10
novembre 1917. Cadorna e Conrad
Il Regio Esercito è definitivamente attestato
sul Piave. Cadorna ha concluso la sua fondamentale manovra. Di lui, in questo momento,
così scrive von Conrad: «… abbiamo trovato contro di noi uomini di
ferro e un Capo di ferro» … «Siamo riusciti a rovesciare Cadorna e questo è
forse il maggior vantaggio conseguito da tutta l’operazione» (in L’Esercito Italiano …, op. cit. vol. IV, Tomo 3° Narrazione, pag.
517)
Il nemico
non passa il Piave.
29
novembre. Ludendorff chiede al Comando
Supremo austro-ungarico, “se non fosse meglio rinunziare a un ulteriore
attacco e porre termine all’azione comune offensiva sulla linea del Piave,
favorevole a difensiva, addivenendo tutt’al più in precedenza a miglioramenti
delle posizioni dell’ala destra e del centro dell’11ª Armata”. Ma, “La 1ª Armata italiana si era stabilita
coll’ala orientale sulle Melette, gli attacchi di Conrad del novembre contro
quel massiccio fallirono e l’avanzata di Krauss nella zona del Grappa si
paralizzò, al pari dei tentativi di passaggio del Piave”. (dalla Relazione Ufficiale austriaca, in L’Esercito
It. … vol. IV, Tomo 3°, Roma
1967, pagg. 528-
529) Caparbiamente ma inutilmente, Conrad
persiste negli attacchi
sino all’11 dicembre.
Breve antologia di un’altra
Caporetto
24
ottobre.
Diario
del I C. d’A. tedesco: «l’altura dominante lo Jeza fu difesa dagli Italiani con
straordinaria tenacia».
Diario
della 200ª Div. tedesca: «il 3° reggimento Jäger si impadronisce senza gravi
perdite della cima 929 di M. Jeza, ancora energicamente tenuta dal nemico.
Deve, però, sgomberare temporaneamente di fronte a contrattacchi. Ma dopo
mezzanotte l’occupa saldamente». Vedi la Nota n.° 36, pag. 275 e segg. in L’Esercito Italiano nella
Grande Guerra (1915-1918), vol. IV, Le operazioni del 1917 - Tomo 3°, Gli avvenimenti dall’ottobre
al dicembre, Narrazione, Ministero della
Difesa Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Roma 1967.
Sempre il
24 ottobre. Beffa.
Nella stessa giornata il generale Villani ed il
comandante dell’artiglieria della sua 19ª Div., furono catturati da una
pattuglia nemica; ma “sfruttando l’oscurità (oltre le ore 19) ed una esitazione del
nemico, il comandante della Divisione ed il suo seguito riuscirono a sottrarsi
alla cattura, dileguandosi”. (cfr. Nota 37, pag. 275, cit. Narrazione)
26
ottobre 1917. Siamo a cavallo dell’Isonzo.
Tra il Globocak e l’Isonzo, vi sono schierati la brigata ‘Treviso’ e la brigata
‘Palermo’, XXIV Corpo (E. Caviglia, La dodicesima battaglia- Caporetto, Ed. A. Mondadori, XI-1933-XII, pag 171) Nella
Nota 1, stessa pagina, precisa Caviglia: Il comandante della brigata
Palermo, generale De Negri, di Novi Ligure, si lagnò nella sua relazione che la
sua brigata non fu bene impiegata. Egli non aveva torto. Ma nelle rapide alternative
della battaglia il comandante del XXIV corpo doveva cercare di turare le falle,
di mano in mano che si producevano, per salvare le divisioni che si trovavano
al di là dell’Isonzo. Doveva necessariamente sacrificare l’unità della bella
brigata di De Negri. Questo valoroso generale era ammirevole. Il giorno 26 riunì
la sua brigata sul Korada, la passò in rivista, la incamminò verso il Torre, ed
i reggimenti gli resero gli onori come in
piazza d’armi.
Il comandante del corpo d’armata gli espresse la sua fervida ammirazione.
27 ottobre 1917. “Alla sera del 27
ottobre compiuto il ripiegamento dei corpi d’armata di riva sinistra, la
brigata Venezia si ritirò sulla destra dell’Isonzo, facendo saltare i ponti di
Plava. Quando i suoi due reggimenti furono raccolti a Verhovlje, il comandante
del XXIVcorpo abbracciò il comandante della brigata, generale Righini, in
presenza delle truppe e del comandante della divisione, generale Mangiarotti. I
due reggimenti si misero poi in marcia, sfilando davanti ai due generali e
resero gli onori come se fossero in piazza d’armi. Analogamentele truppe della
brigata Palermo sul rovescio del Korada avevano reso gli onori al loro
comandante, generale De Negri, nella mattina del 27, iniziando la loro ritirata
verso il Torre. Ultima a lasciare il Korada a notte fatta, in perfetto ordine,
fu la brigata Livorno (De Marinis), dopo d’aver protetto la ritirata della
divisione bersaglieri, la quale aveva ricevutol’ordine di ripiegamento dal
comandante del XXIV corpo”. (E.
Caviglia, La
Dodicesima …, op. cit. pag. 191)
I nostri soldati non
sono e non si sentono fuggiaschi davanti al nemico. Essi sfilano in parata non
solo davanti ai propri comandanti, ma anche e soprattutto dinanzi alle ombre dei
loro Compagni caduti.
Dopo la sconfitta di Caporetto i generali Giovanni Villani e
Gustavo Rubin de Cervin si suicidano.
Dal 23 ottobre al 9 novembre 1917 furono concesse 15
Medaglie d’Oro al Valor Militare.
(in L’Esercito Italiano. … vol.
4°, Tomo 3°, Roma 1967, pag. 55)
31 ottobre 1917. Alba
a Pozzuolo del Friuli.
‘Genova Cavalleria’ e la brigata ‘Bergamo’ hanno passato il
Tagliamento, il 4° squadrone di ‘Genova Cavalleria’ deve difendere la
retroguardia della 3ªArmata. Il nemico va caricato per guadagnare anche un solo
minuto. Il 4° squadrone di ‘Genova’ avanza, diretto verso Pozzuolo, dove lo
scontro avviene casa per casa ed è solo verso le 19 che il centro abitato “valorosamente
difeso veniva conquistato”: così il generale Krafft von Dellmensigen, Capo di
Stato Maggiore della 14ª Armata germanica, nelle sue Memorie Der Durchbruch am Isonzo:
«Presso Pozzuolo si era impegnato violentissimo combattimento che si protrasse
per tutto il pomeriggio … Solo verso le ore 19 il paese, valorosamente difeso
[tapfer verteigt], veniva conquistato …» (in
Philippe Rostan, L’Europa
in pericolo: Caporetto 1917, pag.
242-243). Dello stesso tono è la relazione del Comando della 10ª brigata alpina
austriaca: “L’avversario
… oppose una resistenza estremamente tenace di modo che i nostri reparti possono
avanzare soltanto a passo a passo, da casa a casa, combattendo col calcio del
fucile, con granate a mano e alla baionetta …”. (Rostan, op. cit. pag. 243) La stessa relazione evidenzia l’intervento
aggressivo della nostra cavalleria sulla sinistra della brigata, e ben “cinque cariche mosse
da uno o due squadroni”.
Il sottotenente Eberhard del 22° fanteria germanico, così fotografa
uno degli episodi, nella lettera del 20 novembre 1917: “Mi lancio nel cortile
della casa vicina, seguito dal sottotenente Babel comandante la 1ª Compagnia e
da due
soldati … È una
questione di secondi. Arrivano a spron battuto. Quello in testa dev’essere un
ufficiale! Le redini infilate nel braccio, nella destra la sciabola, nella
sinistra la pistola, egli grida: “Viva l’Italia! Viva il Re!”. Un capo
brillante! Lo vedo
saltare una mitragliatrice, attraverso la barricata. A cinque o dieci metri
dietro di lui lo seguono circa dieci cavalieri. Io grido agli uomini a me
vicini: “Fuoco! Fuoco!”. Tutti sono come sbalorditi! Babel estraela pistola, il
colpo non parte. Un lanciere colpisce di lanciail caporale Rössel, che riceve
anche una sciabolata sulla testa. Finalmente il primo colpo di fucile. Ora
spara anche il secondo dei due uomini. I cavalieri si curvano sulle selle,fanno
dietro-front, cadono, gridano. La mitragliatrice che era stata saltata dall’ufficiale
italiano è nuovamente in azione. Knappik la solleva e tenendola imbracciata
come un fucile spara da solo.: Ra-ta-ta-ta. La bella cavalleria è
distrutta”. (4)
Il fratello del gen. von Below, a colloquio con lord Cavan definisce
“magnifica” la condotta della cavalleria italiana che ”ritardò sensibilmente
l’avanzata degli imperiali”.(La Nuova
Antologia, 1° gennaio 1928, in Rostan, L’Europa … op
cit. pag.244)
Il Generale Krafft
von Dellmensingen: 1) “… noi già durante gli avvenimenti avevamo capito che
solo la grande decisione della ritirata al Piave e la sua regolare esecuzione
avevano salvato l’Italia”.(in L’Esercito Italiano … vol. IV, Tomo 3° Narrazione, pag. 54)
2) Il
Grappa. “Così si arrestò a poca distanza dal suo obiettivo, l’offensiva
tanto ricca di speranza, ed il Grappa diventò il «Monte Sacro» degli Italiani.
Di averlo conservato contro gli eroici sforzi delle migliori truppe dell’esercito
austro-ungarico e di loro camerati tedeschi,
essi, con ragione,
possono andare superbi”. (5)
Il generale
Konopicky, Capo di S. M. dell’Arciduca Eugenio, dichiara: “Sembrava
assolutamente impossibile che un Esercito, dopo una così enorme catastrofe com’era
stata quella di Caporetto, avesse potuto riprendersi così rapidamente”. (L’Esercito
Italiano … op cit. pag. 54) Hindenburg, ammette: “
il nostro tentativo per conquistare le alture dominanti il bassopiano dell’Italia
Settentrionale e far cadere così anche la resistenza nemica sulla fronte del Piave,
fallì.
Dovetti convincermi
che le nostre forze non bastavano più ad attuare tale compito. L’operazione era
ormai arrestata: la tenacissima volontà del Comando in quella zona, e delle
truppe dipendenti, dovettero abbassare le armi di fronte a tale realtà”. (L’Esercito
Italiano l’op. IV cit., pag. 54
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