Verso
Vittorio Veneto. Ottobre 1918
Gittare i
ponti. I nostri devono attraversare il Piave e occuparne la riva sinistra.
24
ottobre. Sera. Il Piave è in piena, la sua velocità e di 2,50 metri. Caviglia: “Il
Piave non è certo
paragonabile al Reno ed al Danubio come volume d’acqua; ma, quando è in piena,
raggiunge
fortissime
velocità, superiori a quelle degli altri due fiumi. Orbene, con un fondo
ghiaioso come quello del
Piave, allorché la velocità si mantiene superiore ai m. 2,50, non si possono
gettare i ponti, perché le ancore arano il fondo, ed i ponti si spezzano.
La
velocità del Piave il 24 ottobre era vicina ai m. 2,50 su
tutto il corso del fiume fino alle Grave di Papadopoli, dove
era alquanto minore.
La sera
di quel giorno la luna calante si levava alle 22
circa. Per gettare i ponti avevamo quattro o cinque ore
di oscurità, tenuto conto che, fino alle ore 23 la luna non
sarebbe stata abbastanza alta per illuminare lo specchio
d’acqua”. (E Caviglia, Le tre battaglie, op. cit. pagg.
152-153)
Impossibile
gittare i ponti. Ferme l’8ª, 10ª e 12ª Armata.
25
ottobre. Sera. Come il giorno prima, ma di notte vengono
ammassati sulla riva sud i materiali da ponte.
26
ottobre. Sera. La piena inizia a scendere. Il c.te
l’VIII Armata, gen. Caviglia, ordina il gittamento dei
ponti. Il nemico è ancora tranquillizzato dalla piena. È
il momento. “Appena fu notte, cominciarono le operazioni
sulla fronte delle armate schierate lungo il fiume,
tra Pederobba e Le Grave. La 12ª e l’8ª armata potevano
agire per sorpresa; la 10ª, avendo già sfruttato la sorpresa,
doveva passare di viva forza. Verso le ore 21 le truppe
erano raccolte ai posti prestabiliti; ed i pontieri erano
pronti. Cominciò subito il traghetto con le barche. Gli
Austriaci tacevano, ed il rumore delle barche sul terreno
e dei carri era soffocato da quello della turbinosa piena
del fiume. Essa ci rendeva un buon servizio, pur essendo
in quel momento la nostra principale avversaria. La 12ª
armata, dopo vari tentativi di gittamento del ponte era
riuscita a far passare al di là il 107° fanteria francese, i
battaglioni alpini Bassano e Verona, nonché due compagnie
mitragliatrici e due compagnie della brigata Messina
(XXII Corpo d’Armata – Di Giorgio). Ma tutti i lavori
già avanzati per gittare un ponte e tre passerelle furono
distrutti dalla piena e dalla reazione nemica. Al mattino
del 27 le truppe passate erano isolate al di là de fiume”.
Così Caviglia, cit. pag. 174 e segg.
27
mattina. Stasi.
Notte dal
27 al 28. La piena e l’artiglieria nemica distruggono
altri ponti. Il Genio Pontieri li ricostruisce sotto
il fuoco. Il nostro cuneo sulla sponda opposta, gen. Vaccari,
resiste agli attacchi nemici, gen. Boroeviç.
Sempre il
28. Vittorio Emanuele III, “ per tre volte, sotto
il tiro dell’artiglieria nemica”, visita l’osservatorio del XXII
C d’A, a C. Benedetto. Il Sovrano “ricorda a tutti che ora più
che mai occorre fede incrollabile e ferrea volontà di vincere”.
Il nemico
contrattacca a Moriago e Sernaglia, ma è respinto.
(Relazione del XXII C d’A, in Caviglia Le tre battaglie del
Piave, All. 13, pag. 306)
29 ottobre. Il
XVIII Corpo supera il Monticano ed entra in
Conegliano. Lo stesso giorno Clemenceau e Lloyd George
chiedono a Foch: “Quando finirà la guerra?”
Risposta: “Fra tre mesi, fra quattro, chissà …”. (cfr.
L’Esercito Italiano …, vol. V, Tomo 2° Narrazione, pag 991)
Nessun commento.
30
ottobre. Cade Vittorio Veneto.
Cavalleria
e autoblindo
1
novembre. Ore 6. Terza divisione di cavalleria.
Pattuglie esploranti accertano che le rive del Meduna e del
Cellina sono presidiate da forti nuclei nemici, così pure da
“forti reparti di fanteria dotati di mitragliatrici”, i
comuni di Aviano, San
Martino, Sedriano e San Quirino. (L’Esercito Italiano
…, vol. V, Tomo 2°, Narrazione, pag. 808-809)
È impossibile andare avanti; il comandante la 3ª divisione,
Carlo Guicciardi, ordina al reggimento ‘Savoia’, primo gruppo
squadroni, di puntare su San Martino in appoggio alla fanteria.
La
manovra riesce solo in parte, per l’intenso fuoco delle mitragliatrici
e delle artiglierie.
In suo
aiuto viene inviata la 12ª squadriglia autoblindo. Questa
viene liquidata dall’artiglieria nemica prima di raggiungere
la linea di fuoco. L’episodio è così descritto:
“La squadriglia, peraltro, non poté assolvere il compito ad
essa affidato, in quanto, mentre percorreva la rotabile di avvicinamento,
a Rogaredo venne presa sotto un violentissimo
fuoco di artiglierie e di mitragliatrici dell’avversario. Tutte le
sei autoblindo vennero centrate dal fuoco nemico (la prima
si
incendiò, tre furono rovesciate in un fosso; le ultime due
subirono guasti che fortunatamente non le immobilizzarono
completamente); essendosi, poi, inceppate alcune mitragliatrici,
i mitraglieri furono costretti a continuare a combattere
con i soli moschetti e le pistole”. ( L’Esercito
Italiano …, vol. V,
op cit., Le operazioni del 1918, Tomo 2°, La conclusione del
conflitto, Narrazione, pag. 809)
Il prete
non le aveva benedette!
Questo è
uno dei molti episodi che smentiscono la storiella
secondo la quale il nemico non aveva più voglia di combattere.
Scrive
Robert Gerwarth nel suo volume La rabbia dei vinti,
Ed. Laterza, Bari 2018, pag.171: “La storia spesso ripetuta secondo
la quale i cechi, in modo particolare, furono riluttanti a
sostenere lo sforzo bellico dell’impero – un’idea presente nel
romanzo ‘Il buon soldato Švejk’ (1921-1923) di Jaroslav Hašek
che riscosse un successo internazionale – è sostanzialmente
un’invenzione degli anni del dopoguerra, un mito adottato sia
dai nazionalisti cechi, per evidenziare il loro tradizionale odio
per «l’oppressione» asburgica, sia dai nazionalisti austriaci,
per giustificare la sconfitta dell’esercito imperiale”.
Il morale
delle truppe austro-ungariche.
Il gen.
Ludendorff in una riunione di ufficiali afferma:
“Secondo notizie del gen. Cramon il morale delle truppe austriache
è sorprendentemente buono”. (cfr. L’Esercito Italiano
…, op cit. vol. V, pag. 285)
Ore 11. Cade
Belluno. (L’Esercito Italiano …, op. cit.,
pag. 717
3
novembre. Cadono Udine, Trento e Trieste.
4
novembre. Cade Caporetto
10 nov.
Il Re sbarca a Trieste
Contemporaneamente
alla nostra avanzata iniziano, a Parigi,
le manovre degli Alleati per sminuire la vittoria italiana.
Giudizi
di valore
Confermano
l’ammirata stima del nemico e rispecchiano
l’interesse, le invidie e le paure dei nostri Alleati. Oltre quelli
citati nelle precedenti relazioni, ne diamo qui altri esempi:
Alleati
Gran
Bretagna. A. J. Taylor nel suo volume La monarchia
asburgica, del 1948, liquida Vittorio Veneto così: Dopo
la firma dell’armistizio
ma prima della sua entrata in vigore gli
italiani sbucarono da dietro le truppe inglesi e francesi dove
si erano tenuti nascosti e nella grande “vittoria” di Vittorio
Veneto – raro trionfo delle armi italiane – catturarono centinaia
di migliaia di soldati austro-ungarici disarmati e che non
opponevano nessuna resistenza. (L’Esercito Italiano … vol.
V, Tomo 2° - Narrazione,
pagg. 1124-1125)
Lo stesso
autore nel volume Storia della Prima Guerra Mondiale,
del 1963, rincara la dose, non tenendo ”… conto delle
stesse testimonianze ufficiali britanniche, dei Generali Plumer
e Lord Cavan”. (L’Esercito Italiano …, op. cit. pag. 1125)
“Pubblicammo in lingua inglese l’opuscolo intitolato What
Italy has done for the War, in cui venivano allora forniti
elementi sullo sforzo
compiuto, in comparazione con la potenzialità
demografica ed economica del Paese”. (L’Esercito Italiano
… op. cit., pag.1125)
Stati Uniti. La ‘International Military and Defense Encyclipedia,
vol. 6, T – Z, Brassy’s (US), Inc. A Division of Maxwell
Macmillan, Inc. Washington – New York; sotto il capitol World War 1, cita
l’Italia nel paragrafo Other Actions:
The Italian front broke wide open as the Austrians and Germans
inflicted a serious defeat on the Italians at Caporetto in
October. With French and British Help, the Italians stabilized
the front along the Piave River. While 1917 was frustrating for
the Allies on the western front and disastrous for them on the
eastern and Italian front, in other theatres they enjoyed considerable
success. (p. 2955)
Risposta
italiana
I nostri
soldatini “sbucati”, casualmente, è ovvio, alle
spalle delle poderose truppe alleate, registrano, sempre per
una fortuita casualità, le seguenti perdite nella battaglia
di Vittorio Veneto, che comprende anche i più sanguinosi
scontri sul Grappa:
10.000
morti (9.400 italiani, 500 britannici, 200 francesi) e
26.000 feriti (25.000 italiani, 1.100 britannici, 400 francesi)
per un totale di 36.700 uomini. Non è considerato il piccolo
numero dei prigionieri che furono immediatamente recuperati
nel corso della battaglia medesima. (L’Esercito
Italiano … op.
cit., vol. V, Tomo 2° bis, Documenti, pagg. 1165-1167)
Ricordiamo
che il 332° rgt. di fanteria americano, il 4 novembre
attraversò il Tagliamento al seguito della brigata ‘Caserta’.
Fu il suo battesimo del fuoco. Perdite: “ nessun morto
e pochi feriti”. (L’Esercito Italiano … op cit.
vol. V, Tomo 2° Narrazione,
pag. 852)
L’impegno
fu corale
“ … Dal
primo giorno l’Esercito e la Nazione videro in linea
il proprio Sovrano e le maggiori figure del Paese, mentre
l’intera Società assumeva posizioni di condanna nei riguardi
di coloro che in qualche modo si sottraevano ai propri oneri
o traevano ingiusto profitto dalle attività economico-produttive”.
(L’Esercito Italiano … vol. V, Tomo, Tomo 2°,
Narrazione, Roma 1988,
pag. 1171)
CONCLUSIONE
L’insegnamento
è nei fatti narrati.
Michele
D’Elia
(*)
Armando Lodolini, “Quattro anni senza Dio”. 1: “Il diario
di un ufficiale mazziniano dalle trincee del Carso alle Giudicarie”,
prefazione di Luigi Emilio Longo, introduzione e note
di Elio Lodolini, Gaspari, Udine, 2004, p. 160. Vedi anche
“Rassegna storica del Risorgimento”, luglio-settembre 2004,
pp. 447-48.
(1)
Documenti Diplomatici Italiani, quinta serie, vol. IX,
Doc. n.° 391, pagg. 270-272, IPZS, Roma 1983, traduzione di
Gianluca Pastori
(2) Gli
Alleati hanno la memoria corta: in settembre avevano
ritirato dal fronte alpino 201 pezzi di artiglieria: 137 francesi e
64 inglesi. Cfr. la richiesta del gen. Robertson il 24 settembre
e la piccata risposta di Cadorna il 25 settembre, in L’Esercito
Italiano nella Grande Guerra, vol. IV. Tomo 3°, Narrazione,
Roma 1967, pagg. 42-43
(3) L’Esercito
Italiano …, op. cit., vol. IV, Tomo 3°, Le operazioni
del 1917 – Narrazione, Roma 1967, pagg. 655-656.
(4)
Philippe Rostan, L’Europa in pericolo: Caporetto, 1917,
Ed. Club degli Editori/Mondadori, Brescia marzo 1974, pagg.
243-244.
Sui fatti
di Pozzuolo cfr. anche Alfio Caruso, Caporetto –
l’Italia salvata dai ragazzi senza nome, Ed. Longanesi & C.,
Milano settembre 2017, Cap. ottavo, pagg.216-230. È doveroso
ricordare che le perdite dello squadrone nella sola giornata
del 31 furono: 34 ufficiali su 65; 467 sott’ufficiali e semplici
cavalieri su 903 e 528 cavalli su 908.
(5) A.
Bronzuoli, Guerra e vittoria d’Italia 1915-1918, Tipografia
A. Matteucci, Roma 1934-XIII, pag.177.
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