alla III Armata di prepararsi ad un nuovo attacco sul Carso.

Sotto la stessa data, Gatti scrive: ”Io credo che la battaglia, concepita bene, nell'attuazione non sia stata altrettanto felice... Da quattro giorni tutta la III armata è del tutto ferma.... Fino a San Gabriele nulla di nuovo .... Se il nemico fosse stato premuto tutti i fronti avrebbe dovuto almeno pensare parecchie cose.... Il colpo non è stato fortissimo".(10)

Erich Ludendorff, comandante supremo tedesco: -L'undicesima battaglia dell'Isonzo era stata ricca di successi per l'esercito italiano. Le armate imperiali avevano bravamente resistito, ma le loro perdile sulle alture del Carso erano state così rilevanti, il loro spirito così scosso, che le autorità militari e politiche dell'Austria-Ungheria erano convinte che le armate dell' 'Imperatore non avrebbero potuto continuare la lotta e sostenere un dodicesimo urto dell'Italia". (11) Da qui l'intervento tedesco. Sette divisioni di fanteria e artiglieria. Caporetto verrà.

27 agosto. La brigata Grosseto si ritira sulla strada di Vrhovec per un violento contrattacco austriaco ma subito dopo riprende la posizione. Alla Il Armata viene assegnato l'incarico di espugnare il San Gabriele e il San Daniele, per aprire la strada alla III Armata. Per Caviglia la battaglia finisce ora e qui. (Cfr. pag. 109)

Perdite. Il generale Caviglia chiude la descrizione della battaglia nel suo settore con il quadro delle perdite: "Il XIV Corpo d'Armata s'era trovato di fronte 56 battaglioni, e ne aveva organicamente distrutti 45 oltre a diverse compagnie di mitragliatrici autonome. Erano caduti nelle nostre mani circa 150 bocche da fuoco ed 11. 000 prigionieri....

Le perdite del XXIV Corpo in questo periodo (13-31 agosto) furono in tutto circa 6400 uomini perduti. Nell'intera 11° battaglia dell'Isonzo, le 51 Divisioni, che vi presero parte, perdettero 140. 000 uomini, in media circa 3. 000 uomini per divisione ". (Caviglia, op. cit. pagg. 110- 111).

29 agosto. Il Comando Supremo sospende l'offensiva generale ed ordina solo un ultimo assalto al sistema difensivo del nemico, a nord e a est di Gorizia per facilitare le operazioni della III Armata, impegnata sul Carso. Ma proprio l'ultimo attacco in questo settore, fallisce.

Questa, dal 19 agosto, aveva ottenuto limitati successi nelle zone circostanti le colline di Tivoli, nel settore monte Faiti-Castagnavizza, Selo-Sella delle Trincee, paludi di Locavaz, catturando alcune migliaia di prigionieri, oltre i precedenti 19.000. Tuttavia, il Carso resta in mano nemica.

Lo scontro per la Bainsizza si frammenta.

Leggiamo in Amedeo Tosti (12) "Da fonte nemica sappiamo che il Comando austriaco, disperando ormai di poter porre riparo alle gravi falle aperte nella sua linea sul margine occidentale della Rainsizza, aveva predisposto, nella notte del 23, la ritirata sulla linea Masniak-Kal- Vrhovec-Madoni-Zagorie-San Gabriele: le ultime resistenze, quindi, del giorno 23, avevano avuto soprattutto lo scopo di coprire il ripiegamento -. (1).

(1) V la relazione del generale von Pitreich sull'11° battaglia dell'Isonzo nella citata opera dello Shivarte, e la Relazione ufficiale austriaca. (A.Tosti op. cit. pag 26)


Dopo il 24 agosto, come per Caviglia anche per Tosti, (pag. 266 op. cit.), la grande battaglia si spezzetta in una serie di scontri sanguinosi che si esauriscono in rettifiche della linea del fronte: ne sono testimonianza, gloriosa e amara, i monti Hermada e San Gabriele; l'uno sul Carso, l'altro nella corona di alture intorno a Gorizia. Contemporanei gli assalti, il 4 e 5 settembre, alle due montagne.

4 e 5 settembre Hermada e San Gabriele. Le due montagne sono contemporaneamente teatro di sanguinosi e feroci scontri all'arma bianca. L'Hermada resterà in mano austriaca sino al 1918, come bastione avanzato di Trieste.

5 settembre. Ore 5,35. Prendiamo una cima del San Gabriele.

"La presa del San Gabriele è avvenuta così. Alle 5,35 il t. col. Bassi. Dopo aver detto a S. E. Gatti che non facesse né intensificare il tiro, né altro, per non dare l'allarme al nemico, balzò fuori con i suoi 450 uomini, divisi in 3 parti: una diretta a q. 367 per salvaguardare il fianco destro, una verso S. Caterina per il fianco sinistro, e la principale in mezzo, per salire sulla cima del San Gabriele Avanti i bombardieri, dietro i lanciafiamme. Gli austriaci furono sorpresi nelle caverne.... la cima fu raggiunta in 30 minuti.... Il generale austriaco preso in una caverna, comandante la zona S. Gabriele, si suicidò, il maggiore comandante del settore tentò ma non riuscì. Tutto il monte, specialmente sulla cima, era forato come un alveare. Il battaglione d'assalto [ndr il reparto sperimentale degli Arditi] al S. Gabriele fino alla mattina del giorno 5: poi, sostituito da una brigata. ridiscese, a riposo al Natisone ". (Gatti, pag. 2 3 0).

La Il e la III Armata vivono ormai in continua fibrillazione, poiché il Comando Supremo, vale a dire Cadorna, non imprime la spinta definitiva alla battaglia: anzi, lascia che gli attacchi si spengano. Perché? Il suo disegno, ancora oggi, a noi, rimane oscuro. Tutto sembra lasciato all'iniziativa dei singoli reparti.

5 Sera. Riperdiamo quota 146. Gli Austriaci si incuneano tra le tre quote del San Gabriele da noi occupate: Veliki, 552 e 646. (Cfr. Gatti, pagg.223-224)

Due testimoni diversi ma uguali. Italiani e Austriaci prendono e perdono, riprendono e riperdono i fianchi del monte, ormai una fornace che brucia la vita dei soldati con una velocità oggi impensabile. Scrive il tenente colonnello Sauer del 14° reggimento di fanteria austriaco: “ ... chi potrebbe descrivere a fondo questo San Gabriele, questa specie di Moloch, che ingoia un reggimento ogni tre o quattro giorni, e senza dubbio, anche se non lo si confessi, cambia
giornalmente il suo possessore? ". (13)

Il nostro fante Antonio Pardi, classe 1898, del 247 reggimento, 6' compagnia, Il Armata, ci ha lasciato una vivida e impressionante fotografia di quelle giornate: "Ricordo la grande battaglia del monte San Gabriele, in cima al quale, ogni sera, saliva una divisione di fanti. Io servivo allora nelle corvées, di rifornimento munizioni alla prima linea, la quale si trovava in cima al San Gabriele. Ci muovevamo sotto un diluvio di cannonate ... ognuno di noi aveva sulle spalle una cassetta di munizioni. Salii diverse volte quel maledetto fianco del monte. ... Bisognava stare attenti dove si mettevano i piedi, per non correre il rischio di urtare le bombe... del commilitone caduto ... Ogni secondo che passava era un secondo di vita in più.... I morti erano così fitti che non si potevano più scansare... Gloria a tutti i caduti, ai soldati tutti che combatterono con coraggio. Gloria sia anche quando non avremo più bisogno di pensare alla guerra” (14)

6 settembre. Stallo. I nostri non vanno né avanti né indietro.

7 settembre. Del San Gabriele controlliamo, alla fine, un terzo, poiché solo una delle tre punte. che si ergono sul pianoro di quota 600, quella a nord-ovest, è nostra. Cfr. Gatti a pag 230.

Falso successo la presa sul San Gabriele?

15 settembre. Bainsizza. La Brigata Sassari conquista le quote 895 e 862.

29 settembre. La 44° divisione, generale Achille Papa, conquista quota 800, sulla linea Madoni-Na Kobil-Zagorje, che domina la parte superiore del Chiapovano.

5 ottobre. Bainsizza. Durante un assalto il generale Achille Papa è colpito a morte. Medaglia d'Oro alla memoria. Fine della battaglia.

EPILOGO

Nella temperie della Grande Guerra, l'Italia presenta i caratteri di una giovane nazione, che rielabora se stessa attraverso tensioni, contrasti, limiti della classe politica, problemi sociali, rivolte interne e al fronte, che non furono mai né rivoluzione né tradimento.

A chi intona la solita trenodia della “generazione perduta" rispondiamo: Niente storie!

Tutti i Soldati caduti in battaglia potrebbero dire di sé: Cursum feci fidem servavi.

Michele D'Elia

(1)      Enrico Caviglia, La battaglia della Bainsizza. Ed. Mondatori, Milano 1930, VIII pagg. 96-97. li volume ci farà da guida nella descrizione della battaglia.
(2)      Enrico Caviglia, op. cit. pag. 22
(3)      Ardengo Soffici, Kobilek, Ed. Vallecchi. Opere. Volume III, Firenze 1960, pagg. 113-119
(4)      Per l'unità linguistica degli italiani cfr. Tullio De Mauro. Storia linguistica dell'Italia unita, Ed. Laterza, Roma-Bari 1991, pagg. 108-109. [la edizione Bari 1963]
(5)      Angelo Gatti in Caporetto - Diario di guerra inedito maggiodicembre 1917, a cura di Alberto Monticone, Ed. Il Mulino, Bologna 1964, pagg. 182-183. Gatti offre una lettura "politica " e non solo tecnica delle operazioni da maggio a dicembre 1917
(6)       Fritz Weber. Da Montenero a Caporetto - Le dodici battaglie dell'Isonzo, Ed. Mursia, Milano 1967 pag. 341 e 337
(7)       cfr. Giuseppe Ungaretti, Lettere dal fronte a Mario Puccini, Ed. Archinto, Milano, novembre 2014, pag. 38
(8)      cfr. Roberto Raja, La Grande Guerra giorno per giorno, Cliché, Firenze 2014, pag. 137
(9)      Caviglia, op. cit. cfr., Nota n. 1 a pag. 102
(10)         Angelo Gatti, op.cit. pagg. 191-192
(11)         Ludendorff, Ricordi di guerra, pag. 384 - in Amedeo Tosti La guerra italo-austriaca - 1915-1918, Ed. I.S.P.I., Milano, 25 ottobre 1938 - XVI pag. 272
(12)         Amedeo Tosti, op. cit.
(13)         K. Sauer, Un libro di ricordi dei grandi tempi, Lienz, 1920, pag. 282 - in Amedeo Tosti, op. cit. pag. 269 Nota 1

(14)         Emilio Faldella [a cura di] I racconti della grande guerra, Ed. Mondadori, Milano 1966, pagg. 73-75

martedì 12 gennaio 2016

Cantare e portare la Croce - III parte

INTERLUDIO

22 agosto. "E' la giornata decisiva"

Prima dell'attacco allo Jenelik Caviglia considera: "Nella valle regnava un silenzio perfetto. Non uno squillo di tromba, non il nitrito d'un cavallo, non il suono d'un comando. La natura e gli uomini riposavano. Dopo tanta tempesta e tanta distruzione un silenzio religioso esaltava l'anima ad ascensioni mistiche di amore e di pace... (pag. 93)

Duello di artiglierie. L'artiglieria nemica ritiratasi dall'Isonzo, non spara o spara a casaccio perché troppo distante e senza osservatori. La nostra, invece, è così descritta dal tenente di artiglieria Fritz Weber nella sua testimonianza del 18 agosto: "In questi due anni, inoltre, il nemico si era trasformato radicalmente. Forse, a quest'ora aveva già superato lo zenit della saldezza interiore - durante la decima battaglia, infatti, certi reggimenti italiani avevano tentato pericolosi ammutinamenti - eppure rimaneva un fatto inoppugnabile che aveva imparato a morire, che aveva fatto l'abitudine alle perdite cruente e che bastava la più vaga speranza di un successo per renderlo addirittura temerario, preoccupato soltanto di arrivare alla meta, non importa se fosse un trascurabile pezzetto di terreno o una cima irrilevante.

L'artiglieria italiana, ... sapeva,fare un uso ben diverso, adesso, delle munizioni, non le sprecavano più senza scopo e senza risultato come nelle prime battaglie. Il suo tiro era diventato micidiale, colpiva tutti i punti immaginabili, era - se così si può dire -fantasioso nella sua metodicità, satanico per quanto concerneva il logoramento dei nervi dell'avversario. E poi c'erano gli aviatori italiani ... ". (pag. 337)

"Non vi era un nascondiglio, un angolo o una conca in cui qualcosa di vivente avrebbe potuto cercare riparo che non fosse colpito dal maglio dell'artiglieria italiana. Da Mrzli Vrh fino all'Adriatico, su un fronte lungo più di sessanta chilometri la terra tremava, fumava, l'aria era lacerata dall'urlo ininterrotto delle granate e delle bombarde. Neppure questo teatro di guerra aveva mai visto qualcosa di simile. Si stentava a credere che quanto stava accadendo, una distruzione così fulminea e così sapientemente organizzata, potesse avvenire per opera dell'uomo. Non erano, forse, demoni quelli che trasportavano i proiettili, servivano il volantino di puntamento, si gettavano sul pezzo, aprivano l'otturatore, cacciavano altro acciaio nella bocca da fuoco arroventata? Non erano, forse, demoni quelli che pensavano, calcolavano, osservavano in un simile mondo impazzito imprimendo a questa follia scatenata il suggello della più metodica esecuzione di un piano predisposto? "' (pag. 34 1)

22 mattina. Assalto all'Oscedrik, quota 856 - Fasi:

1) la 47° divisione parte all'attacco della cima e la conquista una prima volta; 
2) il nemico contrattacca e, con le riserve, riprende la vetta; 
3) il successivo corpo a corpo ci ridà l'Oscedrik; 
4) lo riperdiamo subito dopo.

Ore 14,30. Improvvisare ancora. 1) il nemico tiene saldamente il monte;

2) il Comandante del XXIV ordina alla 47° di condurre un nuovo assalto ed autorizza l'impiego dei battaglioni alpini Tonale e Pasubio, che però sono lontani. Che fare?

Il Comandante constata: - la 60° è sul Kuk con quattro battaglioni della brigata Tortona e tutto il 279° della Vicenza. - il 159° inizia l'ascesa dello Jelenik; - il generale Tisi, con la brigata Elba, è sul Semmer: e decide di attaccare per cresta lo Jelenik, così manovrando:

1) ammassamento. 
2) schieramento. 
3) attacco.

Caviglia prevede la conquista dello Jelenik per le ore 18.

Ore 17. Lo Jelenik cade.

Ore 18. Cade anche quota 747. La 60° procede verso il villaggio di Bate.

La fanteria manovra. Si chiede con orgoglio Caviglia: "Potrebbero altre fanterie, che non fossero italiane, manovrare così in momenti simili, dopo d'esser rimaste per mesi e mesi immobili,

impantanate in trincee di fango? Riacquistare così rapidamente tanta facoltà di movimento dopo diversi mesi d'atassia locomotrice? Io ho visto in diverse guerre le fanterie delle principali nazioni europee, asiatiche ed americane, ma credo che nessuna di esse, neppure la francese (che più si avvicina alla nostra per prontezza di intuito, sveltezza e facilità di movimento) avrebbe potuto far meglio e più prontamente quella manovra in analoga situazione “. (pag. 95)

Il Re. Sappiamo che Vittorio Emanuele III si spingeva sino alle prime linee. Ora è presso l'osservatorio del monte Kalì. (cfr. Caviglia, pagg. 96-97)

Sulla figura del giovane Sovrano, che ha "... attorno, delle vere mummie... " cfr. anche il profilo che ne tratteggia Gatti. (op. cit. pagg. 181-182).

Caduti lo Jelenik e l'Oscedrik, si sarebbe potuto aggredire l'orlo sud della linea austriaca, procedere verso il Kobilek, investire il vallone di Chiapovano, e puntare su Tolmino.

Sera. Il XXVII è fermo sulle nuove posizioni; il Il con la sua 3° divisione occupa la prima linea nemica. Qui si ferma e blocca anche la 60°, generale Squillace.

Notte tra il 22 e 23 agosto. Occasione perduta.

Il Comando d'Armata non si rende conto che la sosta: - permette alle forze austroungariche di sfilarsi; ed arresta la nostra avanzata generale.

Capello ed i suoi più stretti collaboratori, mancano di quella flessibilità tattico-strategica, necessaria per adeguare uno schema prestabilito all'imprevista evoluzione della battaglia.

Carlo I. Gli Imperiali sgombrano la Bainsizza.

Nel campo opposto, quasi a sottolineare l'errore strategico del Comando italiano, avvengono incontri decisivi. Fritz Weber: "Il 22 agosto l'Imperatore Carlo I arrivò a Postumia ed ebbe un colloquio segreto di due ore con il feldmaresciallo Boroevic. Il risultato di quest'incontro fu una decisione. ...ritirare il fronte a nord del Basso Vipacco, portandolo sul margine orientale del vallone di Chiapovano...

Alle 21, il feldmaresciallo Boroevic convocò il capo di Stato Maggiore e il capo dell'ufficio operativo per informarli delle proprie intenzioni e per sentire il loro parere... Il colonnello von Pitreich osservò che sarebbe stato opportuno agire senza eccessiva fretta. Durante la notte, forse, la situazione si sarebbe chiarita sulla Bainsizza consentendo di limitare lo sgombro completo dell'altopiano a una ritirata parziale. La proposta riscosse il pieno consenso del comandante della 5° armata. La speranza di una vittoria senza pari prometteva di diventare realtà e spronava gli italiani a insistere con rinnovato ardore.... Il colpo subito dalla difesa era, fuor di dubbio assai duro ... tre divisioni - la 21°, la 43°,  e la 106°, dodici valorosi reggimenti, 22000 uomini circa – erano state praticamente polverizzate... -. (Weber, op. cit. pagg. 351-353).

Notte tra il 23 e il 24: lo sgombero tecnico dell'Altopiano è concluso.

Effetto: l'artiglieria italiana all'alba del 24 spara sui luoghi abbandonati, vale a dire, fra la quota 652 del Vodice, il Kobilek ed il villaggio di Bate …(Weber, pag. 354)

Al dire di Weber, gli italiani attaccano alle ore 10 verso est, "il Monte Santo fu espugnato dopo un breve selvaggio corpo a corpo ". (Weber, op. cit. pag. 354)

23 agosto. Il prezzo dell'Oscedrik.

Prima che iniziasse l'aggiramento del monte da sud, nelle prime ore antimeridiane, i battaglioni alpini Pasubio e Tonale. Avevano ripreso il monte. I vincitori, arrivati in cima, vedono questo: "Su quella vetta la furibonda lotta. sostenuta a più riprese dalle nostre truppe e da quelle austro-ungariche, aveva lasciate terribili e dolorose tracce negli strati di cadaveri nemici e nostri, sovrapposti alternatamente, nelle armi infrante ed abbandonate, firammiste ad essi, nelle pietre divelte, negli alberi schiantati e nei rami stroncati. Si vedeva allora quante volte quella vetta fosse stata perduta e ripresa.

Ai valorosi nostri compagni, che colà combatterono e caddero, rivolgo il pensiero reverente e grato, ed ai nemici vada il tributo di ammirazione, meritato dal loro valore ". (Caviglia, pag. 100)

23 agosto. Pomeriggio. La brigata Grosseto occupa le Stari San Duha, oltre l'Oscedrik;

1) la 3° divisione del II Corpo avanza e sostituisce la 60°, tra quota 747 e 652;

2) la 60° occupa i boschi a sud dell'Oscedrik per aggirare il Kobilek.

L'altopiano della Bainsizza è isolato ma non preso.

Situazione. Dal 17 al 23 agosto, da Tolmino al mare il XXVII e il XXIV Corpo hanno superato l'Isonzo. Il XXIV aveva aperto "una porta di 15 km".

Schiodare. Ipotesi di manovra oltre la nuova linea del nemico. Gli austro-ungarici stanno arretrando sino all'estremo lembo meridionale dell'altopiano. il momento cruciale: gli Imperiali in ritirata dovrebbero essere incalzati per stadi successivi, così delineati da Caviglia:

a) “far passare la maggior quantità di forze possibile " (pag 101 ) attraverso lo squarcio di 15 km;
b) dividere le forze armate nemiche, sistemate a nord della foresta di Ternova, da quelle schierate più a sud;
e) tagliare la via della ritirata verso Lubiana.

Palese la crisi degli Imperiali che Caviglia definisce "vacillazione morale... perciò il giorno 23 anche la III Armata avrebbe, forse dovuto attaccare per approfittare di quelle debolezze". Il
Comando Supremo lo capì, ma diede gli ordini tardi. (pag 101).
Concludere subito la manovra con la presa di Tolmino, questo il pensiero di Caviglia, ma non di Capello, che non volle cogliere il momento propizio. Il fronte rimase fermo 24 ore. Così Caviglia: "La lezione che noi non abbiamo dato il 23 agosto agli Austriaci, la dette a noi il 24 ottobre di quell'anno la 14" Armata austro-tedesca", comandata dal generale tedesco Otto von Below. (pag 102).
24 agosto. Il XXIV procede per suo conto. L'abbandono dell'Oscedrik, l'assenza di contrasto di artiglieria e, soprattutto, gli incendi avvistati sulla Bainsizza, chiariscono l'estrema debolezza degli Imperiali. è il momento di attaccare su tutta la Conca del Chiapovano, per aggirare il Kobilek. Da qui l'ordine di operazioni, N° 9 diramato dal generale Caviglia, che avrebbe aperto la strada al Il Corpo. Esso recita:     «Occorre inseguire- l'avversario e non dargli tregua, affinché non possa riordinarsi ed affermarsi in posizione.
«Date la nostra preponderanza di forze e le speciali condizioni di disorganizzazione dell'avversario, raccomando ancora la manovra di avvolgimento, anziché ostinarsi ad una lotta frontale.
« E' mia intenzione proseguire celermente l'avanzata fino a raggiungere l'orlo nord-occidentale del vallone di Chiapovano per impadronirci del valico della strada di Lokve, prendendo possesso delle alture laterali Veliki- Verh e Cerni- Verh». (pag 104-105)
Sequenza delle operazioni:
1) alla 47° Caviglia ordina di marciare verso il ciglio della conca      di Chiapovano;

2) alla 60° di prolungare a sud la linea della 47° a per creare un unico schieramento difensivo tra il monte Zgorevnice e Sveto.

Tutto è pronto per l'assalto finale ma il generale Capello convoca tutti i comandanti di Corpo per consultazioni: non si conclude nulla, perché durante la conferenza giunse la notizia che la 53° divisione, [ generale Gonzaga, ndr ] aveva occupato il Monte Santo " (pag 104)

Chi vuole concludere qualcosa deve agire da solo.

Prime ore del mattino. La 47 si dirige tra quota 747 e il monte Sleme.

Tardo pomeriggio. Artiglieria al galoppo. La 47° occupa l'abitato di Trusnje, mentre la 60° occupa Bate e raggiunge la linea quota 801-Sleme, quota 700-Lohka. Si distinguono 2 batterie del 46° artiglieria da campagna che prendono posizione al galoppo e aprono il fuoco.

Entusiasmo delle truppe. Ungaretti. "Brigate che avrebbero dovuto essere sostituite non vogliono essere sostituite: altre, che sono in riserva come la brigata Regina, chiedono di essere impiegate. E’ una marcia in avanti piena di entusiasmo... -. (Angelo Gatti, pag. 187)

Questo clima di convinzione promana anche dall'opera e dall'impegno sul campo di Giuseppe Ungaretti, che, in malattia presso una compagnia presidiaria, insiste per "riandare a un reggimento combattente, al mio 19' ... ma presto” - 11 luglio 1917.(7)

25 agosto. L'Imperatore Carlo. angosciato dalle gravi perdite subite chiede a Guglielmo II aiuti in truppe e artiglieria. poiché: “L 'esperienza che abbiamo acquisito nell'undicesima battaglia mi porta a credere che capiterà di peggio nella dodicesima... (8) ".

25 agosto. Mattina. La 47° vola. S'impadronisce di quota 920 ad ovest del Volnik e precede di due km. la 60°. Questa avanza verso Breg, ma viene fermata. La brigata Milano decimata, è sostituita dalla Sassari. Il Comando del Corpo d'Armata lascia il monte Kalì e si trasferisce sull'Ossoinka. (Caviglia, pag. 106) Nella giornata, truppe austro-ungariche provenienti dalla Galizia, rafforzano il nemico.

Sera. Gli austro-ungarici, incalzati, si rischierano così: linea di mitragliatrici e artiglierie leggere. sulle alture intorno al lato occidentale della conca di Chiapovano.

Notte. Le nostre batterie di medio calibro passano sulla riva sinistra dell'Isonzo.

sabato 9 gennaio 2016

Cantare e portare la Croce - II parte

di Michele D'Elia

Cronaca di una battaglia manovrata

19 agosto. Giorno N (N = giorno di inizio dell'attacco)

17 agosto. Giorno N meno due, inizia l'intervento dell'artiglieria; lo stesso 17 il Comandante del XXIV stabilisce il proprio quartier generale sul Monte Kalì, che per posizione topografica favorevole, gli consente di osservare “tutto il terreno della battaglia del XXIV Corpo d’Armata e dei due Corpi d'Armata laterali, tra il Lom di Tolmino e il Vodice ... senza creare sopraccapi per chi ha la più grave di tutte le responsabilità qual è quella di condurre una brigata, un reggimento od un battaglione all'attacco”. (pag. 79)

17 agosto. Ore 14. Nostro tiro sui Comandi e sui' centri operativi...

Pomeriggio e sera. Ammassamento delle fanterie nei settori d'attacco.

18 agosto. Ore 6-40. Tutte le batterie aprono contemporaneamente il fuoco.

Divagazione politica. I1 tenente Ardengo Soffici, finito il bombardamento, è meravigliato da una singolare novità: la visita del ministro Bissolati al Comando di battaglione. “A mezzogiorno mentre eravamo tutti riuniti a mensa,... è capitato
Improvvisamente il Ministro Bissolati ... A desinar finito, il maggiore Casati si alza       e saluta e, ringrazia brevemente l'ospite a nome suo e nostro. Bissolati risponde... e le sue parole... commuovono".(3) I soldati si affollano intorno al ministro, ma non è visitando i Comandi all'ora della mensa che il Soldato possa sentirsi più amato e capito dai politici. Nota Soffici:---... Questo buon Bissolati è un vecchio. Come tutti i
suoi pari.... egli crede che le belle parole dell'eloquenza parlamentare... possono soddisfare della gente alla quale si domanda e ridomanda la vita... il soldato...Fa a quello che     ... Per una specie di pudore, detesta l'esibizione dei suoi atti... anche il caro amico di Casati e mio, Giovanni Amendola, che è capitano, è salito fra noi e per lo stesso fine che Bissolati; ma con quale altro spirito, incontro e successo”. Il capitano Botti riassume in un verso la maniera di farsi amare dal soldato. Pidocchi condividerne e fatiche".

Soffici, sempre il 18 agosto: “ L’ordine è venuto di partire domattina per l'avanzata. Ridiscenderemo nella valle del Rohot e di lì inizieremo l'attacco per la conquista della quota 652 del monte Kobilek". (pagg. 114-119)

18 agosto mattina. I Pontieri: “E noi getteremo i ponti".

Gittare i ponti sarà, insieme, fulcro e conclusione della manovra iniziale: o passiamo sulla riva opposta o l'attacco fallisce. Tutto dipende dai pontieri. Dell'operazione è incaricato il 4° battaglione pontieri,  5° 8° e 14° compagnia; a ciascuna è aggregata una compagnia ausiliaria. Gli uomini erano esperti barcaioli, le cui tradizioni e la cui tecnica risalivano almeno al 1500. Essi avevano già trasportato i pesanti barconi dalle mulattiere sino alla riva del fiume durante la notte e li avevano nascosti dietro le case diroccate negli scontri precedenti: ma avevano anche escogitata la tecnica per "... arrestare le mine galleggianti che il nemico poteva abbandonare alla deriva nel fiume a Tolmino ". (Caviglia pag. 73)

I barcaioli del Po, dell'Adige, del Ticino, dell'Adda, qualcuno dell'Arno, del Tevere e della Liguria, avrebbero anche potuto pensare di non farcela. E’ umano. Il Comandante del XXIV, intuitone lo stato d'animo, li incontra e dice loro: "Voi tutti siete barcaiuoli di padre in figlio da decine di generazioni. Duemila annifa i vostri avi più remoti erano barcaiuoli come voi, negli stessi luoghi dove siete nati, e Giulio Cesare li portò con sé nelle Gallie per gettare i ponti sul Reno. Poté così conquistare la Germania, e portarvi la civiltà latina.
E quando Napoleone, cent'anni or sono, passò il Danubio all'isola di Lodau, portò con sé i pontieri della Padana: erano quelli i vostri bisnonni. Nella storia sono questi i due passaggi di fiumi più memorabili, e furono i vostri avi che li prepararono gettando i ponti agli eserciti vincitori.

Non saprete voi gettare i ponti sull'Isonzo?

Io so cosa vi preoccupa. Voi vedete gli Austriaci a cinquanta a cento metri di distanza che sorvegliano il fiume, e vi pare impossibile che vi lascino gettare le barche in acqua, ancorarle, e compiere tutte le altre operazioni per le quali occorre almeno un'ora. Ma io ho buone batterie di bombarde e di cannoni e molte mitragliatrici, ed intanto che voi gettate i ponti, farò stare gli Austriaci con la testa bassa, nascosti, così che non oseranno neppure guardare quando voi getterete i ponti.
«E noi getteremo i ponti», essi risposero. (pag. 74)

Molte regioni, ma un solo popolo ed una sola lingua. (4) Questo è il Regio Esercito.

Ore 22. Inizia il gittamento dei ponti.

19 agosto, ore 2 del mattino. La 47° divisione conclude il gittamento dei ponti: A - sul Loga; - Aiba; C - Bodrez. Seguiranno D - Canale; E - Morsko; F - Anhovo.

Relazione ufficiale austriaca.

Il nemico vive così il veloce forzamento dell'Isonzo: “19 agosto. Grazie ad una preparazione molto accurata, gli italiani riuscirono a superare l'Isonzo, costituente un notevole ostacolo di fronte le posizioni dei difensori, e dopo, con relativa rapidità travolti i posti di guardia, produssero ben presto una situazione critica per la difesa ". (cit. in Paolo Antolini, http://memoriadibologna.it-battaglia dell'Isonzo). Il ponte A viene ceduto al XXVII Corpo.

19 agosto. Alba. Le brigate della 47° sono tutte sull'altra riva. (pag. 82)

Più difficile la situazione della 60° a sud, nel settore dì Anhovo: qui viene gettato solo il ponte F e costruite soltanto due passerelle. Obbiettivo: prendere quota 747. Caviglia è preoccupato dal sorgere del sole: perché il nemico avrebbe inquadrato i ponti.

Ore 4,30. Caviglia dal Monte Kalì sveglia il Comando dell'artiglieria, che intensifica il bombardamento e copre i battaglioni della 60°.

Prime ore del mattino. Situazione 1,  La 47° procede verso Fratta-Semmer, la 66° resta inchiodata sulla riva. Pomeriggio. La 47° raggiunge la cresta Fratta-Semmer, verso l'Ossoinka; manovra incompleta, perché manca l'altro braccio della tenaglia.

L'Artiglieria. In sintonia con i fanti piazza due sezioni da montagna della 47" sui costoni di Loga e Bodrez; e due batterie sul Fratta e sul Semmer. (pag. 83)

Situazione, 2. a) la 60° bloccata davanti all'abitato di Canale: b) le mitragliatrici nemiche, dalle rovine del centro abitato, impediscono il gittamento del nuovo ponte; e) la colonna centrale della 60°, due battaglioni del 257° reggimento di fanteria, attraversata la passerella n 2, ripara alla meglio sulla riva a sinistra, e resta isolata per la distruzione della passerella. (pag. 84). Così anche per il 2° battaglione, oltre la passerella n.° 3; e per gli altri due, che avevano superato il ponte di Plava. Anche la 3° divisione del Il Corpo è bloccata.

Rischio: essere ributtati in acqua.

Manovra. Per Caviglia unica via d'uscita è ... aggirare Canale ed attaccarlo a monte con due battaglioni di bersaglieri della l° brigata ". (pag. 84) Fara attua la manovra. La fantasia del fuori programma, in un combattimento statico, sorprende il nemico: non può contrattaccare dal monte per il tiro della nostra artiglieria né può utilizzare la propria, per non colpire le sue stesse truppe.

Prime ore della sera. Canale è presa. (pag. 85)

Schematismi. L'impiego delle truppe negli eserciti dell'epoca, specialmente sul fronte alpino, rispondeva a disegni rigidi, la vittoria arrideva, anche nei piccoli scontri, solo a chi manovrava la fanteria, spezzandoli. In grande scala questo avrebbero fatto gli austro-tedeschi a Caporetto.

Notte tra il 19 e il 20. Stallo. Vengono gettati i ponti D a Canale ed E a Morsko. Il fuoco di sbarramento impediva l'avanzata della 60° . Nondimeno, il 6° reggimento bersaglieri scendeva da Cambresco sulla sinistra dell'Isonzo, si collegava con il 262° fanteria, mentre il II era ancora bloccato dalla resistenza nemica.

Il XXVII Corpo è ancora in difficoltà, per questo il XXIV gli cede anche il ponte B.

Chi impedì a Caviglia di procedere da solo come aveva progettato?

Scrive il Generale: ”Si può affermare che nell'azione del XXIV - Corpo d'Armata si compendia la parte interessante di tutta la battaglia ed è bene di compendiarla cosi. Perciò la battaglia prese per noi il nome della Bainsizza, mentre i nostri nemici la chiamarono la II battaglia dell'Isonzo... Contribuì alla vittoria pure il XXVII Corpo d'Armata ( Vanzo fino al 22 agosto, poi Badoglio)...
Il II Corpo (Badoglio fino al 22 agosto poi Montuori) trasse profitto dalla caduta delle linee austriache – che esso invano attaccava di fronte – provocata dall'aggiramento operato dal
XXIV Corpo." (110) Caviglia non risparmia motivate critiche ai colleghi e nota che Cadorna proprio nella fase iniziale della battaglia, con decisioni repentine rimuove e. sostituisce o sposta da un Corpo d'Armata all'altro alcuni comandanti Questa specie di balletto, si svolge in piena battaglia e ne incrina gli effetti; si legga anche A. Gatti.`(5)
            
20 agosto. Mattina. Situazione poco allegra. Il XXIV è schierato a gradoni con la 47 sull'avvallamento del Vrh; la 60 a destra non riesce a passare i ponti di Canale e Morsko.
Per sciogliere il nodo, Caviglia segue un suo personale progetto, noto a Capello, così scandito: I. far pro      cedere la sinistra dello schieramento verso l'Ossoinca; 2. aggirare i'Osce drik: 3. prendere la conca del Vrh (monte) e da qui aggirare lo Jelenik e tutta la difesa austriaca. organizzata -
di fronte al Il Corpo d'Armata. (pag. 86-87)

20 agosto. Sera. Su e giù, giù e su

L'ala sinistra della 47° è isolata, ma la l' brigata bersaglieri raggiunge la conca del Vrh, tra i monti Semmer e Kuk; la sera stessa il 262° reggimento della brigata Elba raggiunge i ponti di Loga. La 60°, anche se con quasi 24 ore di ritardo, fa passare tre battaglioni a Canale, aggira Morsko e si attesta a 400-500 metri di altezza, ripulendo la riva sinistra dai nidi di mitragliatrici. Lo scatto successivo prevede l'avanzata dal fondo della Valle Judrio alla cresta. tra i fiumi Judrio e Isonzo e quindi la ridiscesa all'Isonzo e la risalita sulla linea Fratta-Semmer-Kuk-Jelenik.

Fine giornata.

Il XXVII Corpo progredisce poco; il II è bloccato; il XXIV deve ancora prendere quota 747, cioè il monte Jelenik, come insiste Badoglio.

Notte tra il 20 e 21 agosto. Anche il resto della 60° passa sulla sinistra dell'Isonzo, meno due battaglioni della brigata Tortona, ritirati perché decimati.

21 agosto. Ore 7,30. Questo è il quadro: la 47° sull'orlo della conca di Vrh, linee Semmer-Fratta, dispone della ° e 5° brigata bersaglieri, dei battaglioni alpini Tonale e Pasubio e della brigata Elba. La III Brigata Bersaglieri parte all'attacco e raggiunge quota 716. Contemporaneamente la I Brigata parte dal Semmer, attraversa la Conca di Vrh e si attesta sulle propaggini generali del monte.

Ore 14. Avanti - Fermi -Avanti ... La 60° avanza. Il 258° e un battaglione dei 257° brigata Tortona, occupano il Kuk, quota 711. Il 159° della Milano, procede verso lo Jenelik, quota 747. Né il 166° della 60° davanti a Lastivinsca né il II Corpo possono procedere, se il XXIV non avrà occupato lo Jenelik. Il nemico reagisce ostinato.

Sera. Finalmente a Cambresco arriva la brigata Grosseto, 237° e 238° autotrasportati, una rarità. Però anche queste truppe devono arrestarsi.

Notte. Passato l'Isonzo, i primi pezzi da campagna vengono trainati a braccia lungo la mulattiera Canale-Vrh. Il II Corpo è ancora bloccato e chiede insistentemente al XXIV di attaccare lo Jelenik a quota 747 a sud del monte. (pag. 92) Valle dell'Avscek: Capello ordina che il giorno 22 il XIV Corpo d'Armata venga incuneato tra il XXVI I e il XXI.


Mentre infuria la battaglia, a Torino, proprio il 21 agosto, scoppia la rivolta del pane, che finirà solo il 28 e causerà molti morti tra i cittadini e tra i soldati impiegati per sedare il moto.