lunedì 29 gennaio 2018

Il fronte orientale nel 1915

In contrasto con l’immobilismo del fronte occidentale, su quello orientale la Prima guerra mondiale mantiene ancora per tutto il 1915 un carattere più dinamico. L’entità delle forze in campo, l’estensione del fronte, lo sforzo di spostare risorse da un punto all’altro di questo sono alcuni dei fattori che concorrono a spiegare questo fatto. Su questo teatro si scontrano vari attori: da una parte, le forze tedesche, austro-ungariche, ottomane e bulgare; dall’altro quelle serbe e russe, cui si sarebbero affiancate quelle montenegrine (gennaio 1916), rumene (agosto 1916) e greche (giugno 1917), senza contare la presenza di Francia, Gran Bretagna e Italia sul fronte di Salonicco, aperto nell’autunno 1915 per sostenere l’esercito serbo. Le vicende del fronte orientale sono, quindi, estremamente frammentate. In questa sede, si tratterà soprattutto del confronto fra gli Imperi centrali e la Russia zarista, che con i suoi alti e bassi rappresenterà il perno della guerra a Est fino al fallimento dell’offensiva Kerenskij (luglio 1917).
Il 1915 è l’anno in cui l’Alto comando tedesco decide di concentrare contro la Russia i maggiori sforzi. L’estate prima aveva visto le forze zariste penetrare nei territori della Prussia orientale e in quelli della Galizia asburgica. Se la prima puntata si era infranta a Tannenberg contro l’Ottava armata di Hindenburg (26-30 agosto) ed era stata respinta nella prima battaglia dei Laghi Masuri (7-14 settembre), la seconda si era tradotta nella sostanziale perdita della regione da parte di Vienna. Per la fine dell’anno, le truppe russe avevano occupato tutta la Galizia, nonostante gli sforzi della Nona armata tedesca e l’ostinata difesa della piazza di Przemy’l. Nonostante il vantaggio di cui godevano in termini di numero (a fine mobilitazione, le forze russe si sarebbero attestate intorno ai 3,5 milioni di uomini), i problemi nella parte settentrionale del fronte avrebbero impedito loro di sfruttare tale risultato, anche se fra la fine del 1914 e gli inizi del 1915, le forze di Brusilov si sarebbero affacciate in più occasioni alla linea dei Carpazi.
Se si esclude il successo dello stesso Brusilov nell’estate 1916, è questa la fase in cui l’esercito russo porta la maggiore pressione suiranello debole’ dello schieramento nemico. Una pressione che è alleggerita con la seconda battaglia dei laghi Masuri (7-22 febbraio 1915) prima che l’offensiva di Gorlice-Tarnów (maggio-giugno) respinga le forze russe oltre il confine orientale della Galizia e porti alla sostanziale dissoluzione della Terza armata. In entrambi i casi, un ruolo centrale è svolto dalle forze tedesche: nel primo caso, l’Ottava (Hindenburg) e la Decima (Eichhorn) armata; nel secondo, l’Undicesima armata (Mackensen), a sostegno della Seconda (Bòhm-Ermolli), Terza (Boroevic'; dal 25 maggio: Puhallo von Brlog) e Quarta (Giuseppe Ferdinando) armata asburgiche. Un ruolo riconosciuto da Vienna, che, in cambio del sostegno dell’alleato, avrebbe accettato di subordinare la Quarta armata agli ordini di Mackensen, aprendo, così, uno spiraglio all’istituzione di un comando unificato, caldeggiata dal Capo di Stato Maggiore tedesco, Falkenhayn, ma rigettata dal suo omologo austriaco, Conrad.
Lo sfondamento di Gorlice-Tarnów avrebbe segnato le vicende della guerra sul fronte orientale. Dopo la perdita dei territori polacchi, alla fine dell’anno questo si sarebbe attestato lungo la linea Riga-Tarnopol, varie centinaia di chilometri a est della frontiera degli Imperi centrali. Uno stato di cose che nemmeno i successi dell’offensiva Brusilov — quando fra giugno e settembre le forze zariste avrebbero rioccupato quasi 25.000 chilometri quadrati di fronte fra le paludi del Pripyat e la frontiera rumena — sarebbero riusciti a cambiare. Le cause sono molte e vanno dai limiti di un esercito numeroso ma male addestrato ed equipaggiato, alla flebile della base industriale del Paese, alle rivalità fra i comandanti che avrebbero spesso ostacolato un’azione veramente coordinata. Le predite elevate (stimate, alla fine del conflitto nell’ordine di 1,8 milioni di morti; 4,9 milioni di feriti; 2,4 milioni fra dispersi e prigionieri) avrebbero inoltre aggravato i problemi legati all’estensione del Paese, ai limiti della sua rete infrastrutturale e a un meccanismo di mobilitazione farraginoso e poco efficiente.
Anche nel Caucaso, le forze russe riescono solo in parte a sfruttare i successi conseguiti e a beneficiare della disorganizzazione della Terza armata turca dopo la battaglia di Sarikamish (dicembre 1914-gennaio 1915). Per i primi mesi dell’anno, le truppe di Yudenich mantengono, infatti, una postura essenzialmente difensiva, iniziando solo a maggio ad avanzare verso Trebisonda (Trabzon), Erzurum e Van, quest’ultima occupata il giorno 17. Tuttavia, già alla metà di giugno la reazione turca le avrebbe respinte sulle posizioni iniziali. Fra agosto e settembre, Van sarebbe stata persa e riconquistata più volte senza che nessuno dei contendenti riesca ad ottenere un successo chiaro e già in ottobre — anche a causa delle difficili condizioni climatiche — le operazioni si fermano per l’inverno.
Nemmeno l’arrivo al comando delle truppe del Granduca Nicola, cugino dello Zar (ma il comando operativo sarebbe rimasto nelle mani di Yudenich) influisce su questa situazione, che dura sino agli inizi del 1916 quando la battaglia di Koprukoy (10-18 gennaio) segna il ritorno delle forze russe all’offensiva.
È questa la fase in cui si compie il nucleo di quello che è stato definito il genocidio della popolazione armena locale da parte delle autorità ottomane. La portata degli eccidi e delle deportazioni è tuttora oggetto di dibattito, con cifre che oscillano fra 800.000 e 1.500.000 vittime. È però chiaro il nesso fra l’inizio dei massacri e delle deportazioni di massa e la sconfitta di Sarikamish, che il Ministro della guerra, Enver Pasha avrebbe imputato esplicitamente al sostegno dato dalla popolazione armena al nemico. Il fatto che le operazioni si concentrino territori dell’Armenia occidentale concorre al perdurare di una violenza che aveva comunque le sue radici in anni che precedono l’arrivo al potere del triumvirato Talat-Enver-Cemal. Note (anche se non inGtutti i loro dettagli) sia in Germania e in Austria-Ungheria, sia alle Potenze dell’Intesa, oltre che alla Santa Sede e agli ancora neutrali Stati Uniti, le atrocità del genocidio armeno avrebbero svolto un ruolo di rilievo nella propaganda di guerra e influito molto sull’atteggiamento dei vincitori verso l’Impero ottomano e la nuova Turchia repubblicana.
Gianluca Pastori
Università Cattolica, Milano

Nessun commento:

Posta un commento